scaroni putin

La nomina di Paolo Scaroni a presidente dell’ENEL è un vero scandalo italiano. Non bisogna avere paura delle parole, bisognerebbe invece averne di cosa rappresentano.

Da quando fu nominato da Berlusconi alla guida dall’ENEL nel 2002 e dell’ENI nel 2005, Paolo Scaroni ha perseguito una stretta collaborazione con la Russia di Putin per un decennio, durante il quale ha mantenuto la sua posizione di potere con i governi di centro-destra e di centro-sinistra, fino alla sua sostituzione nel 2014 avvenuta con il Governo Renzi.

Magistrale il ruolo “di sponda” giocato da Eni e Enel nello smantellamento operato nel 2007 da Putin dell’impero economico di Yukos dell’oligarca Mikhail Khodorkovsky, suo avversario politico, opportunamente fatto sparire in un gulag siberano e poi esiliato dopo la “rieducazione”.

Solo i Radicali, con iniziative fuori e dentro il Parlamento, denunciarono il ruolo giocato dalle nostre aziende di Stato nell’esproprio politico-mafioso dell’impero del reprobo Khodorkovsky da parte della cerchia putiniana.

Iniziative tanto incessanti quanto inascoltate, come l'interrogazione del 16 aprile 2007, che, grazie all’accuratissima attività di documentazione di Giulio Manfredi, ripercorreva minuziosamente lo scandalo della genuflessione italiana al signore incontrastato del gas e della politica russa.

Nell’interrogazione, rimasta ovviamente lettera morta, si chiedeva quale fosse la valutazione del Governo italiano «sulla partecipazione di ENI ed ENEL all'asta pubblica di Mosca, anche in relazione agli scenari che, a partire dalle affermazioni dei dirigenti da Gazprom, tendono a profilarsi». Sono passati esattamente 16 anni.

Ecco la sequenza dei fatti. Dopo la condanna di Khodorkovsky per essere entrato in rotta di collisione con Putin, e lo smembramento della compagnia Yukos, il 4 aprile 2007 EniNeftGaz (società costituita per il 60 per cento da ENI e per il 40 per cento da ENEL) si aggiudicò la gara per l'acquisizione, nell'ambito della procedura per la liquidazione della stessa Yukos, del cosiddetto «Lotto 2» che comprendeva la totalità di OAO Arctic Gas Company, di ZAO Urengoil e di OAO Neftegaztechnologia, società detentrici di licenze di sfruttamento di risorse minerarie, oltre al 20 per cento di OAO Gazpromneft .

Nello stesso giorno Gazprom rese noto un accordo siglato con il consorzio ENI-ENEL per una call option sul 20 per cento di Gazprom Neft. Il vicepresidente di Gazprom, Aleksandr Medvedev, annunciò in quella occasione di puntare all'acquisto del 20 per cento di Gazprom Neft e di almeno il 51% di Arcticgaz e di Urengoil, appena acquisiti dal consorzio ENI-ENEL. Tali accordi erano parte integrante della partnership strategica raggiunta tra ENI e Gazprom il 14 novembre 2006, con progetti congiunti in Russia e in altri Stati.

Scaroni commentò così l'esito dell'asta: «Quest'accordo è un importante passo nella strategia di ENI di assicurarsi accesso a riserve in paesi leader nella produzione di idrocarburi. Dimostra la capacità di ENI di capitalizzare sulla propria posizione strategica nel midstream e downstream del gas per supportare l'espansione delle proprie attività upstream. Questa operazione, che si inquadra nei proficui e continui rapporti tra Italia e Russia, sottolinea il valore della nostra alleanza strategica con Gazprom». Dal canto suo il presidente di ENEL, Piero Gnudi, si disse soddisfatto per l'esito positivo della gara in Russia. Un successo che a suo dire dimostrava la necessità di partnership tra aziende italiane per espandersi all'estero.

È tuttavia dalla stampa estera che arrivano gli allarmi. Il Times ad esempio sottolinea che il gruppo ENI dovrebbe cedere una delle «sezioni più lucrative del pacchetto» a Gazprom, secondo quanto stabilito dagli accordi che hanno preceduto l'esito della gara. L'International Herald Tribune ricorda che «la prospettiva che Gazprom acquisterà in futuro altri asset da EniNeftGaz rafforzano la posizione delle compagnie a controllo statale nella grande e lucrativa industria petrolifera russa». Il tutto mentre il Financial Times Deutschland afferma che ENI ed ENEL sono gli “utili idioti” della Gazprom.

Il punto più grave dell'operazione lo tocca l'analista di Troika Dialog, Valery Nesterov, che denuncia il fatto che nell'asta non c'è stata vera competizione e che la partecipazione di ENI-ENEL avrebbe portato «legittimità e prestigio» all'affare. Ultimo ma non ultimo Nesterov sottolinea che «le aziende italiane hanno evitato a Gazprom di essere oggetto di ripercussioni legali», qualora avesse partecipato direttamente all'asta.

Tutto finisce come doveva finire: nel 2009 tornano nelle mani putiniane di Gazprom, sia il 20 per cento di Gazprom Neft, sia il 100% di Arcticgaz, Urengoil e Neftegaztechnologia.

Da allora fino a tempi recenti la politica di commistione tra ENI e Gazprom è stata continua e incessante, mossa forse dall’illusione di porre al riparo le forniture italiane da rischi di mercato, oltre che di realizzare facili guadagni grazie alla complicità con il cleptocrate del Cremlino. Il risultato è stato quello di consegnare l’approvvigionamento energetico italiano nelle mani di un criminale politico, che dal 22 febbraio 2022, se avesse potuto, ci avrebbe fatti tutti assiderare, come ha provato a fare con gli ucraini.

Sulle capacità di Scaroni di stare sulla cresta dell’onda del potere nulla da dire e tutto da eccepire. Ma sulla opportunità della sua riproposizione in ruoli di comando in un gigante di stato dell’energia, su pressione di quel leader politico (Berlusconi) che non stringerebbe la mano a Zelensky, ma abbraccerebbe ancora Putin, che in fondo voleva solo mettere a Kiev un governo di persone per bene…ecco, di tutto questo vogliamo parlare? Vogliamo vedere cosa rappresenta?

La distruzione della società privata Yukos e l’affermazione di Gazprom con la complicità diretta di ENI ed ENEL sono un pezzo importante della nostra storia; una storia che ci ha portato frutti avvelenati in questo ultimo anno, quando la vera faccia di Vladimir Putin è divenuta visibile a tutti, tranne ai complici del regime terrorista del Cremlino. L’intreccio politico-imprenditoriale tra Russia e Italia nasce e cresce esattamente sotto la guida di Scaroni al quale i Governi hanno consegnato le chiavi della politica estera, senza vedere che il cappio energetico putiniano si stringeva al collo dell’Italia e dell’Europa.

Mentre ENI-ENEL si preparavano a partecipare alla gara per acquisire le spoglie della Yukos, in un'intervista al Corriere della Sera del 1 aprile 2007 l'avvocato canadese di Khodorkovsky dichiarava che: «tre cose sono chiare nel comportamento dell'ENI: partecipa a un'asta il cui risultato è predeterminato; compra proprietà a un prezzo inferiore al loro valore; compra beni rubati. In più, si arrende alla Russia e diventa la prima vittima della nuova Opec del gas».

Paolo Scaroni oggi è di nuovo a capo dell’ENEL e questo scandalo purtroppo ci rappresenta e ci segna in modo indelebile.