Di Gregorio gargoyle

In una lettera a Repubblica - titolata con cupa ironia dal desk del quotidiano "La democrazia integrale" (il richiamo a "integralista" è abbastanza evidente) - in risposta a un editoriale di Michele Ainis, il ministro per le Riforme e i Rapporti col Parlamento Riccardo Fraccaro espone le sue idee sulla "democrazia diretta".

Nel suo commento Ainis evidenzia come il programma all'insegna della "democrazia diretta" di Fraccaro rappresenti un ossimoro: un'azione ministeriale che punta ad abolire il governo rappresentativo, e a sostituirlo con le "decisioni dirette del popolo". Risponde Fraccaro: "l'unico ossimoro riguarda una democrazia che non rispetta la volontà dei cittadini espressa con referendum".

Una postilla al commento di Ainis, rivolta al ministro della democrazia diretta. Si può discutere quanto si vuole di tecnicismi e di ricette per coinvolgere di più i cittadini nel processo decisionale. Ma l'ossimoro, nell'ideologia pentastellata, sta proprio nell'espressione "democrazia diretta". La democrazia assembleare rappresentativa e il potere esercitato provvisoriamente, nel quadro del mandato costituzionale, sono incompatibili con l'idea di potere esercitato direttamente dal popolo.

Il ministro Fraccaro è forse inconsapevole - il che è forse più preoccupante di una consapevolezza - delle implicazioni delle sue idee: conducono direttamente al totalitarismo. La democrazia rappresentativa poggia su una considerazione di fondo: il "popolo" come entità e intelligenza collettiva, e quindi per definizione infallibile nel prendere decisioni, non esiste. È una bufala astratta partorita dalle menti malate di alcuni padri dei sistemi politici autoritari, da Rousseau a Hegel, che grazie a brillanti tecniche di propaganda (Casaleggio e Casalino sono solo l'ultimo esempio di una lunga tradizione di imprenditoria del marketing populista) ha avuto straordinario successo.

La comunità reale dei cittadini è invece una pluralità di individui e di organizzazioni con idee, interessi e finalità diverse e talvolta in contrasto tra loro. Come si può evitare che queste divergenze esplodano in conflitti violenti? Le democrazie costituzionali rappresentative cercano di risolvere proprio questo problema: sono "tecnologie" giuridiche e istituzionali che attribuiscono ad alcune persone il mandato di prendere decisioni che riguardano l'intera comunità, compresi coloro che sono in aperto dissenso e contrasto di interessi con loro, impedendo - con pesi e contrappesi istituzionali e assoggettandole ai vincoli costituzionali - che prendano il potere in via definitiva e lo possano esercitare su tutti gli altri cittadini in modo arbitrario e violento.

La democrazia rappresentativa è dunque una competizione non violenta e ad evidenza pubblica per assegnare ad alcuni individui il potere, e per limitarne l'esercizio, non per consentire al "popolo" di decidere da sé. Le ideologie che dichiarano di voler abolire questo sistema e sostituirlo con la "democrazia diretta", sono delle truffe politiche ai danni dei cittadini. I soggetti politici che propongono queste ideologie e si spacciano per "espressione diretta dei cittadini" sono in realtà organizzazioni di persone che perseguono cinicamente l'obiettivo eversivo di neutralizzare qualsiasi avversario politico, delegittimandolo e dipingendolo come "nemico del popolo" e di abrogare, nei fatti, le procedure di garanzia che consentono l'assegnazione provvisoria del potere e il suo esercizio "vincolato".

In queste organizzazioni non vi può essere spazio per una pluralità trasparente di posizioni. Le decisioni non possono essere il risultato di un dibattito interno democratico e aperto ai cittadini, in quanto questo mostrerebbe che le decisioni del "partito espressione del popolo", esprimono in realtà solo gli orientamenti di una maggioranza di individui che hanno prevalso sugli altri, e non il prodotto della presunta "intelligenza collettiva". L'impostura ai danni dei cittadini di queste organizzazioni consiste proprio nel far loro credere - magari attraverso procedure manipolate di "ratifica" da parte degli attivisti su opache piattaforme online di proprietà privata - che le idee del partito sono espressione della volontà popolare, quando invece sono il prodotto delle idee e delle strategie di una cerchia ristretta di persone al vertice.

Un'altra caratteristica che contraddistingue il sistema democratico rappresentativo - e ne è forse l'aspetto cruciale - è la responsabilizzazione di chi ottiene il potere. Eleggere i decisori pubblici significa investirli di precise responsabilità personali in materie di interesse collettivo, ad esempio fiscali, o pertinenti l'amministrazione della giustizia, la sicurezza, la difesa, la sanità. Le iniziative dei membri del governo possono essere così sottoposte senza ambiguità al controllo e alle verifiche degli altri poteri dello Stato (legislativo, giudiziario), della stampa e del dibattito pubblico. Infine i delegati al potere possono essere "cacciati" dagli elettori, che non ne approvano le scelte.

È per salvaguardare questo aspetto che le costituzioni liberali - tra cui quella italiana - disciplinano con molta attenzione gli strumenti di coinvolgimento diretto dei cittadini nei processi decisionali, come il referendum, che il ministro Fraccaro vorrebbe mettere al centro delle funzionamento dello Stato nella Terza Repubblica. Non a caso il referendum è previsto solo per obiettivi e circostanze specifiche - abrogativo, costituzionale, territoriale - e prevede procedure "difficili" per la sua esecuzione: raccolte firme, quorum. Queste regole servono per disincentivare un uso irresponsabile di questo istituto: "irresponsabile" nel senso letterale del termine, ovvero la sua evoluzione in strumento nelle mani dei titolari del potere per liberarsi delle proprie responsabilità personali e scaricarle sul generico "popolo", magari ridotto a un'esigua minoranza di seguaci, dopo l'abolizione del quorum referendario.

Questo rischio non è tuttavia contemplato, evidentemente, da chi ritiene di essere espressione della "volontà collettiva del popolo". Nell'allucinante ideologia pentastellata, il referendum senza quorum è l'attuazione concreta dell'enunciato costituzionale per cui "la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". A condizione ovviamente che si accetti che l'unica espressione politica legittima del popolo è il Movimento 5 Stelle, e le decisioni del popolo siano quelle stabilite dai vertici del Movimento e negli uffici della Casaleggio & Associati.

@stefanomaturin