Chirac, Sarkozy e Macron. Il lungo cammino per la laicità
Istituzioni ed economia
«È in nome del principio della laicità, pietra angolare della Repubblica, fulcro dei nostri valori comuni di rispetto, tolleranza e dialogo, che invito tutti i francesi ad unirsi». Il 17 dicembre 2003 Jacques Chirac, facendo proprie le conclusioni della commissione Stasi, promulgò in maniera solenne la legge che ribadiva il principio di laicità nelle scuole, negli ospedali e nei luoghi pubblici.
In nome dei principi repubblicani e in nome dei diritti delle donne, Chirac aveva insediato sei mesi prima la Commissione Stasi (dal nome del suo Presidente Bernard Stasi) per contrastare il dilagare dell’estremismo islamico, soprattutto nelle periferie degradate. Molte ragazze musulmane avevano subito violenze (le famigerate “tournantes” o violenze di gruppo) per essersi rifiutate di indossare il copricapo islamico a scuola o più semplicemente per aver indossato abiti troppo occidentali come la minigonna.
Il «codice della laicità» di Chirac si basava sul principio che il grado di civiltà di una società si dovesse misurare innanzitutto dal posto che vi occupano le donne. In materia di diritti delle donne la nostra società deve fare ancora molti progressi e la riaffermazione del principio di laicità è necessaria per riaffermare la parità tra i sessi e la dignità della donna. La Francia è riconosciuta nel mondo come la capitale dei diritti dell’uomo. Ma il mondo cambia, le distanze si riducono e gli scambi si moltiplicano. Al tempo stesso le istanze identitarie o comunitarie si affermano esasperando i rapporti all’interno della comunità musulmana, dove l’estremismo dilaga.
La legge Stasi prevedeva la neutralità religiosa nelle scuole e nei luoghi pubblici; vennero vietati i segni ostentatori religiosi e venne riaffermata la laicità e la neutralità nel servizio pubblico. L’attività degli ospedali della Repubblica non può essere paralizzata da medici obiettori e un paziente non può rifiutare di essere curato da un medico dell’altro sesso. La legge Stasi introdusse il divieto dell’ostentazione dei simboli religiosi nelle scuole. Molte ragazze musulmane, grazie a quella legge, riuscirono ad affrancarsi dal velo islamico.
Chirac riaffermò che la laicità della scuola dovesse essere salvaguardata perché la scuola è innanzitutto il luogo di acquisizione e di trasmissione dei valori comuni. Lo strumento per eccellenza per il radicamento dell’idea repubblicana. Lo spazio dove si formano i cittadini di domani alla critica, al dialogo, alla libertà. Chirac, nonostante le pressioni ricevute, non aggiunse al calendario delle festività le due grandi feste religiose del Kippour e dell’Ait-El Kebir ma dichiarò che gli studenti potevano assentarsi per celebrare queste feste a condizione di avvisare per tempo l’istituto scolastico che, da par suo, si impegnava a non organizzare verifiche in quei giorni di festa.
Sarkozy, sulla falsariga di Chirac, continuò la battaglia per l’integrazione repubblicana ed ascoltò il monito di Alain Finkielkraut che denunciava come la «società contasse un numero crescente di nemici tra le popolazioni che si installano in Francia generando l’ostilità dei francesi». Quello che viene preso di mira dai francesi non è l’immigrato ma l’integralista islamico. La prova è che gli immigrati provenienti dall’Estremo Oriente, Vietnam, Cina non suscitano alcuna ostilità.
Gli integralisti islamici pretendono di imporre le proprie leggi non solamente ai musulmani, ma a tutti. Per non parlare del dilagare dell’antisemitismo.
Per Finkielkraut più la Francia si mostra accogliente, più deve essere intransigente sulla questione della laicità. Sarkozy raccolse questo appello e accentuò la netta separazione tra la sfera religiosa e la sfera politica. In una Repubblica laica non si può confondere la legge civile e la legge religiosa. Sono due ordini differenti e nella sfera pubblicavale la legge civile. Tuttavia, senza rimettere in causa il rigido principio di separazione tra i culti e lo Stato, e quindi il principio secondo cui la République non finanzia la costruzione di luoghi di culto, vennero previste disposizioni legislative che facilitarono l’esercizio della libertà religiosa.
