Dopo la vittoria di Renzi, il bivio di fronte ai liberali
Editoriale
Per quanto prevista nell'esito, la vittoria di Matteo Renzi alle elezioni aperte alla segreteria del PD ha avuto proporzioni molto grandi, nel numero dei votanti e nelle percentuali di consenso. Fin dalle prime dichiarazioni da segretario eletto, il sindaco di Firenze ha espresso la sua netta preferenza per un consolidamento del bipolarismo. La condizione non dichiarata, ma imprescindibile, perché ciò avvenga è che il centrosinistra a trazione renziana e un centrodestra rinnovato stipulino una conventio ad excludendum delle forze populiste e qualunquiste. Tra queste forze, di cui evidentemente fa parte il grillismo, dovrebbero essere pacificamente enumerate anche la nuova Forza Italia di Silvio Berlusconi e suoi annessi e connessi. Ma l'Italia e la sua democrazia non sono un luogo pacifico e alcune domande sorgono spontanee.
La prima. C'è vita nel centrodestra, oltre e a prescindere da Berlusconi? Una risposta dovrebbe fornirla Angelino Alfano, il cui Nuovo CentroDestra si regge su un'ambiguità: il sostegno al governo Letta come affermazione di un reciproco riconoscimento di legittimità tra parti politiche contrapposte e la promessa di un'alleanza con Berlusconi alle prossime elezioni politiche, quando ci saranno, come condizione di sopravvivenza. Può Angelino uscire dal cul de sac, rompere definitivamente con Berlusconi e accettare una traversata nel deserto, provando a fare del suo movimento il baricentro di un nuovo centrodestra (con le lettere minuscole)? Può accettare nel breve periodo la vittoria del centrosinistra renziano in nome di una futura ricostruzione? E' complicato, sarebbe una sfida enorme che Alfano non ha ancora fatto capire di voler lanciare, ma che sarebbe un fatto epocale.
Volgendo lo sguardo all'altro campo, si ha un'altra domanda: quale PD ha conquistato Renzi? La lettera aperta con cui Pietro Ichino si rivolge al neo-segretario del PD, invitandolo ad avere il coraggio di trasformare il PD da freno a mano a motore delle riforme, coglie il punto debole della meravigliosa scalata di Matteo Renzi alla leadership del maggior partito del centrosinistra italiano: il PD di Renzi è un partito con enormi sacche di resistenza al cambiamento e il nuovo segretario si troverà a scontrarsi con convinzioni, comportamenti e riflessi molto consolidati (la path dependence, per dirla come gli economisti, è sempre molto forte).
Matteo Renzi non vuol semplicemente guidare un partito, vuol governare l'Italia. Ma oggi il governo è un'attività da condurre su binari pressoché obbligati, rispetto ai quali si può decidere di andare avanti o di restare fermi, non di deviare. Le "cose da fare" sono le solite da molti anni: liberalizzazioni (incluso il mercato del lavoro), riduzione massiccia del perimetro della spesa pubblica, abbattimento dello stock di debito pubblico attraverso privatizzazioni da molte decine di miliardi, riduzione della pressione fiscale, ridisegno radicale del sistema tributario e burocratico, riforma del welfare e del sistema della formazione. Chi non riesce a farle, non può ormai far altro che amministrare onestamente il declino. E' il destino a cui purtroppo sembra indirizzato l'attuale esecutivo.
L'agenda "Giavazzi-Alesina", l'agenda Ichino, l'agenda Monti o i 10 punti di Fermare il declino sono declinazioni diverse della stessa visione riformatrice. La politica italiana ha purtroppo perso il diritto a dividersi in destra e sinistra, ormai l'unica distinzione possibile è nel tripolarismo tra innovatori, reazionari e qualunquisti. Da ieri sera, Matteo Renzi è un innovatore alla testa di un partito che finora ha tenuto gli innovatori ai margini, se non fuori. La sua è una sfida enorme: il PD normalizzerà Renzi o Renzi blairizzerà il PD?
Per chi promuove la cultura dell'innovazione liberale c'è allora un bivio, che è il bivio del bipolarismo italiano che sarà, bello o brutto. E' il bivio tra chi ritiene che il centrodestra sia comunque lo spazio politico dove poter piantare le idee di mercato, concorrenza e riduzione dell'intervento pubblico nella vita e nelle scelte economiche degli individui e chi crede, invece, che per molti anni ancora il tardo-berlusconismo inquinerà inesorabilmente il terreno, lasciando come chance di innovazione per l'Italia il sostegno ad un "arrogante" ragazzo toscano.