Achtung, glifosato! La fobia grillina, e non solo, per la chimica in agricoltura
Strade del Cibo
“Fa venire il cancro ai bambini e ai cani che portiamo al parco, alle vecchiette che raccolgono i fiorellini nei cimiteri. Il suo uso in campo agricolo è devastante: il prodotto penetra nell’acqua e rimane lì, poi noi lo beviamo, entra nei mitocondri a innescare processo cancerogeno, oltre che malattie come Parkinson”.
Avete appena letto la descrizione del Glifosato che la capogruppo M5S in consiglio comunale di Ferrara ha fatto al suo critico collega della Lega Nord. Il Glifosato è il diserbante totale più usato al modo, sia in agricoltura che nel gardening, così come nella manutenzione del verde pubblico. È presente sul mercato in centinaia di formulazioni sotto i nomi più disparati, ma quello con il quale è più conosciuto è probabilmente quello di Roundup, prodotto da Monsanto che fino a qualche anno fa ne deteneva il brevetto.
Il Glifosato, hanno scoperto i grillini, è usato insieme all’Oxyfluorfen dalla società comunale che si occupa di manutenere il verde pubblico e secondo i pentastellati di Ferrara è il male assoluto. Per questo, tramite un ordine del giorno, hanno chiesto la sospensione dell’utilizzo degli erbicidi - tutti gli erbicidi - nel territorio comunale e, dato che il sindaco è anche presidente della Provincia, in tutto il ferrarese tout court. Una risoluzione del Pd ha riportato l’odg nell’ambito ristretto del verde pubblico, ma l’intenzione neppure troppo nascosta è fare il grande passo anche in altri campi, letteralmente. Si ritorni allo sfalcio meccanico: molto meglio sacrificare la schiena di qualche operatore ecologico o respirare i fumi delle falciatrici motorizzate.
Parlare di fitofarmaci è complicato. Da un lato hanno portato al miglioramento delle produzioni agricole e delle condizioni di benessere di chi lavora sui campi – basta chiedere alle mondine di una volta -, dall’altra, come molti frutti del progresso tecno-scientifico, hanno anche risvolti negativi, dall’inquinamento agli effetti sulla salute umana. Ma nel caso del Glifosato sembra di avere sul tavolo la farina del Diavolo: è un prodotto principalmente Monsanto, venduto su larga scala in accoppiata con sementi Ogm, che non può non generare maldestre iper-reazioni ambientaliste.
Si replica così a Ferrara quello che è successo in altre parti d’Italia, Ancona ad esempio, o nella Regione Toscana o in Alto Adige: la paura isterica per la chimica in agricoltura e, per estensione, in settori affini che rinuncia a farsi carico delle complessità del mondo reale, preferendo soluzioni immediate e scarsamente ponderate. Nel testo del drastico odg, come la sua esposizione in Consiglio comunale, la consigliera gillina fa i tripli salti carpiati pur di dimostrare il grande pericolo creato dalla cattiva multinazionale: una specie di effetto imbuto dialettico in cui la nocività degli erbicidi (confusi spesso con i pesticidi) in generale – intesa come la collezione dei diversi problemi all’ambiente e alla salute umana più o meno documentati dalla ricerca scientifica - diventa la nocività conclamata del solo Glifosato, eletto ultimamente come principe di quel male assoluto che è la chimica di sintesi.
Il M5S estense, non a caso, in sede di dibattito, lo definisce una “vera bomba chimica”, e afferma che esista una “ricca documentazione sull’azione cancerogena del prodotto”, nonché per patologie come diabete, obesità, effetti sul sistema nervoso centrale, malattie al sistema endocrino, malformazioni congenite, riduzione della fertilità maschile. Il Glifosato sarebbe, inoltre, causa di Sclerosi laterale amiotrofica, Parkinson, Alzheimer, linfomi. Insomma causerebbe un po’ di tutto.
Nella “ricca documentazione” allegata ci sono un rapporto Ispra (che evidenzia la presenza di Glifosato oltre le soglie limite nelle acque superficiali) e, ovviamente, il recente report dello Iarc - il Centro internazionale per la ricerca sul cancro, afferente all’Oms - che ha scatenato tutto il clamore degli ultimi tempi, inserendo il glifosato tra le sostanze probabilmente cancerogene (gruppo 2A). C’è anche la “risposta” critica al report di alcuni ricercatori, uno dei quali “pagato da Monsanto” (ed è vero, lo ha scritto lui stesso nel paper rendendo esplicito il conflitto d’interessi per aver ricevuto in passato fondi dalla multinazionale), usato per dimostrare la perfidia del produttore.
Il problema principale di tutta la vicenda, che a Ferrara vede solo l’ultima sua stravagante incarnazione (e dove per altro l’assessore competente ha affermato che dal 2013 l’uso di erbicidi per il verde pubblico è drasticamente calato) è che non esiste alcuna “ricca documentazione” che provi con sufficiente forza tali effetti legati al Glifosato. Ad esempio, il Federal Institute for Risk Assessment tedesco, in una recente review ha rilevato che i dati a disposizione ricavati da 1.200 pubblicazioni scientifiche “non mostrano proprietà cancerogene o mutageniche del Glifosato né che sia tossico per la fertilità, la riproduzione o lo sviluppo embrionale/fetale negli animali da laboratorio”, suggerendo altresì che la tossicità osservata in alcuni erbicidi contenenti Glifosato possa essere dovuta ad altri agenti chimici utilizzati nella formulazione dei prodotti.
Lo stesso report dello Iarc rende evidente come, finora, dopo 40 anni di utilizzo, non ci siano prove solide della sua cancerogenicità nell’uomo ma solo, a determinate dosi, su alcuni animali o cellule in vitro. Questo stato di sostanziale incertezza ha portato prudenzialmente (non senza critiche circostanziate) a valutare l’erbicida come probabilmente cancerogeno. “Probabilmente cancerogeno” vuol dire molte cose ma non vuol dire sicuramente che l’effetto cancerogeno sia provato. Semmai consiglia prudenza, un occhio di riguardo: ma qui interviene la legislazione sui fitofarmaci che, di fatto, impone limiti più stringenti al loro utilizzo in un’ottica che favorisca l’ambiente e la salute umana.
L’interpretazione delle liste dello Iarc non è chiarissima, ma il loro scopo non è dare patenti trancianti di nocività-sicurezza alle sostanze valutate, bensì quello di fornire una base per l’analisi del rischio da parte delle autorità preposte e, infine, dei decisori. Analisi del rischio significa, in estrema sintesi, valutare le condizioni, le modalità, le quantità (la dose fa il veleno) e i contesti in cui le sostanze esaminate possono o non possono essere usate a seconda delle loro caratteristiche e del grado di pericolosità.
Quella lista, a differenza della lettura basilare che sembrano darne i grillini (ma sono in ottima compagnia a Ferrara come altrove), non dà nessuna indicazione sull’utilizzabilità o meno di determinati prodotti, scissa da qualsiasi altra considerazione. Se così fosse, il mate che tanto piace in Argentina, dovrebbe essere vietato all'istante, così come friggere, e addirittura il lavoro a turni, dato che sono tutti nella stessa lista del Glifosato. Per non parlare del consumo di bevande alcoliche, classificato come sicuramente cancerogeno. Ma qui, con tutta evidenza, non c’è nessuna Monsanto da cui difendere il mondo.