A lungo mi sono chiesto quale linea tenere nel commentare le notizie sulla pandemia. Chi giudicare colpevole e chi innocente, contro chi infuriarmi, chi accusare di ingiustizia, da chi sentirmi preso in giro. Di chi denunciare l'ignoranza, il menefreghismo o la miopia. Per quali sbagli e valutazioni errate prendermela con me stesso.

Alla fine la risposta me l'ha data papa Bergoglio, che per venerdì 27 marzo ha convocato una veglia di preghiera telematica promettendo a chi parteciperà (audite audite) l'indulgenza plenaria.

Certo, oggi non sono in molti a preoccuparsi delle pene dell'aldilà. Ma il disastro collettivo che abbiamo combinato man mano che avanzava il coronavirus ci rende un po' tutti bisognosi di perdono.

Alzi la mano chi non ha commesso errori. Alzi la mano chi non è stato preso alla sprovvista. La verità è che nessuno, o quasi, era davvero pronto ad accettare che una cosa del genere stesse succedendo, che stesse succedendo proprio nel 2020 e che stesse succedendo proprio in casa sua.

Mi sono divertito, quindi, a immaginare un grande raduno universale dove ciascuno possa chiedere perdono per i propri errori, quei piccoli e grandi errori che hanno spianato la strada a Covid-19.

Perdono per il regime cinese, che per due settimane ha tenuto nascosta l'esistenza del virus temendo di guastare il suo congresso di Wuhan e le feste di capodanno, e tuttora non dà informazioni precise e trasparenti sull'evolversi dell'epidemia.

Perdono per i governanti occidentali, che hanno rimandato il rimandabile fino all'ultimo, "Milano non si ferma", "Non ci toglieranno i nostri teatri", "solo Codogno", "anzi solo la zona rossa", "anzi tutta Italia", "anzi neanche nei parchi", arrivandoci sempre per contrarietà.

Perdono per le nazioni europee che hanno provato a tenersi le scorte di farmaci e di materiali sanitari, finché la Commissione non le ha costrette a cedere. Perdono per la Commissione che ci ha messo più di un mese a rendersi conto che doveva intervenire.

Perdono per Christine Lagarde che ha scelto le sue parole chiedendosi ancora come blandire gli italiani senza contrariare i tedeschi, quando avrebbe dovuto sceglierle chiedendosi come fermare una crisi globale.

Perdono per i nostri eroici compatrioti che dalle zone contagiate sono scappati a sciare, hanno preso d'assalto le stazioni per tornare giù da mamma o si sono ammassati nei supermercati per fare scorte. Che un mese fa prendevano a sassate i cinesi e ora gli leccano i piedi in ipersalivazione.

Perdono per Conte che emana i decreti e manda l'esercito almeno 24 ore dopo la diretta in cui ha già seminato il panico.

Perdono per gli ambientalisti che "la Terra respira" e "abbiamo interrotto lo stress della vita moderna", mentre i loro vicini di casa si chiedono come sfameranno i propri figli tra un mese. Senza neanche essersi dati la pena di controllare prima se il blocco totale del traffico abbia ridotto davvero l'inquinamento (e pare che la risposta sia ni).

Perdono per chi ha perso le staffe quando ha saputo della chiusura delle fabbriche o dell'obbligo di autocertificazione. Perdono per chi ha inondato i social di post nazionalisti demenziali che riducono l'Italia a gioconda & tortellini. Perdono per le ragazze avvenenti che hanno fatto la challenge "Siamo le prime a doverci accettare", con l’effetto che potete immaginare sulle meno avvenenti. Perdono per quei pagliacci sanguinari degli ayatollah, per gli hacker russi che hanno dato da bere a mezzo mondo che in Russia non ci fosse il virus, per chi ha anche solo pensato di mettere piede in Africa decollando da un paese infetto.

Ogni colpa è perdonata, concentriamoci sul domani. Cos'è che adesso sappiamo tutti, non più solo gli specialisti?

Sappiamo che le pandemie saranno parte integrante del paesaggio del 21° secolo. Già questo coronavirus potrebbe ritornare nel prossimo inverno, e anzi, ringraziamo che la nostra prima esperienza con le pandemie sia stata questa e non una meningite antibioticoresistente dieci volte più letale.

Ma sappiamo anche che le pandemie non potranno costringerci ogni volta a calare la saracinesca dell'economia mondiale. Un modello alternativo di reazione si deve predisporre.

A tale proposito, adesso sappiamo che serve una governance mondiale vera (qualcuno ha visto l'Onu?) o come minimo una governance europea con poteri non solo simbolici. Ah, sappiamo anche che l'Unione Europea deve emettere titoli di stato comuni e inventarsi qualcosa di più moderno del "patto di stabilità".

Sappiamo che sia il culto dello stato sovrano che il culto del mercato globale saranno disertati da un numero sempre maggiore di agnostici.

Sappiamo che va dichiarata guerra totale alle polveri sottili. Casa per casa, caldaia per caldaia, tegola solare per tegola solare. Una popolazione piena di malattie respiratorie è troppo vulnerabile per i tempi in cui viviamo, e non ce la possiamo più permettere.

Accidentalmente, gli interventi per ridurre le polveri sottili sono quasi sempre utili anche a ridurre la CO2, contro la quale, ormai si è capito, la guerra nessuno la dichiarerà mai.

E infine sappiamo che si può lavorare da casa. E poter lavorare da casa anche solo due giorni a settimana significa ridurre le file in automobile, quindi rendere più appetibile la vita in provincia, quindi tenere in vita più centri abitati e più presidi sanitari, che tornano utili durante le emergenze.

Di lavoro da fare ce n'è tanto, in Italia e non solo. Per questo è l'ora di guardare avanti.