Smart working grande

Alla fine degli anni '90 in Italia viene introdotto il telelavoro, ovvero "la prestazione di lavoro eseguita in qualsiasi luogo, ritenuto idoneo, situato al di fuori della sede lavorativa, e resa possibile attraverso l’utilizzo di tecnologie dell’informazione e della comunicazione", con la legge 16 giugno 1998 n. 191  volta a “razionalizzare l'organizzazione del lavoro e di realizzare economie di gestione attraverso l'impiego flessibile delle risorse umane”, la cui regolamentazione è contenuta nel DPR 8 marzo 1999 n. 70. La disciplina si riferisce esclusivamente al settore pubblico. Per il settore privato occorre attendere l'accordo interconfederale del 9 giugno 2004 che costituisce l'attuazione, ex art. 139, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità Europea, dell'accordo quadro europeo sul telelavoro stipulato a Bruxelles il 16 luglio 2002 tra UNICE/UEAPME, CEEP e CES.

Telelavoro e smart working (definito anche come "lavoro agile") non sono sinonimi nonostante oggi i due termini possano sembrare intercambiabili e talvolta lo smart working resta di fatto lavoro da remoto, principalmente da casa, con orari definiti.

Il lavoro agile è una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa” ed è stato disciplinato dalla legge 22 maggio 2017 n. 81.

Alcune grandi aziende private hanno cominciato ad adottare il lavoro agile già dal 2018, con alcuni progetti pilota, ma la diffusione di questa modalità di lavoro è riconducibile alla situazione emergenziale determinata dalla pandemia Covid-19, che con il Decreto Cura Italia (decreto legge 17 marzo 2020 n. 18) ha reso obbligatoria questa modalità ove possibile a prescindere dagli accordi normativi preesistenti . Il ricorso allo smart working obbligatorio è stato poi prorogato più volte fino al 31 luglio 2021 (decreto legge 22 aprile 2021 n. 52).

L’accesso allo smart working nel settore privato, non più obbligatorio ma facilitato, è stato consentito in modalità semplificata inizialmente fino al termine dello stato di emergenza nazionale, ossia il 31 marzo 2022, poi allungato prima sino al 31 agosto 2022 dal Decreto Riaperture (decreto legge 24 marzo 2022 n. 24) e poi fino al 31 dicembre 2022 con il Decreto Aiuti Bis (decreto legge 9 agosto 2022 n. 115) convertito con modificazioni dalla L. 21 settembre 2022 n. 142).

Lo smart working indubbiamente presenta vantaggi sia per i dipendenti che per le aziende, come evidenziato anche da recenti sudi tra i quali uno promosso da Marketers e uno dall'università di Bologna. Un aspetto molto rilevante è la maggiore conciliazione vita - lavoro (c.d. work - life balance), in particolare per le lavoratrici madri, accompagnato dall'eliminazione o riduzione degli spostamenti casa - lavoro e dei relativi tempi mentre tra gli svantaggi viene evidenziato il rischio di isolamento sociale.

Per le aziende questa nuova modalità determina sicuramente un risparmio dei costi, con un contributo anche in termini di sostenibilità ambientale, e favorisce una ottimizzazione degli spazi nonché una riorganizzazione del lavoro più flessibile ed efficiente con un conseguente aumento della produttività nel 66% dei casi.. Complessivamente le aziende che adottano lo smart working anche fuori da un contesto emergenziale risultano essere più attrattive sul mercato del lavoro. Lo smart working si è rivelato vantaggioso in particolare per le donne (ne scrivevo qui).

Oltre allo smart working, ormai abbastanza diffuso in Italia in tutte le grandi aziende, alcune realtà stanno introducendo la settimana corta secondo diverse, tra le quali cito a titolo di esempio lo smart working energetico di Generali (in aggiunta allo smart working al 60% già in essere) che prevede la chiusura delle sedi il venerdì, i 4,5 giorni settimanali di Mondelez Italia e l'orario ridotto a 36 ore su 4 giorni di Intesa Sanpaolo.