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In molti in Italia salutano con entusiasmo l'arrivo di Trump con il suo programma di ostilità dichiarata nei confronti della Unione Europea, il plauso alla Brexit e l'invito affinché altri paesi ne seguano l'esempio con la lusinga di accordi bilaterali. Poi il ripudio della Nato e l'accordo con la Russia, che scavalcherebbe l'Europa dal punto di vista della sicurezza. E a fare da corollario e da collante ideologico della "nuova" America il protezionismo programmatico e l'idea di sostituire regole e diritto internazionale con negoziati bilaterali tra potenze sovrane.

Nel complesso, quello che Trump annuncia è un sostanziale "congedo" dall'ordine politico occidentale, tutelato (a caro prezzo ma anche con importanti contropartite) dalla potenza americana dalla fine della Seconda guerra mondiale e una radicale marcia indietro da quel processo di integrazione economica internazionale - chiamata comunemente globalizzazione - che l'America ha voluto e guidato e non subito e seguito, dacché la fine della Guerra Fredda, l'evoluzione del regime cinese e la fine della minaccia comunista ha "scongelato" il sistema delle relazioni internazionali, non solo dal punto di vista politico e strategico ma anche economico e commerciale

Se la prossima amministrazione americana dovesse far seguire i fatti agli annunci, tra le tante conseguenze epocali, ce ne sarebbe per noi una di rilevante e immediato interesse domestico: il nostro Paese, per le sue caratteristiche e la vocazione del suo sistema produttivo, avrebbe più difficoltà di altri, ad esempio perché se per le grandi multinazionali o le grandi banche della City con le spalle larghe le cose alla fine cambierebbero poco, per le nostre piccole e medie imprese esportare - in un quadro non di regole stabilite, ma di accordi à la carte - diventerebbe sempre più complicato. Non solo negli Usa, ma anche in Europa, se un sistema di Brexit a cascata innalzasse anche dentro il nostro continente barriere "patriotticamente" protezioniste.

Trump ha ottenuto meno voti ma più grandi elettori di Hillary Clinton e sarà Presidente degli amati Stati Uniti. Non so se il suo disegno etnonazionalista e nativista si farà strada in un paese nato dall'esautoramento dei nativi ed esploso in un vitale crogiolo etnico e culturale. Un Paese - è bene ricordarlo - in cui i bianchi non ispanici nel giro di pochi decenni cesseranno di essere la maggioranza assoluta della popolazione e dell'elettorato. Non so se il suo protezionismo autarchico porterà infine benefici o costi netti ai contribuenti americani della evocatissima middle class. Ma il disegno di Trump si basa sulla potenza: il terzo paese più popoloso al mondo; la prima economia al mondo; l'esercito più costoso, più forte ed attrezzato del pianeta. Che si rilevi utile o dannoso per gli States, Trump ha un paese dalla spalle abbastanza larghe per permettersi anche questo azzardo e un sistema istituzionale in grado di arginarlo e di correggerlo nel giro di pochi anni.

Nessun paese europeo da solo, nemmeno il più popoloso e ricco, la Germania, potrà entrare in questo genere di partita, se non con un ruolo da comprimario. Sul commercio mondiale, sugli standard produttivi e ambientali, sulle regole dei mercati finanziari nel mondo dell'ognun per sé tutti gli stati europei sono destinati a soccombere. Con un'aggravante che va oltre la loro eventuale rinuncia a essere "potenza" tra le potenze, nell'unica forma possibile, che è quella rappresentata dall'Unione europea.

Il vento etno-nazionalista che soffia forte ed alimenta il fuoco sovranista sta già minando, infatti, non solo la tenuta dell'Ue, ma l'autorevolezza delle istanze sovranazionali e multilaterali. Un ordine mondiale, vecchio o nuovo che sia, basato su accordi temporanei di tipo economico o militare tra potenze, senza la cornice di un diritto internazionale, imperfetto quanto si vuole, che faccia da freno alle prepotenze sulle persone e sulle imprese peserà, questo sì, sulla sovranità e sulla libertà. Quello che trovo stonato nei proclami di tanti europei nazionalisti senza (adeguata) nazione, è che la sovranità che invocano sarebbe destinata ad essere una sovranità di cartapesta, finta. La sovranità vera, ma possibile in Europa è quella condivisa secondo regole ed istituzioni comuni.

A maggior ragione oggi, gli interessi degli italiani, dal punto di vista della sicurezza e dell'economia, saranno garantiti se l'Unione Europea sarà forte. I paesi europei che cedessero al nazionalismo avranno come più probabile destino quello di divenire blasonati ma irrilevanti vassalli dell'una o dell'altra "grande potenza". Se l'Unione si disgregasse, nel confronto economico e di sicurezza basato sulla logica del più forte, gli italiani sarebbero destinati a pagare il prezzo più alto. Per quello che l'Italia economicamente è e per dove l'Italia geograficamente sta, in un'Europa e in un Occidente polverizzato, per noi aumenterebbero solo i pericoli, non le opportunità.

Per questo la politica che fa meglio l'interesse degli italiani è quella per una Unione Europea più forte e capace di rispondere alla sfida lanciata da Trump con un ulteriore sforzo di coesione e di impegno comune.

@bendellavedova