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Per chi lavora nel mondo dell'innovazione e si misura coi mercati digitali europei ed internazionali, questa è stata la settimana del CEBIT, la più grande fiera globale dell’hitech, che si tiene ogni anno in Germania. Quando parliamo di mercato comune europeo non possiamo escludere quello digitale. E proprio alla fiera dell'innovazione tecnologica si capisce al volo quanto sia necessario superare le residue ma persistenti barriere, liberando risorse e moltiplicando opportunità con una maggiore apertura dei mercati.

Questa fiera non rappresenta però solo una "finestra" sul mondo digitale, ma anche sulla realtà politica di un continente alle prese con molteplici sfide di innovazione, sul versante propriamente tecnologico, come su quello sociale, civile e culturale. Sfide che si possono vincere attraverso le quattro libertà fondamentali, simbolo dell’integrazione comunitaria: la libera circolazione delle merci, delle persone, dei capitali e dei servizi.

Ad Hannover ho avuto modo di conoscere molte persone, di applaudire leader politici impegnati a favorire la competizione economica e il libero commercio (la cerimonia di inaugurazione ha visto la partecipazione della cancelliera Angela Merkel e del primo ministro giapponese Shinzō Abe, ed entrambi si son dichiarati concordi, nell’era del’IOT, nel lavorare per "linkare le società"), di incontrare potenziali clienti e fornitori, e di parlare con futurologi e innovatori (su tutti la “rock star” della robotica, Hiroshi Ishiguro, lo scienziato giapponese che ha creato la sua copia androide e parla di società 5.0). E di fare altri incontri importanti, meno "professionali", ma altrettanto decisivi per capire quale sono le sfide che la nostra società ha di fronte.

In particolare, ho avuto l'occasione di conoscere tre ragazze, che mi hanno ricordato quanto siamo fortunati a vivere in una Europa libera e pacificata, tesa al mito della società aperta, costruendo una singolare realtà storica dove le libertà economiche, civili, politiche e religiose sono protette da un insieme di regole fondamentali. L'Unione Europea, come è noto, non è una vera Federazione, né ha una vera Costituzione, ma i suoi trattati e la sua normativa contribuiscono a tutelare lo stato di diritto e le libertà degli individui che vi abitano. Un'esperienza senza precedenti e paragoni nella travagliatissima e sanguinosa storia del nostro continente.

Le tre ragazze che ho incontrato - un'egiziana, un'ucraina e una siriana - sono nuove cittadine europee da cui imparare moltissimo: innanzitutto su di noi e su cosa è davvero l'Europa, su cosa rappresenta e sulle opportunità che offre a chi fugge dalla persecuzione e dalla miseria. Lavorano come traduttrici e hostess in convention internazionali, determinate a crescere e a guadagnare successi e gratificazioni personali lontane dai rispettivi paesi di origine. Parlano tutte tre lingue e hanno una gentilezza e una maturità mirabili per persone tra i 21 e 25 anni.

La ragazza egiziana è da quattro anni in Germania grazie anche a una borsa di studio, che le ha permesso di lasciare Alessandria, dove genitori e la famiglia restano legati all'idea della "naturale" inferiorità femminile. Il suo sogno era quello di concludere gli studi dall’altra parte del Mediterraneo e partire per conoscere l’Europa, dove ha scoperto la preziosa possibilità di nuove amicizie anche con colleghi israeliani (altra cosa che i genitori non riescono neppure a concepire). Aveva partecipato alle manifestazioni della "primavera araba" e visto amici morire per strada. Considera la Fratellanza Musulmana un male assoluto, proprio perché finge di aiutare, ma in realtà si serve in modo spregiudicato di milioni di persone analfabete. Ripete sempre di essere molto fortunata di vivere in Germania e di potere godere di una libertà mai goduta, anche quella di sostenere la parità tra i sessi o i diritti degli omosessuali, come ha fatto in una recente trasmissione televisiva, e per questo ha ricevuto minacce di morte da fanatici islamisti, al punto che la tv ha rimosso la puntata dal sito. Quando le ho parlato del recente attentato di Londra lei era un po' in imbarazzo. Mi ha confessato di essersi presentata come indiana, in concomitanza con i recenti attentati in Germania, per evitare di dirsi egiziana e non suscitare equivoci con interlocutori sconosciuti. È convinta che la chiave di volta per ribaltare tutto nel mondo islamico sia il ruolo della donna: "quando accadrà che nascere femmina nei paesi arabi non significherà una vita da essere inferiore - dice - sapremo di aver vinto".

La ragazza ucraina viene dall'est del suo paese, dalla regione vicina al confine russo e invasa, assieme alla Crimea, dall'autocrate ed ex colonnello del KGB Putin. Lavora come interprete in Germania e collabora già con diverse agenzie; è una tipa sveglia, sta per laurearsi ed è spaventata da quanta gente continui a credere alle bufale che il regime russo diffonde, forte di una lunga tradizione di propaganda. Nota che tanta disinformazione attecchisce non solo in Europa, ma pure in Ucraina, ed è consapevole che l’azione di inquinamento del dibattito è un'opera pianificata in modo professionale e realizzata in modo "scientifico". Le fake news sono un altro modo per invadere il territorio nemico e per minarne la stabilità politica. Lei prova a raccontare la realtà ma tanti non le credono, mi dice.

La ragazza siriana viene da un paese vicino Damasco; quando la incontro potrei dire di essere davanti ad una ragazza provenzale, visti i suoi tratti dolcemente europei. È andata via un anno e mezzo fa scegliendo di cambiare la sua vita, lasciando un marito – musulmano conservatore e molto devoto - ed ovviamente tutta la famiglia, che ormai la considera dannata e perduta e sta provando a finire gli studi in Germania. Ama le infinite possibilità di scelta che in Europa esistono e sono anche per lei a portata di mano; sogna di andare a vivere a Berlino che considera la città aperta e attraente dove crescere; magari costruendosi un futuro con il nuovo fidanzato, un egiziano che si sta specializzando – anche lui in Germania – in ingegneria.

Il filo che lega queste persone e queste storie è doppio. Da una parte è rappresentato dall'infinita determinazione a studiare e lavorare per essere cittadine europee, dal senso di dedizione e di sacrificio per meritare le libertà ora godute; dall'altra è costituito dalle enormi possibilità che l'Europa offre a queste giovani donne e che loro cercano di realizzare. Vivono ogni giorno come una benedizione questo bene prezioso e raro di una libertà piena, che molti europei danno per scontata, o non riconoscono più o hanno addirittura imparato a disprezzare. Molti europei bestemmiano l'Europa che queste ragazze benedicono, perché a differenza di loro hanno "disimparato" che la prosperità, il benessere e la fortuna sono conquiste da meritare e difendere, non una comoda eredità o una rendita politica.

C’è una nuova generazione di europei da cui possiamo imparare a comprendere e difendere le nostre libertà, contro ogni minaccia, a partire da quella islamista. “Freedom is not for free”, dicono in America; e noi in Europa ci ricordiamo il filosofo europeo Karl Popper sostenere che “il prezzo della libertà è l'eterna vigilanza”?

@antonluca_cuoco