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La responsabilità di un credito sbagliato è di chi lo eroga, non di chi non lo ripaga. Di più, la responsabilità del dissesto di un istituto di credito, così come quello di qualsiasi altra impresa, è dei suoi amministratori. E il fatto che in molti casi crediti importanti siano stati erogati con leggerezza, secondo una logica clientelare, costituisce un’aggravante, non un’attenuante per chi lo ha erogato.

L’idea del presidente dell’ABI Patuelli di rendere noti all'opinione pubblica i nomi dei primi cento debitori insolventi del Monte dei Paschi di Siena, ventilando l'ipotesi che dietro i crediti deteriorati che hanno portato al dissesto la terza banca italiana possa esservi il mendacio bancario, ovvero un raggiro ai danni della banca, è surreale tanto perché sembra ignorare il contesto nel quale è maturata la crisi del Monte, quanto perché è esplicitamente assolutoria nei confronti dei suoi amministratori. Peraltro gli elementi per giudicare l’eventualità di simili reati possono (devono) essere forniti alla magistratura.

E poi, sicuri che una volta noti i nomi dei primi cento insolventi (e perché non i secondi cento? O i terzi? Perché non tutti, già che ci siamo?) avremmo un quadro approssimativamente attendibile dei beneficiari della cattiva gestione del Monte? E gli incagli, ovvero quelle posizioni che ancora non sono classificate come sofferenze ma potrebbero a breve diventarlo? E i crediti ristrutturati? Siamo sicuri che molti di quelli che hanno potuto rinegoziare la loro posizione non lo abbiano fatto grazie a favoritismi, appesantendo la posizione di altri, meno ammanicati, che oggi compaiono sulla lista?

Dietro la crisi del Monte de Paschi di Siena e le difficoltà del sistema bancario italiano c’è la gestione politica del credito attraverso il sistema delle fondazioni bancarie. La missione istituzionale degli enti che possiedono le banche italiane e ne nominano gli amministratori è da sempre quella di sfuggire alle logiche di mercato che imporrebbero di selezionare con rigore chi è meritevole di beneficiare di un credito. Nulla di nuovo, e in fondo nulla di sorprendente che a Siena sia andata a finire così. Ma è la riforma di questo sistema la strada per evitare nuovi casi MPS, non la "lista di quelli a cui non bisogna prestare soldi la prossima volta".

Ogni tanto il dibattito pubblico italiano scopre, con fragorose cadute dal pero, il capitalismo di relazione e gli effetti perversi che produce nel tessuto economico e imprenditoriale del nostro paese. Ma additare al pubblico ludibrio, perché di questo si sta parlando, i componenti di questo nuova e prestigioso “registro dei protesti” non aggiungerebbe nulla all’individuazione delle responsabilità - penali e civili, ma anche politiche - del sistema di relazioni su cui si sorregge ancora oggi il credito in Italia.

E infatti, mentre siamo qui a salivare in attesa della lista dei cento nomi sui quali rivolgere attenzione e rabbia, il presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati Francesco Boccia- che aveva giudicato condivisibile la proposta di Patuelli - denuncia fantomatici complotti per portare Unicredit in Francia e così (letterale) "assicurare il controllo su Generali e aumentare la presa in Mediobanca”. Magari arrivassero nuovi capitali, anche stranieri, a sottrarre il sistema del credito italiano alle logiche che lo hanno governato finora

Invece no! l salotti buoni non si toccano, sono roba nostra, si cacci lo straniero! MPS è stato solo un incidente di percorso, i suoi amministratori sono stati raggirati, poverini, ecco a voi cento colpevoli da sbranare. L’importante è che si possa ricominciare come prima, il prima possibile.

@giordanomasini