hollande paris

“La società non esiste”. La nota battuta di Margaret Thatcher fornisce una prospettiva ragionevole in cui trovare rifugio dallo sgomento per gli attentati di Parigi del 13 novembre. Quelle parole non intendevano negare la cooperazione e il senso di appartenenza ad una comunità. Piuttosto, rigettavano l’idea totalitaria di società organizzata come una tribù, in cui il comportamento, fin nei gesti quotidiani, sono regolati da una rigida dottrina.

Una società di questo tipo è incompatibile con la libertà. Si fonda su presunti principi etici oggettivi, religiosi o laici, che non possono essere messi in discussione. Sono vietati i dubbi. Ha il pregio, per chi vi aderisce incondizionatamente, di garantire sicurezza e tranquillità. Il prezzo è però la rinuncia alla libertà, e l’abolizione della responsabilità individuale. Chi si limita ad eseguire ordini e regole non si considera per definizione responsabile delle loro conseguenze. Gli individui sono relegati al ruolo di burocrati della società perfetta, esecutori delle prescrizioni contenute in qualche libro sacro, o inventate da qualche profeta o leader carismatico.

Chi entra in un ristorante o in un teatro del centro di Parigi e ne stermina gli avventori, magari facendosi saltare in aria, non è un pazzo. E’ un funzionario entusiasta di un sistema totalitario, impegnato nello svolgere in modo efficiente le sue mansioni, e convinto di compiere il proprio dovere. I contenuti della dottrina che lo muove, sono, in fondo, irrilevanti. La stessa dinamica accomuna uomini di luoghi ed epoche diverse: dal jihadista parigino dell’Isis, al direttore del campo di sterminio nazista, al predicatore anabattista della Nuova Sion (Munster, 1534), al membro – è di attualità ricordarlo – del Comitato di Salute Pubblica custode dell’ortodossia rivoluzionaria nell’anno del terrore 1793.

L’alternativa al totalitarismo, dove gli uomini sono trasformati in ingranaggi di un disegno collettivo, è quell'idea di società che Popper chiamava aperta e Hayek libera: una comunità dove gli individui sono liberi di indagare la fondatezza di qualsiasi dogma, e perfino considerarlo irrilevante o ridicolo. Tolleranza e pluralismo tendono a manifestarsi spontaneamente in queste circostanze: chi dubita di solito accetta la possibilità di idee e scelte diverse, per quanto irritanti e distanti dalle sue, e preferisce la persuasione alla violenza. Per contro, non può eludere i rischi connessi alle sue indagini e azioni, né la responsabilità delle loro conseguenze.

La sfida lanciata dagli attentatori di Parigi non è tra Islam e occidente. Piuttosto, come ha sottolineato Domenico Quirico, è quella di una nuova forma di totalitarismo basato su una certa interpretazione dell’Islam (giusta per chi la sottoscrive, e quindi giusta come può esserlo qualsiasi dottrina religiosa) alla società libera sperimentata, pur in forma imperfetta e con molti limiti, nei paesi europei e negli Stati Uniti. Una società in cui molti mussulmani sono felici di vivere, professando pacificamente la loro fede. Come contrastare, per dirla con Popper, questo ennesimo episodio della "perenne rivolta contro la libertà", è un problema grave, per il quale ancora, sembra, non è stata trovata una risposta politica e culturale efficace.