logo editorialeIn un celebre articolo apparso nel 1978 su Il manifesto, Rossana Rossanda scrisse: "Chiunque sia stato comunista negli anni Cinquanta riconosce di colpo il nuovo linguaggio delle BR. Sembra di sfogliare l'album di famiglia: ci sono tutti gli ingredienti che ci vennero propinati nei corsi Stalin e Zdanov di felice memoria. Il mondo, imparavamo allora, è diviso in due. Da una parte sta l'imperialismo, dall'altra il socialismo. L'imperialismo agisce come centrale unica del capitale monopolistico internazionale. [...] Vecchio o giovane che sia il tizio che maneggia la famosa Ibm, il suo schema è veterocomunismo puro. Cui innesta una conclusione che invece veterocomunista non è: la guerriglia".

L'articolo suscitò scandalo ed Emanuele Macaluso, nella risposta pubblicata dall'Unità, smentì la parentela culturale e ideologica del brigatismo con la storia del comunismo italiano, accreditata invece dagli "anticomunisti di destra e di sinistra". Per non dovere rinnegare i padri nobili di quella progenie illegittima, ma scandalosamente somigliante, il PCI preferiva negare l'identità dei figli, ascrivendo loro un'origine incerta e ça va sans dire oscura, che le "sedicenti brigate rosse" mascheravano ricorrendo al lessico familiare della tradizione comunista.

A distanza di quasi quarant'anni, mutatis mutandis, la sinistra italiana disconosce un'altra imbarazzante parentela, quella con l'antipolitica grillina. Come i "partigiani" con la stella a cinque punte erano i figli delle mitologie antimperialiste e resistenziali, con cui il PCI confortava la zoccolo duro dei propri elettori ostili al compromesso democratico della Repubblica, così i nuovi "partigiani" a cinque stelle sono i figli di quella particolare forma di ideologia del nemico, con cui la sinistra post-comunista ha surrogato la propria storica identità di classe e fronteggiato la lunga stagione del potere berlusconiano. Come i brigatisti odiavano innanzitutto il PCI, imputandogli il tradimento della Resistenza e della rivoluzione proletaria, i grillini odiano innanzitutto il PD, a cui rimproverano il tradimento della Costituzione e dell'Italia perbene e la compromissione con i poteri forti dell'Italia permale.

Il grillismo è lo scalfarismo (da Scalfaro) e il travaglismo spiegato alla "gente", è quel misto di conservatorismo ideologico e rivoluzionarismo retorico che la sinistra ha opposto alla politica e alla malapolitica del Caimano. È un berlinguerismo 2.0, liberato dalle inibizioni della disciplina leninista e dilagato nella coscienza del popolo nella forma di un pensiero ossessivamente accusatorio. Un dossettismo post-democratico, diseducato e manesco, privo di qualunque intonazione profetica e ridotto al moralismo paragiudiziario. Il virus della diversità morale, uscito dai laboratori dell'intransigentismo catto-comunista, è diventato così una sorta di qualunquismo trasversale e potenzialmente maggioritario. Dunque, anche il vetero-sinistrismo "innesta una conclusione" che vetero-sinistrista non è: la rivolta antiparlamentare, lo sfascismo anti-istituzionale. L'estrema sinistra e l'estrema destra che si ricongiungono.

Paradossalmente questo avviene mentre a sinistra molto altro si muove, come mai negli ultimi vent'anni e (forse) va cambiando. Come lentamente ha rottamato un certo conformismo antiliberista, che ha fatto per l'intera seconda Repubblica dei partiti succeduti al PCI la cinghia di trasmissione del sindacato, la sinistra italiana oggi potrebbe (e dovrebbe) fare quindi i conti con quel conformismo antipolitico, che rischia letteralmente di divorarla. Ma su questo fronte, purtroppo, tutto tace. D'altra parte, la CGIL è debole e piena solo di pensionati, mentre le piazze del Rodotà-Rodotà e dell'insurrezionalismo grillino sono ancora piene di giovani compagni che sbagliano.