Francesco prova a riunificare la Chiesa e superare il "bipolarismo ecclesiastico"
Istituzioni ed economia
Ieri Roma ha vissuto una delle pagine più intense della "Chiesa spettacolo", con un rito liturgico trasformato in un evento allegramente profano, in una sorta di Woodstock della devozione popolare, secondo un modello che dal pontificato di Wojtyła in poi - si pensi alle Giornate della Gioventù - è diventato un modo privilegiato per parlare all'umanità cristiana e non cristiana, convocandola a festa secondo uno spirito di fratellanza ecumenica non solo religiosa. L'universalità della Chiesa secondo le regole della mondovisione, insomma.
D'altra parte, si potrebbe dire che il dispetto per la fenomenologia mediatica della Chiesa, che alligna tra quanti - sia sul fronte conservatore che su quello progressista - sono più inclini a preservare l'autenticità e la differenza del messaggio cristiano, rappresenta anch'esso una resistenza antimodernista, come se la Chiesa potesse darsi al mondo secondo forme diverse da quelle del mondo.
Al di là di questi aspetti, che sono comunque sostanziali, l'evento di domenica scorsa è anche e soprattutto un fatto di "politica interna" della Chiesa. Con la canonizzazione contemporanea di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, officiata insieme al suo predecessore, Papa Bergoglio ha provato a riconciliare la Chiesa e a riunificarla attorno a un'idea forse non più autentica, ma meno divisiva e finalmente pacificata del Concilio Vaticano II. I due papi santi e i due papi santificanti rappresentano, non solo per il mondo profano, ma anche dentro la Chiesa, le due polarità attorno a cui si è sviluppata nell'ultimo cinquantennio la discussione post-conciliare, i rappresentanti più autorevoli di quel "bipolarismo ecclesiastico" che ha attraversato anche la Chiesa gerarchica e non solo la comunità dei fedeli.
Per anni, dall'esterno, si è ritenuto che la Chiesa, riportata sotto il pontificato di Giovanni Paolo II e la guida "ideologica" di Ratzinger a un rigore più oltranzista, dovesse rimarginare lo scisma sommerso di credenti indisponibili a seguirla, non solo sui temi privati della morale sessuale e familiare, ma sulle forme della presenza cristiana nel mondo, cioè sul cuore del messaggio conciliare. In realtà quello scisma era anche dentro la Chiesa, dentro i Sacri Palazzi. Bergoglio, che è un pontefice poco confidente nella "potenza" della dottrina, ha capito che dove non poteva arrivare la discussione e il concetto, doveva arrivare la rappresentazione e l'esempio.
Che si creda o non si creda alla natura provvidenziale del pontificato di Bergoglio, mi sembra un tentativo di straordinaria portata storica. Non è detto che riesca, perché alla base delle divisioni non c'erano affatto semplici incomprensioni. Ma che le dispute sul Concilio a questo punto, se non possono essere risolte, possano essere almeno superate e lasciate alle spalle, è molto ragionevole - e a Francesco il buon senso non manca.