No TAP

Finita l’estate, torna a farsi sentire il movimento No Tap che da venerdì a domenica prossimi promuoverà a Melendugno un incontro nazionale "con tutte le realtà in lotta da Sud a Nord contro il gasdotto".

Non che questi mesi di vacanza e di esposizione turistica non abbiano fatto emergere fatti nuovi. Lo scorso 3 agosto, infatti, è stato arrestato a Roca (una delle marine di Melendugno) l’anarchico Fallanca, un trentenne abruzzese tra i responsabili dell’attentato a una libreria di Firenze, dove una bomba esplose nella notte di Capodanno provocando la perdita di una mano e dell’uso di un occhio di un artificiere. L’anarchico è stato ritrovato in uno spazio occupato da altri antagonisti locali che, secondo il questore Laricchia, hanno partecipato alle manifestazioni di protesta contro il gasdotto.

“Il Salento” ha detto il questore “non è solo meta di turisti che portano ricchezza, ma anche di persone che si dedicano ad attività terroristiche”, invitando chi ha responsabilità politiche a non schierarsi mai apertamente contro lo Stato. Un appello continuamente ignorato dal sindaco di Melendugno Marco Potì, ancora ebbro della conferma col 62% ottenuta alle comunali di giugno e protagonista di uno scontro epistolare con il prefetto Palomba, davvero indegno per un rappresentante delle istituzioni.

Fortunatamente, ad essere più ostinata è la concreta crescita nella realizzazione del progetto Tap, giunta complessivamente a più del 50%. Il dato più rilevante riguarda l’avanzamento del percorso in Grecia e Albania dove sono stati completati 539 dei 765 km complessivi, il 70%. Numeri che ci permettono di ricordare la lunghezza complessiva del gasdotto (878 km) e la sua incidenza nell’Adriatico (105 km) e in Italia (8 km, meno dell’1% dell’intera lunghezza).

Il baccano su quest’ultimo tratto fa dimenticare che già oggi la Rete Nazionale dei gasdotti conta 33mila km di condotte che ci passano sotto i piedi, anche sott’acqua. Di questi più di 100 infatti attraversano lo Stretto di Messina.

Il gasdotto dunque e comunque si farà e sarà un’opera strategica. "Ci porterà in una nuova era”, ha sottolineato persino il premier greco Alexis Tsipras, fino a non molto tempo fa paladino di quella parte d’Italia abituata a dire sempre no.

C’è poi un altro fatto di costume che merita di essere sottolineato come semplice termometro di questo irrigidimento socio-culturale: per la prima volta dopo 19 anni la locale Sagra del Polpo ha recato fiera sul proprio manifesto il logo “No Tap”, un brand dell’identità puntusa, arrabbiata e minacciosa già sfoggiata dal Salento in occasione del referendum sulle trivelle, fatta anche di inganni e pregiudizi, quelli che portano alle accuse a TAP Italia di aver offerto 40mila euro a un’associazione locale di volontariato.

Sulla questione indaga la magistratura dopo la querela sporta da TAP Italia, ma non si può non osservare come questa costante tensione nasconde una sostanziale incapacità al confronto. Lo ha ben raccontato con diversi aneddoti in una lettera aperta sul principale quotidiano salentino il country manager per l’Italia di TAP Italia Michele Mario Elia, che si chiede se “è legittimo porsi qualche domanda sullo stato del dibattito pubblico in Salento”.

E ha ragione perché il Salento, sogno dei turisti, è anche il posto in cui imprese, ristoranti e associazioni no profit vengono prese di mira, attaccate e boicottate. La loro colpa? Lavorare al cantiere Tap (come la ditta Mello di Carmiano) o aver partecipato al Master di Eccellenza per la Nuova Alimentazione e al progetto Tap Start, entrambi promossi da TAP Italia.

Insomma l’azienda investe sul territorio, come ha chiesto anche il governo con il ministro De Vincenti, finanzia con 600mila euro in due anni progetti sociali locali, ma il rifiuto totale e netto continua, senza alcuna visibile opposizione. Perché per dirla con Manzoni, “ci furon di quelli che pensarono fino alla fine, e fin che vissero, che tutto fosse immaginazione”, ma “[…] nessuno fu abbastanza ardito per esporre al pubblico un sentimento così opposto a quello del pubblico. Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune.”

Anche questo è un pezzo della storia di Sud, un’altra faccia della rassegnazione che dà ancora più volume a contestazioni e avversioni. E allora vale la pena chiedersi a cosa serva la crescita del turismo, che è commercio e scambio di persone e quindi di idee, se non riesce a far aumentare maturità e capacità di ascolto e dialogo.

Tap cresce, il turismo cresce, il Salento no e forse nemmeno la sua economia, se non quella sommersa, come testimoniano alcune pagine di coraggioso giornalismo locale.

La tre giorni dei No Tap come ogni rito tribale non potrà certamente cambiare le opinioni dei No Tap. Dovrà però essere un’occasione invece per chi non si è ancora espresso e per chi è apertamente a favore, lasciando perdere politici e sindaci. Lo stato del dibattito pubblico in Salento si misura anche da questo.