La fenomenologia dello scemo digitale? Lo snobismo social del solito Eco
Terza pagina
Umberto Eco, che forse è diventato un vecchio bizzoso, ma conosce bene i polli digitali, aveva certamente messo in conto che la sua intemerata contro il web sarebbe diventata e rimasta trend topic sui social media assai più che sui giornali chiamati ex cathedra a vigilare sull' "invasione degli imbecilli".
Quel che non si capisce, però, è se il successo di questo j'accuse così Internet oriented dia ragione o torto a un'analisi che più che con la semiologia dei media sembra avere parentela con quell'altro scandalo di successo della produzione di Eco, la "Fenomenologia di Mike Bongiorno", e quindi con il suo disprezzo politico-ideologico e tutt'altro che "scientifico" per la comunicazione di massa e per i suoi protagonisti, che data dagli albori della Tv - altro che Internet.
La rete si beve tutto, anche gli scandali a comando, attorno a cui recluta seduta stante brigate volenterose e inconsapevoli di essere mezzi, e non autori di comunicazione. Quindi Eco ha ragione, no? Volendo ne ha pure di più e ci stupiamo che non abbia pestato più duro, con argomenti più "alti". Infatti il web non è solo una trappola per gonzi, la rete che cattura nella trama dei suoi algoritmi magici i pescioloni digitali che abboccano all'amo.
È anche l'illusione di una società "comunista" contrabbandata dal Grande Fratello capitalista, che spia l'anima e la vita degli utenti dal buco della serratura dei cookies e le cataloga per rivenderle alla pubblicità, dando però al proletariato digitale sfruttato l'idea di avere tutto, subito e gratis, a portata di click: il sapere, il potere, perfino il surrogato social dell'amore e dell'amicizia. È la monumentale tridimensionalità del mondo che si accartoccia in una mostruosa concentrazione di spazi, tempi e visioni, la tecnologia più sofisticata per annullare e cancellare qualunque complessità e profondità, per dissociare la stolida meraviglia dell'uso delle cose dalla comprensione dei fini e degli effetti di questa miracolosa "facilità". Tutto quanto, e tutto insieme, dentro un pc, uno smartphone, ora perfino un orologino da polso, come l'Apple Watch. Queste cose Eco avrebbe potuto spiegarle alla grande, con un tono meno da "Signora mia!"...
Però la rete ha vinto. È una rivoluzione riuscita e non revocabile del modo di produrre e far circolare le idee e di organizzare il lavoro e la produzione di cose che stanno a monte e a valle delle idee. È un'istituzione politica, nel senso più proprio del termine, che dà forma a tutte le relazioni sociali, anche quelle extradigitali, e ne moltiplica le opportunità e i pericoli. L'enciclopedia di ogni possibile sapere e di ogni possibile ignoranza, resi disponibili a tutti.
Come la ruota, la stampa, la macchina a vapore, l'elettricità, la televisione - possiamo dire anche noi una "verità", come quella di Eco? - ha cambiato tutto e indietro non si torna. Pensare di fare informazione o cultura o qualunque altro affare umano, in cui c'entrino le idee e i quattrini, fuori o contro gli scemi del villaggio digitale - o tenendosene a critica e sdegnosa distanza - è uno degli esercizi social di vanità più frequenti e decisamente più banali. È uno dei numeri più comuni dello showbiz digitale, ed Eco lo sa perfettamente, come sapeva che Mike Bongiorno avrebbe vinto, facendo pure staccare una cedola di celebrità agli spregiatori del suo successo. Oggi siamo solo alla replica 2.0 dello stesso identico copione.