Italia: il paese del non-lavoro
Innovazione e mercato
I numeri del mercato del lavoro diramati da ISTAT ieri segnalano un nuovo aumento consistente della disoccupazione giovanile. Il tasso di disoccupazione è pari, per la fascia di età tra i 15 e i 24 anni della forza-lavoro, al 44.2% e fa segnare uno dei picchi più alti di sempre. Il tasso di occupazione, ovvero la proporzione della classe di età che lavora, è un misero 14.5%: la transizione fra scuola e lavoro è a tutti gli effetti diventata un muro invalicabile. Si studia, si tenta forse di proseguire con corso di laurea, ma il lavoro lo si destina all'inizio della trentina.
Sebbene un simile trend sia in atto da tempo negli US e in altri paesi OCSE, la peculiarità italiana sta soprattutto nella scarsa incidenza di lavoro fra i 20-29enni. Il Jobs Act, o meglio gli incentivi che ad esso si accompagnavano, ha dato un piccolo boost positivo al livello di occupazione totale, rivelatosi momentaneo come si evince dal secondo grafico, in assenza di una robusta crescita nella domanda di lavoro.
a sinistra: tasso di disoccupazione tra i 15 e i 24 anni. A destra: tasso di disoccupazione totale (dati Eurostat)
Purtroppo il mix di politica fiscale scelto nel 2014 non è stato dei migliori. Laddove la nostra economia necessitava di maggiori investimenti, pubblici ma soprattutto privati, si è scelta la strada di un bonus in busta paga - i famosi 80 euro - che ha aumentato solo momentaneamente il livello del reddito disponibile delle famiglie italiane, senza alterarne la crescita attesa di medio periodo. Anche gli incentivi generosi alle assunzioni, forse troppo estesi nel tempo, limitati ai nuovi contratti stipulati, portano con sé, inevitabilmente, una distorsione di breve termine, che causa un primo andamento positivo nel livello di occupazione, che in assenza di una ripresa negli investimenti resta però contrita nella sua scarsa dinamica di fondo. Per questo oggi l'occupazione torna a scendere e la disoccupazione a salire.
Un anno di politica economica si è, in pratica, rivelato inefficace, mentre gli altri paesi europei in grave crisi hanno iniziato a sperimentare da tempo una consistente decrescita nei loro tassi di disoccupazione. Il primo grafico mostra come l'Italia si sia attardata nel 2012 nei confronti dell'Irlanda, quando le curve dei tassi di disoccupazione giovanili dei due paesi hanno iniziato a divergere. Poi nel 2013 il ritardo inizia a palesarsi nei confronti di Spagna e Portogallo, paese che ha ora un tasso di disoccupazione giovanile più basso del nostro destinato ulteriormente a migliorare, restando nonostante tutto mostruosamente alto. Presto vedrete che la Spagna avrà un tasso di disoccupazione giovanile più basso di quello italiano, se le cose resteranno inalterate.
Vogliamo davvero detenere ancora a lungo, assieme alla Grecia, il record del non-lavoro giovanile? La politica fiscale annunciata dal Governo prevede un mix di tagli alle tasse, su basi imponibili molto differenti fra loro. Ci si augura che il team di economisti che programma la politica economica scelga come prioritari i tagli alle tasse che avranno un effetto più importante su investimenti e occupazione. Se ci ritroveremo, per esempio, con un taglio per il 2016 sulle tasse sulla casa, il cui effetto sull'occupazione è empiricamente quasi inesistente, ci sarebbe da dubitare che si è compresa la lezione amara di questo ultimo anno di tiepida ripresa, e il rischio di ulteriori ritardi sulla tabella della crescita aumenterebbe significativamente.