Più divieti e più sanzioni: così amministra la nuova destra italiana
Innovazione e mercato
In due giorni di metà settembre si è potuto toccare con mano che cosa significa affidare le politiche pubbliche ad una maggioranza a trazione leghista. Solo quando, infatti, si scende nel terreno delle decisioni su temi concreti, che riguardano da vicino la vita quotidiana dei cittadini, lontano dai salotti, dai talk show, da quello che per anni si è chiamato "teatrino della politica", ma anche da quella che, spesso, si definisce "Politica con la P maiuscola", si comprende davvero l'atteggiamento di un partito o di una coalizione.
Tra un Salvini che - excusatio non petita - dichiara di esser pronto ad accogliere in casa sua un profugo, purché sia "profugo vero", e le proposte dei suoi quadri che - come vedremo tra un attimo - trasformano in illecito ciò che illecito non è affatto, sembra esserci un abisso; invece c'è la differenza che sussiste tra gli slogan e la prassi, tra la campagna elettorale e, appunto, le politiche concrete, vera cartina di tornasole dell’identità e delle idee di un partito. Conoscere, allora, queste policy permette di farsi un'idea concreta di cosa potrebbe produrre, nella pratica, un Paese a trazione leghista.
Il consiglio regionale della Lombardia, tra il 15 e il 16 settembre, ha approvato tre provvedimenti emblematici. Va detto subito che non si può attribuire alla sola Lega Nord, che guida la Lombardia con Roberto Maroni, la paternità di quanto vedremo: senza i voti determinanti degli alleati (Forza Italia, Fratelli d'Italia e Ncd), non sarebbe stato possibile arrivare all'approvazione. Dunque, dal nostro punto di vista, non si tratta di un emblema delle politiche pubbliche leghiste, bensì di tutto l’odierno centrodestra nel suo complesso.
Con il primo provvedimento, la Lega Nord ha promosso una restrizione alle regole sulle vendite benefiche di fiori, manufatti e altra oggettistica. L’apparentemente nobile ratio di trovare un equilibrio tra i banchetti di fiori per la lotta al cancro e i fioristi tradizionali produce il seguente risultato: i comuni stileranno un piano delle vendite a fini solidaristici, nel frattempo la regione predisporrà linee guida sulla base delle quali i comuni individueranno le aree adatte a queste vendite, che dovranno prevedere un "avvicendamento" di diverse categorie merceologiche e dovranno svolgersi prevalentemente nel contesto di eventi aggregativi.
Da ultimo, la relazione d'accompagnamento chiede di evitare "facili strumentalizzazioni" e concentrarsi sulla tutela delle attività commerciali tradizionali. Il relatore non si preoccupi: non sapendo scegliere se è peggio il metodo - introdurre una pletora di nuovi "lacci e lacciuoli", come si diceva un tempo, quando il centrodestra era liberale - oppure il risultato - di fatto bandire le vendite benefiche così come oggi le conosciamo - preferiamo astenerci dalla strumentalizzazione. Se cominciassimo seriamente a contestare il provvedimento, avremmo troppe obiezioni (di certo “strumentali”, chiaro) da avanzare, e un solo articolo non basterebbe.
Con il secondo provvedimento, la Lega Nord ha introdotto nuove regole - restrittive, anche qui - sulle sagre, le feste di paese, i mercatini, le fiere domenicali. Momenti aggregativi che hanno troppo proliferato, a giudizio dei quadri lombardi del Carroccio, fino al rischio di concorrenza (sleale, chiaramente: nei pensieri della destra italiana non ne esiste di altro genere) nei riguardi dei negozianti.
I comuni dovranno redigere un calendario annuale, dopo essersi consultati con le organizzazioni del commercio; se poi vien loro in mente di inserire feste "fuori programma", lo spazio riservato alla vendita di merci dovrà essere meno della metà del totale, e comunque i comuni dovranno ancora chiedere il parere dei commercianti. Una delle loro organizzazioni (Confesercenti) ha chiesto che, in questa fattispecie, questo parere diventi vincolante. Ha chiesto, cioè, il diritto di veto sui mercatini. Peccato che gli organizzatori dei mercatini non abbiano analogo diritto di veto nei confronti dei negozi, perché se ne vedrebbero delle belle.
