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In questi giorni il DdL Cirinnà sulle unioni civili dovrebbe essere in dirittura d’arrivo e si parla molto di stepchild adoption. A rigor di logica, né il DdL né l’adozione del figlio del partner dovrebbero destare scandalo, se non per il fatto che non è una legge all’avanguardia, ma piuttosto un compitino buono per la sufficienza. Ma, si sa, Aristotele aveva torto quando definiva l’essere umano un animale razionale, o meglio, forse la razionalità non basta.

Non è una questione di poco conto, che riguarda una piccola parte della popolazione, anche se c’è chi, come Salvini, sostiene che i problemi del paese sono ben altri — un classico —, dopo aver monopolizzato il dibattito politico sui presepi a scuola. Si tratta invece di un passaggio importante per la nostra democrazia. Anzitutto, le leggi riguardano sempre tutti i cittadini, anche se non direttamente coinvolti, perché sono leggi del Stato. In secondo luogo, il diritto serve a difendere le minoranze dalla maggioranza, che solitamente non ha bisogno di essere difesa. In terzo luogo — ed è su questo che vorrei soffermarmi —, una democrazia moderna, occidentale, dalla Costituzione social-liberale, dovrebbe legiferare nel merito delle questioni e non avere un atteggiamento moralista e punitivo nei confronti dei cittadini.

Le unioni civili riguardano quelle coppie che per legge non possono contrarre matrimonio. In particolare si parla di coppie formate da due uomini o da due donne. La cosa più semplice da fare sarebbe estendere l’istituto matrimoniale anche a loro. Ci sono già leggi che regolamentano il matrimonio, c’è il diritto di famiglia: si potrebbe così venire facilmente incontro alle preoccupazioni dei benaltristi e subito affrontare gli altri problemi del Paese. Invece no. Proprio i benaltristi fanno di tutto per impantanare il Parlamento sulle questioni da loro ritenute poco importanti.

La notizia, che molti fanno finta di ignorare, è che quelle coppie già esistono. Due donne o due uomini che si amano — o che comunque vogliono costruire un progetto di vita comune — non aspettano che lo Stato li riconosca come coppia per mettere su casa o per costruire una famiglia, magari con prole. Esattamente come le famiglie tradizionali non hanno aspettato la Costituzione del 1948 per formarsi, come vorrebbero far credere gli oppositori al DdL, i quali sostengono in malafede che vi sarebbe un ostacolo costituzionale. L’articolo 29 della Costituzione al primo comma dice: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. “Riconosce”, non “istituisce”: insomma, uno Stato può istituire delle regioni, ma non delle famiglie, perché esse esistono già. Al massimo le “riconosce”. Possiamo poi discutere se abbia senso o no che uno Stato riconosca entità e società pre-esistenti. Tuttavia, resta il fatto che il nostro ordinamento sia orientato verso il riconoscimento. Se esiste e non viola la legge, lo Stato riconosce.

Gran parte dei cittadini omosessuali hanno accettato come meglio di niente le unioni civili al posto del matrimonio. Certo, se il legislatore si guardasse in giro, vedrebbe che sarebbe molto più utile alla collettività il matrimonio: nei paesi dove le unioni civili sono state normate tempo fa, sono sorti dei problemi negli ultimi tempi, quando è stato istituito — com’era ovvio che sarebbe avvenuto — il matrimonio per tutti, perché ci si è trovati con un doppio binario che vede da una parte l’istituto delle unioni civili, diventato ormai obsoleto ma ancora in vigore e accessibile, e dall’altra il matrimonio egualitario.

Ma il problema del legislatore in Italia è la triste e consolidata tradizione dello Stato etico, ovvero dello Stato che giudica e punisce il cittadino per ciò che è e non per ciò che fa. Pertanto, c’è chi si oppone all’istituzione del matrimonio, per punire l’omosessuale di essere tale e di non volersi conformare agli altri cittadini. Lo Stato può al massimo prevedere per loro qualcosa tipo un matrimonio, ma non proprio, perché giudica l’orientamento sessuale del cittadino — vissuto attraverso relazioni adulte e consenzienti — una propria competenza.

La più volte evocata Chiesa Cattolica c’entra solo fino a un certo punto. Molti di quelli che si oppongono al matrimonio (di serie A) tra persone dello stesso sesso e che si sentono illuminati nel proporre le unioni civili (di serie B) o che si sentono patrioti nel rifiutare alcun riconoscimento alle coppie dello stesso sesso, non vanno a messa la domenica. E forse il cardinal Bagnasco dovrebbe preoccuparsi del fatto che proprio questi che non vanno a messa siano d’accordo con lui.

Un discorso analogo vale per la famigerata stepchild adoption. Si tratta della possibilità di adottare il figlio biologico del partner. L’opposizione si basa ancora una volta sull’ideologia dello Stato etico: se io ti permetto l’adozione, allora significa che approvo, anzi incentivo la maternità surrogata (soprattutto nel caso di due uomini) o la fecondazione eterologa (nel caso di due donne). In realtà non è così. La maternità surrogata non è l’oggetto della discussione. Se ne potrebbe discutere, ma non è di questo che si discute. Il punto è che questi bambini già esistono e sta alla collettività proteggerli e fare in modo che crescano come bambini alla pari con gli altri. Questi bambini già esistono e vivono in famiglie che già esistono.

Le famiglie cosiddette “arcobaleno” ci sono e sono composte da due papà o due mamme con i loro figli. Spesso non uno solo, ma più figli. E sono famiglie con gli stessi problemi di quelle tradizionali, in ordine alla stabilità, al sostentamento e all’educazione dei figli. Ma hanno un problema in più: lo Stato che nega la loro esistenza e fa di tutto per boicottarle, con grave danno soprattutto dei bambini.

I benaltristi nostrani sono sempre pronti a dire: “E i bambini? Chi si preoccupa dei bambini?” Ipocriti. I genitori si occupano dei bambini: cambiano loro i pannolini, li nutrono, li educano, li difendono, li curano, cambiano in funzione proprio dei bambini. Ed è questo che rende gli uni genitori e gli altri figliSenza stepchild adoption, in caso di decesso del genitore biologico, il destino del bambino andrebbe in mano all’arbitrio di un giudice che può scegliere di affidarlo al partner del defunto, per non intaccare l’integrità psicologica del minore, oppure di toglierlo da un contesto che lo Stato etico non riconosce come famiglia — o tollera come famiglia che c’è, ma sbagliata — e affidarlo a una coppia dall’orientamento sessuale approvato dallo Stato etico.

Stupisce che molti veementi oppositori al riconoscimento delle famiglie arcobaleno dicano di esserlo perché cristiani. Non ho mai conosciuto persone che siano diventate omofobe in seguito ad una presa di coscienza della propria identità cristiana, mentre ho conosciuto omofobi che, in seguito alla scoperta della fede, hanno cambiato atteggiamento. L’attenzione dei cristiani dovrebbe essere rivolta ai più deboli, ai tanto strumentalizzati bambini, e colpisce la crudeltà con la quale alcuni vorrebbero strapparli alle loro famiglie.

Uno Stato etico con un Cristianesimo disattento ai più deboli, nel ruolo di cappellano: una combinazione che abbiamo già visto nel ventesimo secolo e che speriamo sia sempre più un rottame della storia.