Letta e Impegno Italia, troppo e troppo tardi
Editoriale
Se fossimo tornati ieri da un lungo viaggio su Marte, la lettura del piano "Impegno Italia" presentato da Enrico Letta ci avrebbe entusiasmato per puntualità e coraggio riformatore. Purtroppo siamo sempre rimasti su questo pianeta, e molti di noi in Italia, e abbiamo osservato per 10 mesi un governo zoppicante e in stato confusionario. Siamo convinti che Enrico Letta avrebbe voluto fare di più e meglio, coerentemente con la sua storia di proposte, elaborazione politica e visione delle istituzioni, ma il suo esecutivo è nato debole in un paese debolissimo. La sua principale responsabilità, tuttavia, è l'aver creato una distanza eccessiva tra le parole (i suoi pregevoli interventi in Parlamento) e i fatti, tra le aspettative e l'azione quotidiana. Recentemente, nel viaggio tra gli sceicchi della penisola arabica, si è lasciato persino andare ad una retorica berlusconiana, spacciando come vittoria del Paese un marginale piano di investimenti in Italia da 500 milioni di euro.
Impegno Italia ha il demerito di dire "troppo" e di arrivare troppo tardi. Troppo: non che l'Italia non abbia profondamente bisogno delle cose che il premier enumera nel documento (magari fosse attuato!), ma può un primo ministro presentare un piano del genere - un classico libro dei sogni - nel bel mezzo di una crisi tra lui e il suo segretario di partito? Troppo tardi: sono mesi ormai che s'invoca la stipula di un patto di coalizione tra le forze che compongono l'attuale maggioranza, sulla falsariga di quel che avviene nei paesi europei che sperimentano governo di coalizione, ma Letta ha atteso e tergiversato, senza presentarlo mai. Ha giocato in difesa, quando era stato investito dal favor quirinalis del compito di giocare in attacco, fin dalla primavera dello scorso anno e ancor più dopo l'elezione di Matteo Renzi a segretario del PD.
Letta è una persona di qualità, senza dubbio uno degli migliori esponenti della classe politica italiana. A parere di chi scrive, non è stato lui a violare l'implicito patto con Renzi, ma quest'ultimo. In un paese poco abituato alla certezza delle regole e al rispetto dei contratti (poi ci si lamenta degli scarsi investimenti esteri...), non è addebitabile a Letta lo scontro rusticano e volgare che si consuma nel PD. Ma Enrico è purtroppo arrivato esangue alla tenzone, senza argomenti e senza forza politica.