olio palma

Dopo mesi di campagne denigratorie combattute a colpi di infondati allarmismi ideologici sulla salute e sull’ambiente, un atto parlamentare riapre il dibattito sull’olio di palma.

Con una risoluzione presentata nelle Commissioni Affari Sociali e Agricoltura alla Camera, i deputati Giovanni Monchiero, Pierpaolo Vargiu e Ilaria Capua sollevano nuovamente il caso chiedendo al governo di attivarsi per garantire una corretta informazione sulle caratteristiche nutritive e ambientali dell’olio di palma e di incontrare i rappresentanti politici e industriali dei principali Paesi produttori, tra cui la Malesia.

Una scelta di questi tempi coraggiosa, contro la corrente sciroccata e sciroccosa animata da un tam tam mediatico che ha impedito una discussione informata sulle drupe e sulle proprietà del loro estratto. I tre deputati non sono certo dei semplici e temerari promotori del comitato del NO al referendum abrogativo dell’olio di palma. Prima di varcare per la prima volta nel 2013 la soglia di Palazzo Montecitorio, hanno accumulato consolidate e riconosciute esperienze nel settore scientifico e sanitario.

Ilaria Capua, scienziata di livello internazionale, approdata alla politica su chiamata diretta di Mario Monti, nel 2006 isolò il virus dell’aviaria, si rifiutò di tenere nascosta la relativa scoperta in un database privato – come le avevano chiesto- e anzi la mise a disposizione di tutti su GenBank. Solide le competenze nel campo della sanità di Pierpaolo Vargiu, medico liberale plurispecializzato e per più di due anni presidente della Commissione Affari Sociali alla Camera, e Giovanni Monchiero, esperto direttore generale e commissario di diverse ASL ed ex presidente della FIASO.

Insomma, i tre sanno di cosa parlano e, a differenza di altri loro colleghi, non si fidano certo del Fatto Alimentare. Nelle premesse della risoluzione elencano in maniera puntuale una serie di numeri e fatti che smontano pezzo per pezzo l’impianto accusatorio del processo all’olio di palma. Non bastano infatti le crepes alla Nutella mangiate a Expo da Agnese ed Ester Renzi per difendere la drupa a rischio. Capua, Vargiu e Monchiero, che sostengono la maggioranza, si spingono oltre e affermano, sulla base degli studi dell’Istituto Mario Negri, che l’olio di palma non fa male. Diabete e colesterolo infatti dipendono dal consumo massiccio di grassi saturi, presenti sia nei prodotti che contengono un olio vegetale come l’olio di palma, sia in quelli che contengono burro o strutto.

L’analisi dei deputati si sposta poi sul piano ambientale e sulla distruzione delle foreste che alcuni Paesi come la Malesia hanno fortemente limitato. La coltura dell’olio di palma non è nemica delle foreste, ha infatti una produttività più alta rispetto ad altre piantagioni potenzialmente alternative: un ettaro di palme da olio produce 7 volte l'olio prodotto da un ettaro di girasole e 13 volte l'olio prodotto da un ettaro di soia.

Non è da meno infine la rilevanza economica della campagna anti drupa: a pagarne il prezzo – sostengono i parlamentari- saranno i piccoli contadini, proprietari del 40% delle piantagioni di olio di palma. Nel complesso, la risoluzione Monchiero-Vargiu-Capua ha il grande merito di sparigliare finalmente le carte in un dibattito asfittico e saturo di pregiudizi, presentando un’alternativa fortemente credibile alle contestazioni acchiappa clic e comunque diretta verso una sempre maggiore e certificata sostenibilità dell’olio di palma.

Un saldo puntello che prima non c'era e ora c'è per costruire, col coinvolgimento del governo e col gusto corsaro della controinformazione, un dibattito corretto.

E, si sa, la risacca a volte è più forte della corrente e grazie al contributo parlamentare di Monchiero, Vargiu e Capua è molto probabile ora che la scia negativa lasciata dalla campagna contro l'olio di palma si polverizzi proprio come i frammenti di ossa ritrovati nel composto di Stamina. Quella soluzione miracolosa acclamata tra le urla e finita nel dimenticatoio molto presto, ma in un quel lasso di tempo apparentemente interminabile che troppo spesso occorre per distinguere propaganda e titoli strombazzanti dal silenzioso e documentato approfondimento.