jo cox

Non diremo che Jo Cox è stata uccisa dalla Brexit e dai suoi sostenitori, i quali meglio di noi sanno che l’attentato letale alla deputata laburista e pro-UE probabilmente danneggia la posizione indipendentista. Non faremo facili equazioni tra Brexit e violenza, perché abbiamo molto rispetto delle opinioni di ognuno e perché - nonostante tutto - riconosciamo la straordinaria solidità della democrazia britannica, qualunque sarà l’esito del referendum del 23 giugno.

La mano omicida è quella di un violento isolato, molto probabilmente ossessionato dalle proprie idee e dalle proprie paure. Eppure, questo la storia lo ha insegnato, spesso proprio gli attentati isolati armano le rivoluzioni e le guerre, ne sono il casus, la goccia, il detonante, se il campo in cui avvengono è sufficientemente elettrizzato. Quanto ha influito nella psiche di Tommy Mair, l’assassino di Jo Cox, il clima cupo e violento che l’Europa e l’Occidente vivono in questo periodo storico?

Nella mente deviata dell'attentatore, che nel colpire a morte la deputata del proprio collegio elettorale le grida contro "Britain First", la Cox era con buona probabilità la rappresentante di quella fantomatica e odiata élite internazionalista che danneggerebbe gli interessi sovrani dei "cittadini comuni", che tramerebbe contro di loro, che parteggerebbe per un indistinto "sistema". Di questo clima avvelenato noi italiani abbiamo esperienza ormai quotidiana e consolidata. Faremo tesoro di quel che è avvenuto a Leeds? Speriamo di sì, temiamo di no, perché un'altra triste costante della storia è che l'uomo raramente impara dagli errori del passato. Tra le tante parole spese a commento dell'omicidio della Cox, è saltato agli occhi di molti un tweet di Paolo Ferrero, il segretario di Rifondazione Comunista: "sconfiggere destre e neoliberisti per salvare la civiltà dalla barbarie".

Farei un complimento a Ferrero se dicessi che la sua esternazione assomiglia molto, mutatis mutandis, alle parole di Donald Trump che accusa tutto l'Islam di essere responsabile dell'uccisione dei cinquanta disgraziati frequentatori del locale gay ad Orlando. Eppure le parole dell'esponente del piccolo movimento di sinistra italiano e l'importantissimo candidato di destra alle presidenza USA hanno in comune un tratto: la generalizzazione. Più si generalizza, più si armano i folli. Più si alza il tiro, più si fornisce conforto alla stupidità dei Tommy Mair del pianeta. Umberto Eco, in una pagina magistrale del Nome della Rosa, fa dire a fra' Guglielmo da Baskerville che la cosa che più teme al mondo è la fretta. La fretta di giungere a conclusioni, la fretta di giudicare, la fretta di dividere il mondo in buoni e cattivi, in "noi" e "loro".

L'Europa unita e libera che noi difendiamo e promuoviamo prescinde dalle istituzioni di Bruxelles, che come tutte le invenzioni politiche umane sono imperfette, deboli e incoerenti. La nostra difesa del processo di integrazione si basa sulla convinzione che le barriere creano divisione, che le chiusure impoveriscono e incattiviscono, che gridare "Britain First" o "Prima gli italiani" è l'anticamera del ritorno all'Europa per come l'hanno conosciuta le generazioni massacrate dalle grandi guerre e dai grandi fascismi.

Dio (o chi per lui) salvi il Regno Unito e la sua democrazia, senza la quale non avremmo avuto e non avremmo la libertà per come la intendiamo noi occidentali. E Dio (o chi per lui) salvi l'Europa da se stessa, dalle sue paure e dai suoi vizi antichi.