Talent scout genetici per aspiranti campioni: problema etico, non scientifico
Scienza e razionalità
Artur Taymazov è una sorta di eroe nazionale in Uzbekistan. Con tre medaglie d’oro e una medaglia d’argento conquistate nelle ultime quattro edizioni, Taymazov è attualmente il lottatore di lotta libera più titolato nella storia delle Olimpiadi. Un risultato straordinario, soprattutto se rapportato alle performance modeste della sua nazione.
È notizia di pochi giorni fa che l’Accademia delle Scienze uzbeka, forse pensando proprio a Taymazov, ha deciso di avviare un programma per la selezione genetica di giovani talenti. Il programma dovrebbe iniziare ufficialmente nel 2015, e avrà il supporto del comitato olimpico nazionale e di varie federazioni sportive. Secondo il professor Rustam Muhamedov, che si occuperà dell’iniziativa, le conoscenze scientifiche attuali sono già sufficienti per riuscire a individuare, con un semplice test genetico, i campioni del futuro: basterà analizzare poche decine di geni, e il team di Muhamedov sarà in grado di indicare ai genitori in quale disciplina sportiva il loro bambino avrà maggiori possibilità di eccellere. Sì, perché i test genetici inizieranno già a 10 anni, più o meno l’età alla quale Artur Taymazov iniziò la sua carriera nella lotta libera.
Ma il progetto di Muhamedov avrà davvero successo? Quali sono le basi scientifiche su cui poggia una selezione genetica in ambito sportivo? Non se ne sa molto, ma nella comunità scientifica c’è scetticismo. Si sa che alcuni fattori genetici possono influire sulla capacità polmonare, sulla propensione agli infortuni o sulla circolazione sanguigna, ma mettere a punto un test genetico che permetta di individuare i campioni di domani è un’impresa a dir poco ardua, con le conoscenze di cui disponiamo attualmente.
In letteratura si trovano tuttavia dati interessanti. Emblematico in questo senso è il caso della proteina ACTN3, attiva nel muscolo scheletrico, della quale esistono due versioni: in base agli studi disponibili, sembra che per diventare un centometrista olimpico sia essenziale possedere la versione “giusta”. Altri geni hanno un effetto più limitato, tuttavia è possibile che un pannello di geni selezionati accuratamente possa effettivamente aiutare i talent scout a individuare i giovani atleti più adatti agli sport di velocità o, al contrario, agli sport di resistenza.
In realtà, il problema è soprattutto di natura etica, ed è un problema che riguarda da sempre la selezione di aspiranti campioni in tutte le discipline sportive (con o senza test genetici). Fino a che punto possiamo spingerci nell'indirizzare la carriera sportiva di un ragazzino? È giusto spezzare il suo sogno di diventare il nuovo Taymazov, solo perché possiede i geni dello sprinter? Sono domande complesse, ma non tocca alla scienza rispondere.