Con il terzo provvedimento, la Lega Nord ha ottenuto una parziale sconfitta, ma ha portato a casa un risultato per sé soddisfacente. Almeno in questo caso, Ncd e forse (ma non è dato saperlo ufficialmente) una parte di Forza Italia sono riusciti a bloccare il tentativo di rendere di fatto illecito ciò che illecito non è e non potrebbe essere. La Lega Nord, infatti, aveva presentato un emendamento alla nuova legge regionale sul turismo, al fine di introdurre sanzioni da 5 a 10 mila euro e sospensione della licenza fino a un anno per gli alberghi che avessero ospitato migranti e richiedenti asilo negli ultimi tre anni.
Ecco l'introduzione di un illecito che non è tale, visto che l'accoglienza agli stranieri si realizza nell'ambito di specifiche convenzioni con le prefetture, che a loro volta agiscono per conto del governo, non in contrasto, ma in ossequio alla legge Bossi-Fini (sì, Bossi). La distinzione tra profughi e "altri" viene sempre ribadita, nei talk show, dal leader leghista Salvini (anche se con una guerra di numeri e percentuali che sarebbe fuori tema ripercorrere qui), ma poi, nella prassi delle politiche pubbliche concrete, i sindaci e i consiglieri regionali non distinguono più: quelli accolti negli alberghi in cambio dei famosi 35 euro al giorno, così come quelli ospitati nei campi accoglienza, diventano tutti "clandestini", e, come tali, privi del diritto a restare in Italia, anche se in tasca hanno un permesso temporaneo per aver presentato domanda di asilo.
Che si usino gli hotel nell’ambito di piani d’emergenza non è una novità. Accade per le calamità naturali, ma anche per prassi più ordinarie. Gli sfrattati per morosità incolpevole, per esempio, possono essere dirottati dai comuni negli hotel per non costringerli a dormire in auto o presso un parco.
Ma quel che va evidenziato con forza è che l’albergatore che ospita questi immigrati non commette reato, anzi, tutt'altro: applica pienamente la legge vigente. E dunque, ammesso che l'Italia si possa definire ancora uno Stato di diritto, le sanzioni e la sospensione della licenza - al di là della velata idea di razzismo che evocano, visto che il discrimine sta solo nella provenienza geografica degli ospiti - sarebbero state decisioni senza senso.
La Lega ci teneva così tanto, al suo emendamento, da minacciare che non avrebbe votato la legge sul turismo nel suo complesso se gli alleati lo avessero rigettato. Così, per compromesso, l'emendamento è passato, ma senza sanzioni e senza sospensione della licenza: si è "soltanto" deciso di escludere dall'erogazione dei fondi regionali gli hotel che, negli ultimi tre anni, hanno ospitato migranti in convenzione, cioè che non dimostrano fatturati derivanti da esclusiva attività turistica.
Ecco l'approccio di policy della Lega Nord e delle alleanze in cui il Carroccio è guida. Lo chiamano "populismo" e "nuova destra"; al di là delle definizioni, si tratta di un mix tra semplificazioni (chiamare clandestino anche chi non lo è), strizzate d'occhio al sentiment del popolo, piccole pratiche per rendere, dovunque sia possibile, la vita difficile agli immigrati e, perché no, anche agli imprenditori albergatori che sfruttano un'opportunità esplicitamente prevista per loro dalla legge vigente.
Inoltre, un altro punto centrale è la difesa degli interessi di una categoria che si fa corporazione, fino a colpire eventi che solo in una trama paradossale ci si aspetterebbe vengano "puniti". Avere ristretto le vendite benefiche per evitare "concorrenze sleali" con i fioristi è così tanto contro il senso comune da non aver alcuna giustificazione contraria, nemmeno emergenziale; se poi si vuole sostenere che il problema siano i possibili dubbi sulla bontà e sulla veridicità di questa o quella iniziativa benefica, basterebbe affidarsi a un controllo alla fonte, con un’indagine conoscitiva sull'associazione o fondazione di turno, piuttosto che scegliere la strada della privazione della libertà.
Quella stessa privazione di libertà, un tempo, il centrodestra italiano era uso imputarla ai "comunisti" dell’opposta parte politica. Salvo poi, evidentemente, sceglierla a sua volta, nella nuova composizione a trazione leghista.