Aula montecitorio

Nessuna lista, o coalizione di liste, raggiungerà verosimilmente alle prossime politiche la maggioranza assoluta dei seggi. Il giorno delle elezioni non avremo un vincitore, o ne avremo come al solito tanti. Non avremo una maggioranza, sebbene forse quella maggioranza l’abbiamo già. Una maggioranza però non corrispondente a nessuna delle coalizioni che avremo conosciuto in campagna elettorale. Nessun candidato insomma potrà mai realizzare il “programma” di lista o coalizione sul quale ci chiederà i voti. Non fare programmi da parte delle liste/coalizioni candidate, alle condizione date, sarebbe più onesto.

Questo risultato è voluto. Per avere certezza che il giorno dopo le elezioni il risultato sia esattamente così, Pd, Forza Italia, Lega e il micro-partito di Alfano si son messi d’accordo a legislatura praticamente finita per una legge elettorale scolpita attorno ad un cardine preciso: consentire ai non vincenti di acquisire comunque il controllo del potere, pre-spartendoselo. Il Rosatellum bis, il testo approvato alla Camera in Commissione Affari Istituzionali e ora destinato alla discussione in aula, è la legge elettorale perfetta a garantire al calante Renzi, al Berlusconi crescente ma soccombente su Salvini, alla flessibile e longeva stampella Alfano di continuare nel gioco mai interrotto di stare al potere senza un perché.

Una legge così oltretutto è perfetta anche per il MoVimento. I 5 Stelle hanno votato contro. E particolarmente aggressiva è stata la loro opposizione rispetto al numero di firme da raccogliere per consentire ad una lista non già rappresentata in Parlamento di concorrere alla competizione elettorale. Il Rosatellum ne prevedeva inizialmente una quota impossibile, ridotta last minute per preservare un barlume almeno di praticabilità. I grillini avrebbero preferito una barriera insormontabile all’accesso per chiunque potesse in qualche modo rappresentare una forza politica nuova, dunque per loro minacciosa, e così garantire a sé stessi un’altra legislatura come l’attuale, l’habitat ideale per continuare a rappresentarsi in piazza come gli incontaminati dal potere. Prima forza politica in Parlamento - stando ai sondaggi - ma senza alcun rischio di dover governare.

Ad un paio di mesi dalle elezioni, in un paese democratico non si cambiano le regole della competizione elettorale. Lo esclude espressamente il Codice di buona condotta in materia elettorale adottato dal Consiglio d’Europa e sottoscritto dall’Italia (Commissione di Venezia, 2002). In Italia ciononostante si fa. Ad ogni legislatura le forze politiche rappresentate in Parlamento decidono sistematicamente di impedire a tutte le altre forze politiche non presenti in Parlamento di poter anche loro concorrere con le proprie idee, proposte e obiettivi politici alla rappresentanza degli elettori.

Chi è già dentro fa in modo di restarci e di impedire a chi è fuori di entrarci. E’ la casta che si garantisce perpetuità. I grillini l’hanno capito e non a caso hanno cambiato idea rispetto a quando erano ancora tra quelli che, per candidarsi, dovevano mobilitare in pochi mesi risorse economiche, persone, moduli vidimati, permessi di occupazione del suolo pubblico e tavoli di raccolta firme, certificazioni elettorali di ogni singola firma - in formato cartaceo - e tanti autenticatori da pagare ad ore: la trafila (a)normale in Italia, per presentare una lista elettorale, in ciascun collegio, per una forza non rappresentata in Parlamento è questa.

I Radicali denunciano da tempo l’impraticabilità democratica effettiva nel nostro paese e propongono misure di buon senso, una riduzione ragionevole delle vessazioni burocratiche, un’estensione della platea degli autenticatori, la possibilità di raccogliere le sottoscrizioni online (come già previsto ad esempio nello Statuto del Comune di Milano per i referendum e le iniziative popolari di ambito locale). Nessuna di queste proposte è stata accolta dai partiti che ci rappresentano nel Parlamento in carica. Quindi chiunque non sia miliardario o generosamente sponsorizzato, pur avendo radicamento, iniziativa, proposta, non ha alcuna chance di accedere alla partecipazione democratica nazionale.

In primavera, stremati da una campagna elettorale che si preannuncia - come consuetudine - cialtrona, confusi dalle implicazioni del nostro voto su una scheda ambigua e composita, di impossibile interpretazione, forse ci chiederemo se il nostro voto ha ancora senso. La risposta possiamo coltivarla sin d’ora e magari contribuire ad orientarne il segno. La legge è ancora in discussione. Si è ancora in tempo a convincere i parlamentari e le forze politiche che hanno partorito l’accordo che l’illusione di vincere li travolgerà, e con loro ogni residuo anche formale di democrazia.

@kuliscioff