Bucha, la libertà di parola per la libertà di sterminio. Il gradino più basso di qualsiasi scala
Diritto e libertà
Bucha è come Babij Jar, come Katyn. Una tenebra nella tenebra, un abisso nell’abisso. Un omicidio dopo l’altro; un colpo, un tonfo, uno scempio di sangue dopo l’altro. Occhi negli occhi. Solo che Putin li lascia per strada, non li nasconde nemmeno, gli inermi che massacra. Perciò, nel dare a vedere un simile orrore, deve essersi sentito, e tuttora sentirsi, sufficientemente protetto. Persino più di Hitler e Stalin, che dopo i fucili e le pistole usati a freddo, senza battaglia, almeno ricorsero ai badili, per tentare di occultare colpe e cadaveri.
In effetti, a Bucha alcuni fra gli uccisi sono stati stoccati in sacchetti di plastica, e ammassati in un solco: si tratta però di nefandezze accessorie, variazioni di malvagità si potrebbe dire ovvie, che nulla tolgono ad una tale feroce protervia, sciorinata da quella cruda e vistosa scia di morte (per dire: a Babij Jar, i Sonderkommando, dopo quasi due anni, dovettero esumare e bruciare i corpi, tanto compiutamente occultati, che fu necessario impiegare oltre 300 nazisti allo scopo; e Katyn, addirittura, fu scoperta dopo circa tre anni e mezzo che il NKVD aveva “provveduto”).
Ci sono molte buone ragioni per disprezzare ciascuno che sostiene tale scempio dei nostri giorni e fa sentire Putin protetto; mascherando un cinismo indifferente con impudente ipocrisia: esibendo struggimento per “la guerra”, mentre nemmeno nomina chi l’ha voluta; che propaganda “volontà di pace” mentre pretende gli ucraini zitti e con le mani in alto; ed è tutto una “intenzione di argomentare” di “ampliare il quadro” di cercare “cause non immediate”.
Ma una ragione di disprezzo prevale su tutte: queste infime caricature di donna e di uomo, ex cathedra, da gazzette velenose, da pulpiti in prime time, sono riuscite a situarsi persino al di sotto di quei macellai, e del Macellaio in Capo: che, dietro le insegne del soldato, hanno finito vite indifese, disarmate. Questi ultimi agiscono dentro un’abiezione riconoscibile dalle sue terribili tracce, fonte di futura responsabilità; quelli invece sostengono la “libertà di sterminio” in nome della libertà di parola; aiutano il boia senza sporcarsi; sono peggio di Goebbles, meno di Zdanov.
Collaborazionisti, ma col passaporto falso in tasca; tentano la tresca luridamente fruttifera, pronti però a nascondersi, cadesse il tiranno, nell’equivoco della parola legittima. Sono il gradino più basso di qualsiasi scala.