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Avevo fatto un proposito per l’anno nuovo: basta parlare di vaccini, l’argomento che ha riempito la mia mente e i miei discorsi per mesi, su cui ho scritto un libro, su cui ho girato dei video su YouTube. Basta. Non ne potevo più. E invece rieccomi qui a scriverne, dopo che la campagna elettorale 2018, che si preannuncia aspra, è partita in quarta proprio su questo tema, come peraltro ci si poteva aspettare.

Se infatti avevo sentito il bisogno di allontanarmi dall’argomento era proprio perché avevo l’impressione di assistere alla strumentalizzazione politica di due problemi reali, cioè il calo delle coperture nelle vaccinazioni dell’infanzia e l’ondata di morbillo prevenibile con la vaccinazione di grandi e piccoli. Due questioni serie, che hanno provocato alcune vittime evitabili, ma che dipendono da molte cause diverse. Divagherei troppo riprendendole qui, ma come altri ne ho scritto più volte (per esempio qui, qui e qui, oltre che, in maniera estesa, nel libro). Cause diverse che è indispensabile tenere presente, se si vogliono trovare soluzioni efficaci e durature.

 

Il calo delle coperture è colpa di un partito?

Invece, sebbene i dati, gli studi e i documenti delle autorità sanitarie sovranazionali non la confermino, la narrazione corrente mainstream ci racconta che di ogni bambino che tarda a essere vaccinato, o di ogni vittima del morbillo, è responsabile solo un esercito di idioti ostili alla scienza e a qualunque uso della ragione, che credono alle scie chimiche e che la terra sia piatta.

Queste persone ci sono, e tutti ne conosciamo qualcuna, ma sono così tante? E così influenti? Secondo un’indagine appena pubblicata su Vaccine, ma condotta in Italia nel 2016, solo lo 0,7 dei genitori si dichiarava contrario ai vaccini, mentre il 15,6% dichiarava di avere qualche esitazione. Eppure abbiamo assistito all’amplificazione mediatica di questo movimento, che nelle sue espressioni più estreme non rappresenta che frange marginali della popolazione, eppure è descritto come una minaccia spaventosa, foriera di terribili epidemie. Il pericolo pubblico numero uno, usato per stringere le fila dei propri sostenitori non meno di quanto, su altri fronti, si faccia con la paura degli immigrati e della loro “invasione”. Ma il pericolo pubblico numero uno a cui si fa implicito riferimento sono davvero gli antivax, o piuttosto il partito con cui li si è voluti identificare?

Già a maggio dello scorso anno Matteo Renzi diceva: “i vaccini saranno la Banca Etruria del Movimento 5 stelle”, ammettendo così l’uso strumentale che si stava facendo di una questione di sanità pubblica contro il partito che a sorpresa, partendo dal nulla, aveva sfiorato la maggioranza relativa alle politiche del 2013. All’avvicinarsi di un nuovo confronto elettorale, dopo la sconfitta al referendum istituzionale (che anch’io peraltro ho apertamente e con forza sostenuto), la paura di un nuovo, clamoroso successo del Movimento 5 Stelle è tangibile. Lo capisco, ho anche io questa paura, ascoltando parlare i suoi rappresentanti e vedendoli all’opera, sul palcoscenico nazionale oppure a Roma o Torino.

Tuttavia, un partito che ha preso una posizione pubblica, dichiarando in maniera esplicita di essere favorevole alle vaccinazioni, non può essere considerato responsabile delle idee che vogliamo attribuire alla sua base, sulla base di aneddoti o impressioni. Si può chiedere conto a singoli esponenti di certe dichiarazioni, ma continuare a ripetere, come fosse un assioma, che il Movimento 5 stelle è “contrario alle vaccinazioni”, nonostante la presa di posizione ufficiale a loro favore, mi sembra corretto tanto quanto sostenere che il PD vuole ospitare i migranti in alberghi di lusso.

Per quanto alcune delle motivazioni dell’ostilità ai vaccini (per esempio la sfiducia nelle istituzioni) siano fattori che caratterizzano il movimento, non tutti i simpatizzanti 5 stelle sono contrari ai vaccini, né, al contrario, tutti coloro che mostrano la stessa attitudine votano 5 stelle. Anzi. Ci sono personalità impegnate su questo fronte ben distribuite su tutto l’arco costituzionale, fuori dal Parlamento come al suo interno, dal centro-destra, con il senatore Vincenzo d’Anna, verdiniano dell’Alleanza Liberal Popolare che appoggia l’attuale governo. Altri, come Adriano Zaccagnini, Bartolomeo Pepe o Maurizio Romani, particolarmente attivi in questa battaglia, sono invece sì stati eletti col Movimento 5 Stelle, ma poi ne sono fuoriusciti o ne sono stati espulsi.

