autostrada

Lo ammetto, il 23 dicembre scorso ero in coda sulla Autosole il giorno della inaugurazione della Variante di Valico tra Firenze e Bologna. Ero in coda e ho potuto riflettere, non pacatissimamente, su come un servizio in monopolio ti trasforma da cittadino a utente, da portatore di libertà a suddito passivo.

Il Presidente del Consiglio, dal tocco magico decisamente appannato, invece di rottamare qualcuno come avrei sperato, ha dichiarato che il 23 dicembre le code su quel tratto sono la regola; il Presidente della società Autostrade per l’Italia di rincalzo ha candidamente affermato in diretta che ci si voleva fare un regalo di Natale. Mentre le Caste di Toscana ed Emilia sedevano sorridenti e plaudenti, paludate nelle grisaglie di servizio davanti ai Presidenti, noi, fermi sull’Appennino, ci chiedevamo perché, dopo più di trent'anni di gestazione, non si fosse speso qualche giorno per simulare l’impatto di un taglio del nastro sulla circolazione del 23 dicembre; perché, pur conoscendo sia la data del Natale che quella dell'inaugurazione, nei giorni precedenti non siano stati emessi avvisi; perché, dopo questa tremenda dimostrazione di inefficienza e di leggerezza, il Presidente di Autostrade per l’Italia non solo non fosse stato rottamato, ma anzi fosse innalzato ad esempio di chi non si arrende e in Italia fa. Solo all’ultimo mi sono chiesto perché avevano scelto una data a tre giorni dal Natale, ma dopotutto era il problema minore: a essere capaci e rispettosi della vita altrui potevano inaugurare senza intoppi anche un venerdì 31 luglio.

Poi a Capodanno spunta l’aumento delle tariffe autostradali e quello dei trasporti ferroviari e ti chiedi: ma come è possibile, siamo in piena deflazione, Draghi si lancia nel Quantitative Easing per rialzare l’inflazione e qui l’unica cosa che aumenta sono le tariffe per i sudditi utenti, perché i prezzi per i cittadini clienti determinati dal mercato sono tutti gelati. Solo chi è protetto dalla concorrenza può combinare un reciproco regalo di Natale col Governo, presieduto da colui per il quale il 23 dicembre la coda è normale: bisogna temerli questi scambi di auguri tra le grisaglie, anche quelle col pantalone sbarazzinamente corto.

Gli aumenti tariffari sono sempre percepiti male e digeriti in fretta. Quest’anno, ad esempio, non ci renderemo neanche conto del canone televisivo, perché la Rai non sarà più costretta ad una campagna di advertising invernale per convincerci a pagarlo: comodamente lo dimenticheremo all’interno di un’altra bolletta, quella elettrica, che anche qui a tariffe non si sbaglia: leggetela una bolletta, se siete capaci. Per non parlare della benzina e del gasolio, dove siamo tutti felici del calo dei “prezzi” (parolona) non rendendoci conto che l’incidenza dei balzelli ne limita pesantemente l’aggiustamento.

In sintesi, siamo circondati da tariffe, oneri nascosti che nascondono inefficienze e piccoli privilegi, colpi di mano dei Comuni, furbate per far quadrare il preventivo; ne siamo soggetti passivi senza alcuna possibilità di esercitare una scelta o tutelarci almeno sulla qualità del servizio. Quanto valgono? Mah, la contabilità nazionale ti dice che la ricchezza prodotta in regime di monopolio, oligopolio o tariffa amministrata vale circa il 25% del Pil, ed è una enormità, perché il peso sul nostro portafoglio sta divenendo insostenibile.

Questo è il punto: vale per le aziende, vale per i cittadini, il peso degli oneri indiretti del cattivo governo, siano essi i balzelli ma soprattutto le tariffe dei monopoli, poteva essere “dimenticato” nel nostro bilancio familiare o aziendale quando le cose andavano bene. Oggi contribuisce pesantemente a farci sentire più poveri nonostante i nostri sforzi per non esserlo. Mentre il reddito familiare e il profitto degli investimenti calava con i conosciuti riflessi sul nostro potere di acquisto, tariffe e annessi sono cresciute senza che nessuno le intercettasse e valgono erga omnes, che tu stia a Torino ed abbia un PIL pro capite di 32.000 euro o che tu viva a Palermo con 17.000.

A forza di regali tra le grisaglie, di Natale ma anche pasquali e perché no, ferragostani, noi oggi percepiamo quegli aumenti come odiosi, come una intromissione nella nostra vita dalla quale non possiamo difenderci e come un autentico strumento di impoverimento. Andavo a Firenze per accompagnare i miei figli alla mostra di Palazzo Strozzi con l’idea di fare un salto anche al nuovo museo dell’Opera del Duomo. Ho provato a comprare i biglietti del treno e sono scappato inorridito perché guardacaso quelli in classe economica erano tutti esauriti e “l’investimento” per due ore di treno per mezza famiglia si aggirava sui 450 euro. Per quello ho preso l’auto, non per non mancare l’inaugurazione, ma perché, pur dovendo costruire una economia carbon free, l’auto è più economica (altra amara constatazione in coda). Salvo i regali di Natale, ovviamente.