logo editorialeMatteo Renzi ha raccolto Berlusconi già mummia, calmino calmino se l’è portato in trofeo al Nazareno per poi sereno passare all’incasso. I grillini ci sono cascati e per mesi hanno creduto che le riforme che avrebbero definito le “regole del gioco” dei prossimi campionati, Renzi le avrebbe decise davvero col Caimano, uno che nei prossimi campionati non avrà nemmeno un posto in tribuna vip.

E, sia detto con rammarico, un’opposizione senza speranze è una pessima cosa. E abbiamo visto quanto pessima proprio nel ventennio pre-renziano, quando l’opposizione a Berlusconi si contorceva tutta attorno alla negazione filosofica del nostro dalla dimensione del possibile. Renzi ha capitalizzato sulla opportunità non colta da quelli che avrebbero dovuto essere a suo tempo i ‘rottamatori’ del centrodestra e prima di loro, sull’opportunità non colta dai ‘padri fondatori’ di Forza Italia – abbandonatisi invece all’inevitabilità cesarista.

Non stiamo neppure a recriminare. La fine di Forza Italia è già nella sua genesi. La forzatura padronale, l’azienda ad amministratore unico che si fa partito, può reggere appunto come forzatura - spinta esogena alla start-up di un centro destra liberale europeo, altrimenti precluso in Italia dove ‘centro’ significava DC, ‘destra’ fascio, e ‘liberale’ non ha neanche mai significato niente.

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L’amministrazione unica offre i suoi vantaggi, soprattutto se illude di poter bastare a sé stessa. Questo, prima o poi, porta però alla paranoia. Dopo essersi dopati di assolutismo messianico è difficile staccare la visuale dallo specchietto retrovisore che rimanda in loop le immagini di una grandeur esistita solo nelle cronache del Mattinale. È fisiologico: è successo a Forza Italia quello che succede alle aziende che non sanno stanno stare sul mercato, ma che sanno invece prosperare bene sui deficit di mercato - è questo che ha fatto Berlusconi, da imprenditore televisivo e da politico.

La posta incassata da Matteo Renzi con l’investimento sulla mummificazione di Berlusconi sono i Cinque Stelle che si sporcano le mani, siedono al tavolo con gli zozzi, creano il precedente di una deroga – anche solo potenziale - al sommo pronunciamento della Rete, introducendo sostanzialmente il principio gerarchico nella discussione movimentista – nel senso che 1 parlamentare vale più di 1 iscritto. Il dibattito sulle proposte di Renzi lo faranno i parlamentari grillini che hanno lavorato al Democratellum, i politici diventati più bravi e più utili quando sono diventati più tecnici. Discutere con Renzi, giocare con lui ora la partita delle regole – condizionante e decisiva per quello che il MoVimento potrà vincere al prossimo campionato - lo fanno loro, i politici-tecnici, non la gggente.

Poi ok decide la Rete. Ma che ne sa la Rete della legge elettorale? Sa quello che le viene spiegato dai parlamentari del MoVimento che ci hanno lavorato dopo averne parlato con Renzi. A Renzi la gggente non dispiace per niente, né quella che non ha più Berlusconi né quella che con Grillo a Porta a Porta si è presa paura. I grillini hanno adesso una possibilità analoga a quella che hanno avuto gli avanguardisti della prima Forza Italia: rompere la ‘forzatura esogena’ del MoVimento messianico-padronale, e guidarne la trasformazione da bene a proprietario unico a public company ad azionariato diffuso, contendibile.

I ‘padri’ di Forza Italia abbandonarono la creatura in culla - per viltà, debolezza, opportunismo. E la creatura MoVimento farà la stessa fine se i ‘figli’ non sottrarranno la culla alla suicida rapacità genitoriale. Dopo la trattativa sulla legge elettorale, l’argomento 5 Stelle ‘noi non trattiamo con la casta’ è un argomento spuntato, kaputt. Se giocano bene, però, i grillini possono averne a disposizione uno ancora migliore: ‘abbiamo fatto la legge elettorale come la volevamo noi’. Questo li farebbe uscire dal tunnel dell’inconcludenza livorosa e sottrarrebbe a Renzi l’argomento 'sirene'. Anche a Renzi può però risultare conveniente poter dire ‘abbiamo fatto la legge elettorale come la volevano i grillini’ per sottrarre a loro l’argomento della diversità. Comunque lo si veda, lo scenario politico prospettico è indifferente a Berlusconi.

Renzi ha solo da guadagnare dal mollarlo, all’ultimo – stessa tattica usata con Cameron, che Renzi ha prima illuso di sostenere sul veto a Juncker per poi abbandonarlo e accordarsi con tutti gli altri su Juncker presidente e risultare il vincitore della partita. A Renzi conviene mollare Berlusconi e fare invece l’accordo con i grillini. Il referendum - cui la riforma sarebbe vincolata qualora non passasse con la maggioranza dei due terzi, per avere la quale sono necessari i voti di Forza Italia - più che una minaccia per Renzi è un’opportunità per avere l’investitura popolare definitiva. I tifosi di Berlusconi li ha già, la sfida per lui è prendere quelli dei grillini, quindi ovviamente è che con loro che deve giocare.

@kuliscioff