Ancora più diffusi e trasversali a qualunque posizione politica sono poi coloro che hanno qualche dubbio e paura, che si fanno delle domande, che sono perplessi sull’utilità di un particolare vaccino o sui tempi e le modalità di somministrazione di un altro: vanno tutti infilati nello stesso calderone?

 

Si può essere a favore dei vaccini anche senza sostenere l’obbligo vaccinale

A confondere ulteriormente le carte è arrivata poi la scelta di ricorrere all’obbligo di vaccinazione per l’accesso a scuola e ai servizi dell’infanzia, che per una lunga serie di ragioni pratiche, oltre che comunicative e di principio, non ha convinto molte persone. Tra queste ci sono molti esperti, non solo del tutto favorevoli ai vaccini, ma che alla loro promozione hanno dedicato tutta la vita professionale. Applicare l’etichetta di antivax a chiunque manifesti queste perplessità non è solo ingiusto. È proprio falso. Il provvedimento infatti ha una sua logica, è pienamente lecito dal punto di vista politico, ma - è bene ricordarlo, al contrario di quel che si continua a ripetere - non si basa su alcuna incontrovertibile evidenza scientifica, né è raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. E’ un provvedimento di gestione del rischio sanitario, assunto in base a valutazioni razionali da persone competenti, ma avere dei dubbi sulla sua opportunità non significa essere contro i vaccini né, tanto meno, “contro la scienza”.

È vero che, da quando si parla della legge, molti veri antivax si nascondono dietro a questa per dirsi contrari non ai vaccini, ma alla loro imposizione. Viceversa, però, chi non condivide la scelta politica dell’obbligo, si sente accomunare con ironia a quelli. Dare per scontato che chi non sostiene l’obbligo sia anche contrario ai vaccini è segno di profonda ignoranza di tutta la ricerca e la conoscenza condivisa a livello internazionale su questo tema. Una bufala antiscientifica, insomma.

Il governo italiano ha infatti preso una posizione ardita, qualcuno ai piani alti lo ha applaudito e la Francia lo ha seguito, addirittura superandolo, con l’estensione a 11 del numero di vaccini obbligatori, a partire dal primo gennaio 2018. Non sappiamo ancora, però, se questa fosse la strada migliore per affrontare la situazione. Un bilancio si potrà fare tra qualche anno, valutando l’impatto del provvedimento nel tempo, sia sull’attitudine del pubblico rispetto ai vaccini, sia sugli effetti pratici della legge a livello dei centri vaccinali, quando si verificherà l’andamento delle coperture non solo per i vaccini diventati obbligatori, ma anche per altri, che le persone oggi rischiano di percepire come “meno importanti”. Speriamo che funzioni, e funzioni bene. Ma secondo il metodo scientifico, per avere la prova che il “pugno di ferro” sia meglio di altri approcci, mancherà sempre il gruppo di controllo, che avremmo avuto introducendo il provvedimento come studio pilota in alcune Regioni, e mettendole a confronto con altre.

Estendere e far valere l’obbligo a livello nazionale è una legittima scelta politica, basata su sicurezza ed efficacia dei vaccini raccomandati, su cui davvero c’è ampio consenso da parte della comunità scientifica, ma non una necessità imposta dall'evidenza scientifica, come si sente dire. Il fatto che l’abolizione dell’esenzione per ragioni di coscienza in California abbia fatto risalire le coperture (facendo però schizzare alle stelle, da un anno all’altro, le esenzioni per ragioni mediche) o la dimostrazione “al negativo” che anche in Veneto, dove l’obbligo era stato sospeso, le coperture sono scese come nel resto in Italia, non sono “prove scientifiche” dell’efficacia dell’obbligo. Argomentazioni di questo tipo, portate dall’altra parte, sarebbero irrise come un aneddoto e una “non prova”. Usare il favore nei confronti di questa legge come metro del sostegno ai vaccini o alla scienza in generale, in un senso o nell’altro, è quindi profondamente scorretto. Anzi, proprio antiscientifico.

In questo discorso pubblico sempre più polarizzato anche persone di scienza del tutto favorevoli ai vaccini ma contrarie all’obbligo vengono dipinte come antivax. Chi fa notare dati scorretti o incongruenze spacciate al pubblico “a fin di bene” è messo all’angolo proprio da quel mondo della scienza e della medicina “ufficiale” in cui si riconosce e di cui difende rigore e metodo, mentre alcuni dei sostenitori della legge sui vaccini passeggiano senza troppo disagio in aree di quel sottobosco di medicine alternative, o pseudoculture col mito del naturale, in cui fioriscono molti sentimenti di scetticismo nei confronti dei vaccini stessi.

Questo sembra non importare a nessuno. Ormai, in Italia, la medaglia di fedeltà alla scienza la dà solo l’entusiasmo per la legge sull’obbligo, più che il convinto riconoscimento dell’importanza dei vaccini. I dati scientifici reali riguardo omeopatia, osteopatia, rischi dei campi elettromagnetici o degli OGM, del glifosato, dell’alcol o degli insaccati, per non parlare di quelli relativi a screening o cure inappropriate, non interessano a nessuno. La cartina di tornasole per definire una persona pro o contro la scienza è solo una: il favore nei confronti di quel provvedimento.

