Il monito di Mattarella: riscoprirci più bambini e meno infantili
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Un passaggio dell'encomiatissimo discorso di fine anno del Presidente della Repubblica - che, in quanto super-popolare, ha neutralizzato dal Quirinale i controdiscorsi mediocri dei populisti, con la loro inflazionata propaganda antisistema - è passato sottotraccia in quanto (apparentemente) apolitico, rispetto alle ripetute punture di spillo ai danni della maggioranza gialloverde che hanno inevitabilmente avuto una forte eco mediatica.
«Dobbiamo guardarci dal confinare sogni e speranza alla sola stagione dell'infanzia, come se questi valori non fossero importanti nel mondo degli adulti».
È un imperativo quasi "burtoniano" (Tim Burton è un regista dallo stile marcatamente fiabesco-gotico-onirico tipico di un adulto eccentrico con una fortissima sindrome di Peter Pan), che suona parecchio controcorrente in un paese che ha abbandonato il mandolino – o che forse non lo ha mai avuto, se non nelle raffigurazioni caricaturali che tanto piacciono all'estero – per afferrare lo spray al peperoncino.
Ed è un bel paradosso evocare il meglio dell'infanzia (i sogni e le speranze, per l'appunto) oggi che l'opinione pubblica, anche e soprattutto italiana, è infantilizzata – termine che come è noto indica una condizione di passività e ingenuità, la metà "cattiva" della medaglia cui alludeva il Capo dello Stato. Messaggi ultra-semplificati, dualismo manicheo, nomignoli: il discorso pubblico, per come è impostato, è scientemente finalizzato alla "minimizzazione intellettuale" dell'elettore-utente-spettatore. "Spazza-corrotti" sembra il nome di un'ordinanza del sindaco di Topolinia, le to-do list palesemente tendenziose (eufemismo) con la spunta alla voce "fatto" sono documenti da Fantabosco – o da "Art Attack", come ha opportunamente segnalato il conduttore Giovanni Muciaccia.
Si tratta, beninteso, di un gigantesco effetto collaterale della diffusione della tecnologia di massa che l'internazionale nazionalpopulista sta semplicemente cavalcando, ma che si manifesta anche e soprattutto in aree "extrapolitiche" (cioè commerciali). La spettacolarizzazione del cibo, tanto in tv (dove l'atto di cucinare è diventato una vera e propria liturgia e gli chef sono i colonnelli-star di cucine militarizzate) quanto sul web (dove tanto i piatti gourmet quanto il junk food iper-calorico hanno una, per così dire, "instagrammabilità" altissima), ne è il sintomo più palese.
Paradossalmente, proprio il culto del cibo ne ha determinato la "desacralizzazione": perciò ai bambini, la stragrande maggioranza dei quali adora il cibo, viene contestualmente insegnato a non giocarci.
Pane e nutella, street food e condimenti preconfezionati intasano i profili social del ministro dell'Interno anche all'indomani di episodi gravissimi che lo vedono direttamente coinvolto nelle sue prerogative istituzionali (com'è successo appena qualche giorno fa): mostrarsi quale food blogger nazionalpopolare è una priorità sovraordinata a tutte le altre, mangiare è un bisogno primario "pre-politico", mostrarsi addentando qualcosa non è più – come un tempo – motivo d'imbarazzo (i paparazzi facevano fior di quattrini vendendo ai tabloid scatti rubati della smorfia dei politici della Prima Repubblica nell'istante in cui portavano la forchetta alla bocca), ma, al contrario, una sorta di richiamo "primordiale", e dunque trasversalissimo, all'istinto più comune di ogni essere vivente, che fa presa immediata tanto sull'elettore scarsamente civilizzato o "de-civilizzato" dalla rivoluzione digitale quanto su quello che ha interiorizzato quel nazionalismo da sagra della polenta che mitizza – in maniera involontariamente e inevitabilmente caricaturale – i primati enogastronomici del made in Italy.
Si tratta dell'ennesima, radicale manifestazione dell'uomoqualunquismo, l'ideologia comune – "contrattualizzata", verrebbe da dire – della maggioranza gialloverde: il Presidente della Camera è uno-di-noi perché prende il bus (e in questo cliché c'è anche il pauperismo straccione tipico del grillismo movimentista, beffardamente speculare a politiche economiche effettive ultra-spendaccione), il ministro dell'Interno è uno-di-noi perché mangia ragù Star. Sillogismi elementari tipici di un elettore per l'appunto infantilizzato…
Possiamo dunque ipotizzare che il miglior buon proposito per l'anno nuovo sia quello di riscoprirci un po' bambini, e cioè iper-creativi ed entusiasti come non mai – questo il monito di Mattarella –, ma appena poco prima di essere gratificati con pane e nutella.