Le guerre, di norma, sono mosse da interessi economici. Tuttavia, in un eterno paradosso, nuocciono spesso e volentieri agli stessi interessi economici dei paesi in lotta. Sebbene di guerra ancora non si possa parlare (per fortuna), la delicata situazione della Crimea e dell'Ucraina intera, è al tempo stesso causa ed effetto di disastri economici, come un cane che si morde la coda. Le due già disastrate economie di Mosca e Kiev sono legate a doppio filo tra di loro e Putin teme che un allontanamento dell'Ucraina dall'area di influenza della Federazione possa portare ad un disastro ben peggiore.Tuttavia nell'ambito delle relazioni internazionali, la Russia ha un potentissimo partner, un leviatano dello statalismo oligarchico imprenditoriale che, come tutte le grandi corporation energetiche, ha praticamente vita propria nel determinare molte sfumature delle relazioni esterne di un paese: Gazprom.

gasdotto

Gazprom ha interessi numerosi in Ucraina e giganteschi in Europa, il suo mercato principale. Alla Russia, così come a Gazprom, interessano la stabilità dell'Ucraina come mercato, dunque anche quella politica. L'andamento del rublo e quello da montagna russa della Borsa moscovita, così come lo spettro della recessione ventilato da alcuni investitori internazionali, spaventano il Cremlino più degli annacquati moniti di Obama. Al tempo stesso a Kiev le riserve di valuta estera sono calate di 13 miliardi di euro, causando una fuga degli investitori e portando il paese sull'orlo del default. Alla base della protesta contro Yanukovich infatti non c'è solo l'evidente mancanza di democrazia e l'alto livello di corruzione del paese, ma anche il disfacimento dell'economia che rischia un secondo anno in completa recessione: l'unica soluzione sono gli aiuti da parte dell'UE e del FMI, con una ristrutturazione del debito e la svalutazione dell'hryvnia, la moneta locale. Una soluzione che però non piacerà molto a Mosca, presente sul territorio con numerose banche e con altrettanti gasdotti. L'esito potrebbe però piacere alla Gazprom, con cui l'ucraina Naftogaz ha un debito di 1.64 miliardi di dollari, che rischierebbero di volatilizzarsi in caso di bancarotta nazionale.

Il legame tra Russia e Ucraina, già si sapeva, passa soprattutto dal gas: Kiev, oltre a rappresentare il punto di transito privilegiato dell'energia estratta in Russia, trae dalle riserve della Federazione il 60% del proprio fabbisogno. Lo scorso dicembre il Cremlino, in cambio della fedeltà di Yanukovich e del suo abbandono dei progetti filo-europei, ha tagliato di un terzo il prezzo del gas: dai 400 $ che Kiev pagava ogni 1.000 metri cubi di gas dal 2009, ai 268 $ che paga attualmente. Al tempo stesso anche il legame energetico tra Russia, tramite Ucraina e Gazprom, ed Unione Europea è molto stretto: l'azienda ha esportato 162 miliardi di metri cubi di gas nel vecchio continente lo scorso anno. Oltre un quarto del gas consumato in Italia passa per l'Ucraina, anche se stando a Matteo Verda, ricercatore associato dell'ISPI, il rischio di interruzione del flusso è molto basso, anche per la diversificazione del sistema italiano che ha canali aperti anche in Nord Africa. Insomma, che tutto si sistemi in Ucraina è nell'interesse sia di Kiev che di Gazprom, quindi di Mosca, perché stando a sentire Slava Smolyaninov, chief strategist della banca Uralsib "se l'Ucraina dovesse interrompere il flusso del gas si tirerebbe la zappa sui piedi" e al tempo stesso "è tutto nell'interesse di Gazprom assicurare che tutto fili liscio". Anche perché, a giudicare dagli ultimi incontri del presidente della compagnia Alexei Miller, i legami economici con l'Europa e i partner sono sempre più stretti.

Infatti a margine delle Olimpiadi Miller ha incontrato a Sochi il CEO della Shell, Ben van Buerden, con cui ha firmato un accordo per la produzione di gas naturale con il progetto "Sakhalin II". Gestito dalla compagnia Sakhalin Energy, il cui 50% della proprietà è di Gazprom, il 27.5% di Shell, il resto in mano a partner asiatici, il progetto è basato sull'omonima isola russa a nord del Giappone. Le stime iniziali parlavano di un deposito di 563 miliardi di metri cubi, ma ora il volume totale è salito a 682 miliardi, il che ha permesso nel 2013 l'estrazione di quasi 11 milioni di tonnellate di gas naturale liquido e di 5.4 milioni di tonnellate di petrolio. A Sochi Miller ha fatto un altro incontro, non fortuito: trattasi di Dusan Bajatovic, Direttore Generale della compagnia serba Srbijagas, con cui ha fatto il punto della situazione nella costruzione, già a buon punto, del gasdotto South Stream.

Il faraonico progetto dovrebbe portare il gas direttamente dalla Russia in EU attraverso il Mar Nero e via Bulgaria e Balcani, senza alcun tramite extracomunitario, arrivando in Austria e in Puglia. Proprio la Serbia, storicamente protetta dal Cremlino, ma recentemente molto vicina all'UE, dà grandi soddisfazioni a Miller, visto che la sezione serba del gasdotto, cominciata a fine 2013, dovrebbe essere ultimata l'anno prossimo. Insomma, da un'eventuale escalation della situazione in Ucraina hanno da perderci tutti, in termini economici: dall'Ucraina stessa, alla Russia, fino all'Unione Europea. Ma soprattutto ha da perderci Gazprom, a cui conviene che in Crimea non ci sia nemmeno uno starnuto.