La commissione Machelon, per risolvere il problema della carenza di moschee che portava le comunità musulmane ad occupare le strade a Marsiglia e a Parigi, propose la possibilità di affitti agevolati con possibilità di riscatto di luoghi del demanio pubblico. Grazie a questo strumento «bail emphytéotitique administratif » (BEA), un’associazione può affittare il terreno di una collettività locale per un periodo di lunga durata (fino a 99 anni) per costruirvi un luogo di culto ad un costo moderato. Un’altra disposizione prevede che le regioni si facciano garanti dei prestiti contratti per la costruzione degli edifici a carattere religioso. In contropartita venne chiesta la massima trasparenza finanziaria in materia di raccolta dei fondi presso i fedeli (le autorità francesi vigilano che non arrivino fondi da parte di gruppi integralisti collusi col terrorismo).
La Francia di Sarkozy fece anche importanti concessioni in tema di sepoltura. Senza mettere in causa il principio di neutralità, una circolare del 2008, invitava i sindaci a predisporre nei cimiteri, delle zone «confessionali». La Francia combatte da sempre il comunitarismo, le tendenze identitarie, ma al tempo stesso, vuole superare inutili barriere che spingevano molte famiglie a seppellire i loro cari nei paesi d’origine. Il tutto rispettando l’ordine pubblico. Nel nuovo codice della laicità vennero anche affrontate le tematiche relative alla macellazione secondo i riti religiosi che suscitavano l’indignazione delle associazioni animaliste. I servizi amministrativi rinforzarono i controlli sui metodi applicati per la macellazione rituale per limitare la sofferenza degli animali. Nella pratica halal l’animale veniva sgozzato senza essere stordito. Venne anche sancito l’obbligo per gli studenti di seguire tutti i corsi, compresi quelli di storia, di sport e di educazione sessuale.
Sarkozy volle anche la legge contro la burqa; rinchiudere una donna in una «prigione di tessuto» non è conforme all’idea che la Francia ha della loro libertà.
Sia Chirac che Sarkozy e Macron sapevano benissimo che il comunitarismo e l’integralismo si annidano e si sviluppano nelle periferie degradate. Le pari opportunità sono un grande obiettivo repubblicano. I quartieri sono in prima linea: come si può domandare ai loro abitanti di riconoscersi nella Nazione e nei suoi valori quando vivono in ghetti dall’urbanistica disumana, dove l’illegalità e la legge del più forte hanno spesso la meglio? Con il rafforzamento della sicurezza, con i programmi di rinnovamento urbano si sta tentando di rivitalizzare i quartieri periferici ma molto resta da fare.
Macron ha rilanciato un tema molto caro a Sarkozy; l’identità nazionale. Essere francesi significa condividere una storia, una lingua e un destino comune. Di fronte al recente dilagare dell’estremismo islamico che insieme all’estrema sinistra ha invaso le strade di Parigi al grido di «Allah Akbar» intonando canti antisemiti, Macron ha voluto ribadire che la Francia non indietreggia sui valori fondamentali non negoziabili. Attal, quando era ministro dell’istruzione, vietò l’abaya, l’indumento musulmano che copre tutta la donna.
Ma l’estrema sinistra, vicina ai salafiti e che pensa di prendere i voti dei musulmani, presentò un ricorso che il Consiglio di Stato ha rigettato. Alain Finkielkraut ed Elisabeth Badinter hanno notato come il partito di Mélenchon metta in piazza il confronto identitario al posto del conflitto di classe.
Macron per difendere i valori comuni e la laicità ha voluto celebrare la Festa della Donna inserendo nella Costituzione il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Un sigillo che suggella una lunga lotta per la libertà e per la laicità, una lotta fatta di lacrime, drammi, destini spezzati.
Macron ha reso omaggio alle combattenti che hanno reso possibile l’emancipazione delle donne in Francia; Madeleine Pelletier, Nelly Roussel, Simone de Beauvoir, Christiane Rochefort e Simone Veil. E sulle loro orme ha ribadito che la Repubblica laica e democratica accetta una sola morale, quella del rispetto della legge e delle istituzioni che la proteggono. I diritti dell’uomo devono essere rispettati perché sono la nostra legge comune, riconosciuta in una dichiarazione solenne e sacra e non in una declamazione opportunista e partigiana.