lupo

Proviamo a raccontarla così: prendete un libero professionista qualunque, un avvocato, ad esempio. Una bella mattina va in ufficio e trova il pc preso a martellate. Fa la denuncia e gli viene risposto che il danno è da imputare a un soggetto di proprietà dello Stato, protetto da leggi dello Stato e da leggi comunitarie e che quindi lui, il danneggiato, non può rivalersi contro nessuno. Dopo alcuni giorni l'avvocato trova distrutta la scrivania, e dopo qualche tempo trova i fascicoli dei clienti buttati per terra e danneggiati, poi il telefono a pezzi, e via così. Che fare? Riaggiusta quel che va riaggiustato, riacquista quel che va riacquistato, blinda le porte e mette le sbarre alle finestre, tutto a sue spese, ma non serve a nulla: il vandalo comincia a far danni anche quando lui è in ufficio.

Parlando con i colleghi, il professionista scopre che non è il solo ad avere questo problema: succede anche ad altri nella sua città, addirittura in tutta la regione sta accadendo la stessa cosa. Cambia orari di lavoro, assume guardie private, sempre più costose, ma invano.

Passano gli anni e gli avvocati accolgono il suggerimento del loro ordine professionale: acquistano a caro prezzo degli allarmi con forti sirene che però suonano in continuazione scambiando i passanti per i vandali, e che insieme alle guardie armate disturbano e impauriscono gli abitanti della città e i turisti che la vengono a visitare. Insomma, non è una soluzione. I costi aumentano per i danni subiti e per i pesanti investimenti fatti in mezzi per la difesa, ma questi professionisti non possono aumentare i prezzi dei loro servizi: i clienti potrebbero tranquillamente rivolgersi a professionisti esteri che non dovendo difendersi da un vandalo protetto dallo Stato, possono praticare prezzi più bassi.

Sono passati circa trent'anni dai primi attacchi. Gli avvocati sono allo stremo, i turisti non vengono più, i ristoranti, gli alberghi e tutti gli esercizi rivolti al turismo chiudono, i cittadini sempre più infuriati dai disagi provocati da questa situazione.

A questo punto l’ordine degli avvocati firma un accordo con lo Stato: in cambio della protezione del maledetto vandalo, si riconosce un rimborso per i danni subiti. Nello stesso tempo però si fa leva perché alle guardie private venga impedito di entrare in contatto con il danneggiatore. Potrebbero accoppiarsi con lui, si dice. Per alleviare il malcontento della popolazione e dei turisti, si spingono, con incentivi economici, gli avvocati e gli altri professionisti a lavorare e a vivere in un bunker di cemento, senza mai uscire, in modo che non ci sia più bisogno di guardie e di sirene.

Sembra fantascienza, o un racconto di Bulgakov? No, è esattamente quello che succede alla pastorizia in Toscana e in altre regioni.

Di lupi si fa un gran parlare. Il primo attacco nella nostra azienda lo abbiamo avuto una notte del lontano 1987, l'ultimo cinque giorni fa, sotto il sole di mezzogiorno e a poche decine di metri dal trattore con il quale stavamo lavorando la terra. In questi anni abbiamo avute centinaia di pecore morte e decine di cani azzannati o avvelenati da quelli che si erano lasciati convincere che il danno lo facessero i cani del vicino: ogni azienda ha un vicino con cani che sono diventati improvvisamente ghiotti di pecore.

Sono passati 27 anni, nei quali tutti hanno detto la loro ma ognuno è rimasto murato nella propria convinzione. Si è discusso su tutto ma principalmente sul fatto che si tratti di lupi, cani randagi, ibridi di lupo o solo cani, si sono spesi fior di quattrini andando anche, come sempre accade in Italia, a risanare il bilancio di qualche amministrazione ballerina. Nel frattempo hanno continuato a morire sgozzati, sempre in numero maggiore, vitelli, pecore, capre e cani mentre le aziende zootecniche sono state costrette a cambiare modo di lavorare, ad investire in oscene recinzioni stile lager e nell'acquisto di costosi cani da guardiania.

Nella nostra Toscana poco è rimasto oltre all'agricoltura e al turismo. Il tessile è stato travolto dai cinesi e il resto, come dappertutto in Italia, stenta. La produzione primaria, con prezzi completamente slegati dal mercato, nessuna reale rappresentanza sindacale, poche possibilità, visti i costi produttivi, di servire l'industria alimentare, una burocrazia che frena ogni iniziativa, soffre di una lunga agonia. Non rimane, per noi coraggiosi, che la produzione di nicchia, quella antipatica delle cosiddette "eccellenze" che ha di base un margine di guadagno molto basso ma che oltre a portarsi dietro un indotto enorme, ha capacità elevate di crescita ed evoluzione.

Se da una parte le amministrazioni spingono verso lo sviluppo del turismo rurale attratto dalla bellezza delle campagne, dall'altra caldeggiano velatamente la zootecnia intensiva (leggere tra le righe dell'accordo sul lupo in Toscana) che toglierebbe il problema alla radice: gli animali chiusi in stalla non hanno bisogno di cani che le difendano dai lupi durante il pascolo ma che, al tempo stesso, scoraggiano trekking e passeggiate in bici. In ogni caso, e questo è il paradosso, sembra che il problema non sia quello di difendere le aziende zootecniche dagli attacchi dei lupi, ma i lupi dalla minaccia dei cani da pastore, che potrebbero  - secondo qualcuno - accoppiarsi con loro e contaminare la specie.

Ora, io non entro nel merito di certe prese di posizioni (proteggere il lupo e favorire la zootecnia intensiva rispetto a quella estensiva, gli allevamenti al chiuso rispetto al pascolo), non mi interessa neanche sapere se quello che sgozza le mie pecore, talvolta i miei cani - e confesso di cominciare ad essere preoccupata per i miei bambini - sia un lupo, un randagio, un ibrido o Godzilla in persona. Non parlo del grave disagio patito e neanche farò la conta dei danni subiti. Pongo solo una domanda: è giusto che lo Stato - la fauna selvatica è, a norma di legge, “bene indivisibile dello Stato” - danneggi fino a fermarla un'attività imprenditoriale privata?