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Ruini è stato in fondo un Don Camillo sopravvalutato da molti suoi “autori” che lo elevavano a “personaggio”, ingigantendone la grandezza. Non ha la statura disperata e tragica di Ratzinger. Non è un’alternativa tradizionalista alla Chiesa eclettica di Bergoglio, la sola fattualmente cattolica, cioè universale. È solo il potente cappellano di un conformismo sessuofobico e reazionario.

Il ruinismo del resto non è stata una cultura, ma una strategia di potere per una Chiesa che, dopo avere perso l’egemonia politico-culturale alla fine degli anni ’70 e la sponda del partito unico dei cattolici all’inizio degli anni ’90, ha dovuto reinventarsi un ruolo da lobby influente e massoneria religiosa interclassista e transpartitica.

I valori non negoziabili – distillati dalla dottrina del prefetto del Sant’Uffizio e futuro Papa, Joseph Ratzinger – sono stati l’architrave ideologica di un nuovo collateralismo politico trasversale: contro il referendum sulla legge 40 votarono nel 2005 sia Berlusconi che Rutelli, cioè entrambi i capi degli schieramenti che si erano scontrati nel 2001.  Ma la cosiddetta questione antropologica degli oceanici Family Day è stato un espediente burocratico e culturalmente misero: per metà un manuale di ortopratica sessuale, per metà un omaggio a un modello di famiglia pre-contemporaneo, provvidenzialmente rottamato nella metà degli anni ‘70 dal divorzio e dal nuovo diritto di famiglia.

Di tutto questo (ovviamente distante anni luce dalla teoria e dalla pratica sessual-familiare degli stessi campioni del ruinismo politico) non contava il contenuto, bensì la funzione, che era quella di un nuovo Concordato materiale e extracostituzionale, in cui mettere a posto i termini del rapporto tra il potere secolare della Chiesa e quello dello Stato, in una società in cui la Chiesa aveva ampiamente perso influenza economica e morale.

Un analogo Concordato Ruini propone oggi a Salvini perché la logica concordataria è sempre quella di un patto con il potere e con lo spirito del tempo e oggi – Ruini lo ha ben compreso – spirito e potere promanano dalla peste nazionalista che minaccia l’Europa e ammorba l’Italia.  Secondo una tradizione non solo italiana, ma europea, nazionalismo e tradizionalismo religioso sono una miscela spiritualmente tossica, ma politicamente potente. Insieme “funzionano” e alla chiamata di Ruini Salvini ha ovviamente risposto.

L’impressione però è che la vera rottura Ruini non la stia consumando nella Chiesa italiana, che continua a considerare quella ruiniana una ricetta di stabilità e di garanzia, ma dentro la Chiesa tout court e dentro il suo corpo non mistico, bensì fisico, che è fatto per la grandissima parte di popolo, pastori e fedeli cui dei conti “concordatari” della Chiesa italiana non interessa né poco, né punto e che vivono l’accorato terzomondismo bergogliano come una necessità politica e religiosa.

Se il Ruini nel periodo ratzingeriano era al centro della strategia della Chiesa, oggi è in una sua periferia ricca e impaurita, sempre potente, ma estranea alla vita disordinata di quell’enorme ospedale da campo che Papa Francesco ha inaugurato e lascerà in eredità al suo successore. In quella Chiesa il rosario-amuleto di Salvini e il cinismo curiale dei professionisti di oltre-Tevere non sono destinati ad avere troppo spazio, perché la Chiesa per le note ragioni demografiche e geografiche sarà sempre meno un oltre-Tevere “romano”.

@carmelopalma