difesa europea grande

Più puntuale delle rondini a primavera, 70 anni dopo il monito di Luigi Einaudi sulla ratifica della CED, assistiamo all'eterno ritorno del dibattito su una difesa europea comune.

Tema apparentemente inafferrabile, perché sono anni che la questione si sposta da un tema all'altro: le truppe che non ci sono, i sistemi d'arma troppo differenziati, le spese militari che non raggiungono il livello previsto dalla NATO, l'assenza di una bussola strategica, gli USA che tornano affidabili (e quindi l'autonomia strategica non è necessaria), la necessità di superare l'unanimità, l'arma nucleare solo francese.

Stavolta, con un apparente cambio di passo, la Francia per bocca dei suoi pesi massimi a Parigi e a Bruxelles ha deciso di parlare di truppe a sostegno dell'Ucraina (il presidente Macron) e di un fondo per la difesa europea (il commissario Breton). L'effetto è stato quello di un apparente tsunami mediatico, che in realtà è un nulla di fatto. Aria fritta. Chiacchiere da bar, purtroppo. Chi ama il nostro continente e vuole conservare la pace anche attraverso una difesa comune, non deve infatti lasciarsi ingannare da queste storielle: stavolta il saggio deve guardare il dito, non la luna.

Brevemente: la questione è interamente politica, ma la classe politica finge di non saperlo (o non capirlo), per evitare di ammettere che non vuole davvero una difesa europea.

Meno brevemente: le truppe ci sono, le usiamo da molti anni, e c'è pure uno Stato maggiore; la standardizzazione dei sistemi d'arma non è una premessa per fare un esercito europeo (semmai un esercito europeo sarebbe la premessa a quella standardizzazione); il livello della spesa militare è rivedibile, ma oggi a un aumento della spesa non corrisponderebbe un proporzionale aumento dell'efficacia e dell'efficienza (come dimostra, e non da ieri, il caso tedesco); la bussola strategica c'è, anche se il suo contenuto non è particolarmente noto, né discusso dal Parlamento europeo; la partnership con gli USA ha bisogno soprattutto di effettivo sostegno da parte di truppe NATO europee, a prescindere dalla bandiera (nazionale o europea) sotto cui si schierano; la politica di sicurezza comune prevede già forme di cooperazione, che superano il problema dell'unanimità; e infine, l'uso del nucleare potrebbe rimanere francese, perché l'attacco a uno Stato NATO o UE metterebbe quasi automaticamente in campo l'opzione della risposta solidale, che include la force de frappe.

Ma allora il problema vero qual è? Se l'obiettivo di un esercito comune europeo è la creazione di una deterrenza contro minacce esterne, è proprio la reazione in ordine sparso alle parole di Macron sull'impiego di truppe in Ucraina a svelare il bluff degli Stati europei: l'ingrediente principale della strategia di deterrenza non è l'entità della minaccia, ma la credibilità di chi agisce. Per dirla con Cesare Beccaria, uno dei freni al delitto non deve essere la crudeltà della pena, ma la certezza della pena.

Ma chi è, in ambito europeo, a decidere sull'uso legittimo della forza? Non è la Commissione, nemmeno con un eventuale Commissario alla Difesa; non è il Parlamento, cui manca questa competenza (tra molte altre che ancora non ha); non sono il Consiglio europeo né il Consiglio dei ministri, perché se si fa fatica a decidere delle banali sanzioni mirate figuriamoci se ci si può aspettare tempestività e coesione nello schieramento di un esercito. Ma allora chi? Oggi, nessuno. Domani, auspicabilmente, un vero governo federale in cui ci sia un equivalente del Presidente USA, Commander in Chief delle truppe, e politicamente responsabile di questo potere davanti al Parlamento e davanti ai cittadini che lo eleggerebbero. Ma su questo i governi degli Stati europei fingono di non capire, appunto, pur di mantenere (nominalmente) il potere di decidere. De hoc satis.

Accenniamo al fondo per la difesa, "finanziato" con una sproporzione di 100 miliardi (richiesti) a 1,5 (concessi). In pratica, con quella cifra non si acquisirebbe nemmeno uno squadrone completo di velivoli F35.

La scusa è che non ci sono i soldi, perché alcuni Stati nazionali (soprattutto la Germania) non vogliono l'emissione di nuovo debito comune. Ci sono due strade per risolvere il problema: una è una scorciatoia, l'altra una via maestra. La prima è che gli Stati nazionali cedano una parte del proprio bilancio a livello europeo, con fondi vincolati all'uso per la difesa comune: facile, immediato ed efficace. L'ideale sarebbe a quel punto che ogni Stato versasse la differenza tra l'attuale livello di spesa e il 2% previsto dai Trattati NATO, in modo da risolvere anche il problema del mancato rispetto degli impegni.

Ma la via maestra sarebbe la creazione di un potere fiscale del Parlamento europeo, che finalmente realizzerebbe l'esistenza di un bilancio autonomo dell'Unione europea: di nuovo, questo implica che si prenda sul serio il monito di Einaudi e, di nuovo, su questo i 27 nicchiano, menano il can per l'aia, fingono rilanci.

È tutto talmente semplice che davvero cadono le braccia di fronte ai diversivi che i governi si inventano per non cedere la sovranità indispensabile a una vera difesa europea. Diversivi sempre nuovi, eppure sempre uguali: così infatti scriveva Altiero Spinelli a Spaak nel 1956, rispetto alla creazione della CEE: "La tecnica impiegata dagli uomini di stato europei per far mostra di istituire un potere europeo senza crearlo effettivamente è di una monotonia quasi esasperante. Il mercato comune, definito come obiettivo della politica economica di ogni stato, fornirà l'occasione per la proclamazione di una nuova comunità economica europea. Il potere politico di questa comunità sarà costituito da un collegio a sei teste, detto Consiglio dei ministri nazionali, ognuno responsabile davanti al suo parlamento. Naturalmente questi ministri prenderanno le loro decisioni all'unanimità [...]. Alcuni servizi comuni saranno affidati a qualche corpo tecnico che verrà battezzato solennemente con l'aggettivo «sovranazionale». Questo quasi-governo europeo sarà naturalmente nominato dai sei veri governi, e non potrà agire che su loro parere conforme. I suoi atti saranno discussi periodicamente da un quasi-parlamento europeo [...] in modo da dare una quasi-impressione di un quasi-controllo quasi-democratico".

Se gli Stati membri vogliono una difesa europea, la facciano: hanno già gran parte degli elementi, basta la loro volontà politica. Se proprio non riescono a unirsi (politicamente), che smettano almeno di prenderci in giro.