“Leave your stepping stones behind, something calls for you
Forget the dead you’ve left, they will not follow you”
(Bob Dylan, It’s All Over Now, Baby Blue, 1965)

Ieri Angiolo Bandinelli, uno degli storici fondatori e dirigenti del Pr, che amava definirsi “un radicale impunito”, avrebbe compiuto 95 anni. È morto qualche settimana prima, il 6 febbraio e tra le disposizioni che aveva dettato per il funerale aveva scelto anche l’intervento politico che Radio Radicale avrebbe dovuto trasmettere, prima delle esequie laiche al cimitero del Verano.

Così l’8 febbraio scorso, dopo la rassegna stampa del mattino, Radio Radicale ha mandato in onda l’intervento che Bandinelli tenne nel corso del Congresso di Radicali Italiani del 2014, riprendendo alcune parole del discorso di Gianfranco Spadaccia – “Questo partito è sangue del mio sangue, carne della mia carne” – e contestandole: “Non mi interessa il passato… a me interessa il partito di domani che evidentemente non è carne della mia carne” e poi affermando che l’eredità di Pannella (allora ancora vivo) sarebbe stato “il Dalai Lama”, che rappresenta la “speranza del futuro”, non “l’eredità del passato”. Il discorso di Bandinelli è incentrato sul “domani”, è un appello al futuro: uno straordinario ed eccentrico testamento politico.

Dall’allora già vecchio Bandinelli arriva un commovente appello a “lasciare il passato”: non ad abbandonarlo, naturalmente, ma a far sì che esso non diventi una zavorra. È un commiato con cui uno degli ultimi vecchi radicali (presenti cioè fin dalle origini del Pr) lascia definitivamente il testimone con un monito preciso: “non guardare attraverso il buco della serratura – lo ieri – ma attraverso le finestre spalancate del domani” per poter “guardare al di là di noi stessi, delle nostre possibilità”.

La chiamata di Bandinelli, tra le altre cose, potrebbe riportarci al rapporto fra vivi e morti, tra passato e presente: un rapporto tormentoso e assillante per chiunque, ma che assume un carattere quasi morboso nel mondo radicale, principalmente in relazione alla figura di Pannella.

La morte di Pannella, avvenuta nel 2016, ha condotto al definitivo sconvolgimento del mondo radicale e ha, allo stesso tempo, ipnotizzato parte del dibattito di quella che era la galassia radicale in un “Pannella direbbe”, “Pannella farebbe”. Dunque, in una ricerca sterile del più perfetto pannellismo post-pannelliano e nella disanima ossessiva delle azioni dei radicali “altri” in ottica pannelliana, con l’intento di trovarne e denunciarne le contraddizioni con il pensiero puro, vero e autentico di Pannella.

La reminiscenza dei morti, la ricerca dell’ipotetica volontà dei defunti (“se Pannella fosse vivo…”) può divenire, nella vita come in politica, un assillo, un orrendo dubbio, un’ombra perpetua ed immanente che porta, in definitiva, a un asfissiante immobilismo.
In un breve racconto, “I morti”, James Joyce riflette su quanto un morto possa divenire una presenza ingestibile e tormentosa. Al racconto del primo amore della moglie, morto quando lei aveva diciassette anni, Gabriel Convoy rimane profondamente turbato. L’idea di non essere stato l’unico amato dalla moglie lo sconvolge e il pensiero che il ragazzo morto avrebbe potuto amarla di più di quanto non la ami lui lo opprime e lo angoscia. Né Gabriel riesce a liberarsi da questa angustia.

La presenza dei morti (la compresenza dei vivi e dei morti, direbbero alcuni radicali) diventa un rebus opprimente: una presenza, la cui natura è indeterminata, ma immodificabile e con la quale ci si misura impotenti e incapaci di controllarla o mutarla. Allo sgomento di Convoy corrisponde l’impotenza che attanaglia parte del mondo radicale, convintosi di essere incapace o persino non autorizzato a fare qualcosa di più, di diverso, di “oltre Pannella”. E questo porta a una sterile, introversa e quasi onanistica rielaborazione e rimuginazione del puro pensiero pannelliano, di ciò che Pannella avrebbe fatto, detto, deciso….

Tuttavia, ciò che si dovrebbe considerare è che i morti non sono. Non pensano, non giudicano, non agiscono (e non elaborano pensiero politico). L’esercizio intellettuale e politico volto in modo ossessivo ad interpretare la volontà dei morti, il “cosa farebbero se” è un esercizio vano, se non dannoso, che bisognerebbe lasciare a chi millanta capacità medianiche. I morti cessano di esistere, dunque cessano di crescere e cambiare intellettualmente, cessano di essere influenzati dai fatti del mondo: il voler vaticinare il “cosa farebbe” (anche politicamente) un morto equivale a cercare di scoprire l’opinione di una persona che non esiste in relazione a fatti che non può vivere e non ha mai vissuto. 

Naturalmente questo non significa che non si possa imparare e porre attenzione alle parole e agli insegnamenti politici di persone che non sono più in vita: alla luce dei loro insegnamenti si possono rielaborare argomentazioni sull’attualità politica. Tali riflessioni, tuttavia, non possono rappresentare una postuma interpretazione del presente attribuibile a chi è morto, ma appartengono solo al presente, solo a chi oggi effettua quella rielaborazione (e va bene così).

Dunque, in questo senso, noi prendiamo le parole di Bandinelli come tali, e ne diamo un’interpretazione (che non pretendiamo essere quella "garantita" da Bandinelli), ringraziandolo per l’insegnamento. Dalle parole di Bandinelli sul futuro, potrebbe giungere un monito per il mondo radicale: è solo – e non può essere altrimenti – il nostro pensiero alla luce di quelle parole e non ciò che immaginiamo Bandinelli avrebbe potuto dire o fare.

Nelle parole di Bandinelli c'è soprattutto, a mio parere, una provocazione potenzialmente liberante per il mondo radicale: il passato, Pannella, e tutti gli altri morti illustri di una storia straordinaria non come zavorra su cui rimuginare continuamente alla ricerca dell’approvazione (della compresenza) di chi un cenno di approvazione non può darlo e non come dogma di un verbo incarnato ed eterno, ma come fonte di riflessione, di elaborazione, di ispirazione, la cui distanza dal presente deve essere chiara perchè il loro insegnamento possa essere utile e perché lo slancio sia originale e verso il futuro.