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Di giustizia e legalità si parla perlomeno dai tempi di Antigone e Creonte, il che testimonia due cose: che il problema è importante, e che non ha una soluzione soddisfacente. Come riformare le pensioni senza capirne l'iniquità, e al contempo senza ribaltare i rapporti di forza a sostegno dello status quo? Perché l'applicazione delle norme esistenti spesso produce palesi ingiustizie, come quando si fanno multe a senzatetto perché vendono oggetti, senza licenza, per arrivare a fine mese? La scelta tra Antigone e Creonte si ripete ogni giorno: anche il priebkiano "obbedivo ad un ordine" è una scelta morale.

Il diritto ha due nature, normativa e positiva, e non è possibile trascurarne una senza creare mostri. La mera esistenza di una norma (legalità o efficacia) nulla dice sulla sua desiderabilità (giustizia), e la mera giustezza di una norma non dice nulla sulla sua esistenza o realizzabilità.

Le norme – come dice il nome – sono normative, cioè giudizi di valore: sono giudizi che regolano l'uso della forza, che determinano ciò che è vietato e ciò che è obbligatorio. Le norme sono anche “fatti”: hanno un'esistenza oggettiva, ed è possibile dire se una norma esista e se sia applicata senza riferimento a un'idea di giustizia.

La giustizia è il parto delle nostre coscienze. Trascurare l'idea di giustizia significa abiurare la propria libertà di coscienza, e colui che nasconde l'ingiustizia dietro il velo della legalità è complice dell'ingiustizia stessa.

Nel XX secolo abbiamo avuto grandi esempi di giustizia anteposta alla legalità, di Antigoni che hanno lottato contro Creonti: Sophie Scholl, che fu uccisa per la sua opposizione al Nazismo; Martin Luther King, che in nome della giustizia fu arrestato, ammanettato, processato. Legalmente criminali; moralmente giganti.

Il diritto è sempre la legge del più forte: i rapporti di potere determinano le norme. Non può esistere del resto la legge del più debole: "I forti fanno ciò che vogliono, e i deboli soffrono ciò che devono", scriveva Tucidide. La fine dello stato di natura è la più grande menzogna della filosofia politica.

La giustizia diventa legalità attraverso il potere: non contano le preferenze del singolo, ma la capacità di coloro che sono legati da un'idea di giustizia di influenzare la realtà. Non fu Sophie Scholl, ma i corpi d'armata alleati, a sconfiggere il Nazismo, e non sarebbe bastato Martin Luther King se non fosse intervenuto il governo federale. Il senso di giustizia influenza la legalità e può essere un'arma contro lo status quo, ma solo se influenza i rapporti di forza.

Data l'enorme importanza dell'idea di giustizia, si è cercato in passato di elevarla al rango di credenza religiosa, o, equivalentemente, di darle fondamento scientifico, ma senza successo. Il massimo che si può dire è che esistono valori il cui rispetto è necessario alla pacifica convivenza umana. Nella tradizione politica occidentale, o almeno nella sua retorica, sono le libertà individuali a fornire tale criterio: nel pensiero politico liberale è l'esistenza di regole mutuamente vantaggiose a rendere auspicabile la convivenza sociale. Questo insieme di valori minimali – per quanto fluidi – deve essere protetto, dall'anomia criminale e dall'ipernomia politica.

L'idea comune di giustizia non è necessariamente moralmente irreprensibile: è facile corromperla, con l'abitudine all'ingiustizia. E in una società moralmente anestetizzata dal legalismo, solo i sociopatici sanno ragionare al di fuori della camicia di forza della legalità, quando invece tutti dovrebbero imparare all'occorrenza a farlo, come Martin Luther King.

Riconoscere che la giustizia sia un argine ai meri rapporti di potere, e che diffondendo una diversa idea di giustizia si possano modificare i secondi, è necessario, anche se non sufficiente. L'alternativa è la dittatura dello status quo, dei meri rapporti di forza: l'atrofia della coscienza.

Le idee personali di giustizia, come le norme imposte dai rapporti di forza, sono entrambe normative, e quindi in un certo senso arbitrarie: la giustizia nasce da noi stessi, i rapporti di forza provengono dall'alto. Dal punto di vista logico ed empirico, non c'è motivo di dar ragione a Martin Luther King anziché a Bull Connor. Ma dal punto di vista del tipo di società che queste idee creano, c'è tutta la differenza di questo mondo: e, nel mondo, tocca viverci.