La fierezza di Meloni al guinzaglio di Scarpinato e Travaglio
Diritto e libertà
Meloni si dice “fiera della norma sull’Ergastolo Ostativo”. Vale a dire: “fiera di essermi messa al guinzaglio di Travaglio e Scarpinato”.
Ho finora osservato senza pregiudizi l’attuale passaggio politico-elettorale. E seguiterò a farlo. Perciò, senza remora alcuna, posso ora definire questa, una pessima scelta politica. E una pessima figura, anche: dato che, il primo, la insulta al ritmo delle preghiere di un Muezzin, e il secondo, le ha appena dato della stragista spirituale.
Entrambi, manco a dirlo, hanno sempre dato del filomafioso a chiunque abbia mosso critiche, e proposto correzioni a questo immondezzaio giuridico.
Corte Costituzionale compresa. La quale, non a caso, ha più volte statuito che il “buttare la chiave” questo è: una sconcezza incostituzionale, e che la Liberazione Condizionale, quali che siano i reati per cui sia stata inflitta quella pena, è da intendersi necessariamente incorporata ad un Ergastolo costituzionalmente compatibile. Oltre che civile e non cannibalescamente vendicativo, ci permettiamo di chiosare.
Magari, Meloni, ci teneva a rendersi, agli occhi dei due, “capace e meritevole”. E ha ripreso il ddl “d’iniziativa del Sen. Grasso e altri” (“mai con la Sinistra e i 5S”: naturalmente), peggiorandolo, fino a rendere sostanzialmente impossibile la prova della maturata rieducazione intramuraria, e a vanificare la reale possibilità della liberazione condizionale suddetta.
E si capisce che, allo stesso modo, e negli stessi tempi in cui è stato peggiorato, poteva invece essere migliorato. Bastavano davvero poche parole, o qualche “non”. Quale potente mossa politica, anzi, per chi coltiva ambizioni di “evoluzione liberal-conservatrice”, sarebbe stata imporre una bruciante eterogenesi dei fini ad un testo “unificato” della “Sinistra+5S”! E invece.
Così, il siparietto sulla magistratura ideologica, certo incarnata da Scarpinato, visto qualche giorno fa al Senato, rivisto oggi, rende ancora più politicamente pietoso il suo (di Meloni) inginocchiamento. Travaglio, addirittura, dopo aver incassato la “fierezza” meloniana sull’ergastolo (“è giusto”), si permette di definire “una roba ridicola e preoccupante, e anche demagogica”, le norme del decreto concernenti i rave parties: certamente eccessive, ma non al punto da ridurre a res nullius i beni immobili da tutelare, come la sua acida allusività lascerebbe intendere.
Insomma, si è fatto baciare la mano da Giorgia (anche per conto dell’amico Senatore - e chi se li scorda, i bei tempi di Scarantino, di Massimo Ciancimino, e di Antonello Montante! “Comportamento discutibile”, ha scritto, a quest’ultimo proposito, la Procura di Catania”; lieti, anche qui, di sapere che tuttavia “non costituisce reato”.); e poi, con quella stessa, l’ha presa a schiaffi.
E lei, tutta “fiera”, di corsa a firmare il decreto. Pessima scelta. Pessima figura.