 

Basta puntare "alla pancia"

Messo sul piatto della campagna elettorale, il tema scatena anche il centrodestra, a cui non sembra vero di poter puntare sulla parola d’ordine “libertà” anche riguardo a un argomento che arriva così profondamente alla pancia delle persone, come la salute, o addirittura la vita, dei loro bambini. Matteo Salvini dichiara allora che, se andrà al governo, abolirà la legge Lorenzin. Un’idea che non condivido: ora la legge c’è, e abrogarla prima della sua piena attuazione creerebbe solo ulteriore confusione, erodendo ancora di più la fiducia del pubblico nelle istituzioni. Per ristabilirla occorre invece un’informazione accurata e obiettiva, che eviti i toni sensazionalistici, come è stato fatto per esempio presentando i dati sul morbillo come se ci trovassimo in una situazione di allarme mai vista prima.

La comunicazione dell’ultimo anno sui vaccini è stata giocata tutta su queste corde ad alto tasso di emotività: paura e colpa. Queste corde tuttavia suonano forte, ma si scordano in fretta. L’”allagamento emozionale” non aiuta la comprensione. Ognuno istintivamente difende la propria tranquillità, e finisce con alzare una barriera.

Insistendo troppo sugli stessi temi l’attenzione poi cala. La gente è stufa di sentirsi ripetere le stesse cose. Diventa refrattaria. E non piace a nessuno l’impressione che un seggio in parlamento si giochi sulla pelle dei bambini, né a quelli convinti che la loro vita sia messa a rischio dalle malattie, né a quelli terrorizzati dalle vaccinazioni.

Nell’anno passato pochi hanno resistito all’implicito invito a schierarsi. Questo è stato anche un bene, perché ha spinto molte persone, prima distratte o incerte, a informarsi e prendere una posizione nei confronti dei vaccini, magari convincendo gli incerti che avevano intorno. Sui vaccini, di fatto, la campagna elettorale è iniziata da oltre un anno. Sono chiare le posizioni, ognuno si è fatto le sue idee. Ci sono tante altre cose importanti di cui discutere, anche riguardo alla scienza, anche riguardo alla sanità, con i suoi sprechi compensati da tagli inopportuni. Possiamo passare oltre, e parlare d’altro?

 

La guerra è finita

Perciò, un modesto consiglio a tutti gli schieramenti politici: lasciate stare questa battaglia. È finita. Chi è stato convinto dell’opportunità dell’obbligo premierà chi l’ha sostenuto, chi è convinto che sia stato un errore forse no. Ma distogliendo un po’ l’attenzione da questa legge si darà a tutti l’opportunità di apprezzare altri provvedimenti, non meno importanti, tra i tanti approvati negli ultimi anni, per esempio sul fronte dei diritti civili.

Anche restando nell’ambito della scienza, i programmi dei partiti andrebbero valutati su diversi punti, e in primo luogo sulla loro intenzione di finanziare, come e quanto, la ricerca, più che sull’obbligo o no di vaccinazione, che sposta di ben poco la situazione, soprattutto se non si stanziano risorse aggiuntive per i servizi vaccinali al collasso. Chi in questo momento fa campagna elettorale per abolire la legge Lorenzin ventila tesi ben più pericolose per il Paese, come l’opportunità di uscire dall’euro. E guardando avanti, ci sono gravi questioni di governabilità, di economia, di occupazione da affrontare.

Inoltre, mentre ci si concentra sui vaccini, si dimentica la truffa sistematica e milionaria dell’omeopatia e di tante altre cosiddette “medicine complementari”, su cui al contrario si chiude un occhio, quando non si prendono provvedimenti francamente a loro sostegno, come capita in Toscana. In tutti i partiti ci sono esponenti ostili a priori agli OGM o che si dicono contrari alla sperimentazione animale, perché ignorano o fingono di ignorare quanto sia indispensabile per la ricerca biomedica. Ma questi sono temi spinosi, su cui è rischioso giocarsi il voto. Preferiscono puntare sui vaccini, ai quali solo una ristretta minoranza è contraria.

In ogni caso, non esiste un partito del tutto immune a tendenze contrarie, e le proposte di partiti “a difesa della scienza” sembrano perfino peggio. Lo sbriciolamento indotto dal proporzionale in mille partitini non sarà sufficiente a crearne uno che rispecchi esattamente le posizioni di ognuno in tutti i campi. Alziamo lo sguardo, e cerchiamo di fare la nostra scelta soppesando diversi aspetti, in base a quanto sono importanti per noi. Perché non viviamo di soli vaccini. E se ve lo dico io…