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Qualche giorno fa il vice direttore dell’OMS, Ranieri Guerra, in una intervista al Corriere della Sera ha caldamente consigliato agli italiani di fare vacanze tricolori. “Non mi avventurerei in viaggi all’estero… Per non contare il valore etico di una vacanza in Italia.”

Paradossalmente nelle stesse ore il Governo italiano era impegnato a impedire a Bruxelles che il Covid venisse usato da alcuni stati membri per giustificare politiche preferenziali, in contrasto con le regole del mercato comune, di apertura e chiusura delle frontiere interne nell’approssimarsi della stagione turistica. L’Italia ha un bisogno vitale di scongiurare forme di “protezionismo turistico”, motivate da ragioni etiche o sanitarie, poiché l’Italia è uno dei Paesi con il maggiore attivo della bilancia commerciale del settore. La scelta più “patriottica” è quella di incentivare l’interscambio turistico, non di giustificarne in patria (e quindi logicamente anche fuori) la sospensione causa Covid.

Guerra, però, nella sua prosopopea "italian pride" non ha affatto considerato queste conseguenze, anzi non le ha nemmeno “viste”. E nemmeno l’opinione pubblica è in grado di vederle, se nessuno gliele “fa vedere”. In questo modo un bias cognitivo diventa direttamente “domanda politica”. A cui il governo si è prontamente adeguato, promettendo un bonus vacanza a chi rimane in Italia, mentre la stessa cifra messa direttamente nell’industria turistica (con forme di detassazione, ad esempio), favorendo in uguale misura italiani e stranieri, sarebbe stata ben più utile all’economia nazionale.

Ecco un altro esempio di uso antiscientifico della scienza. ll Comitato tecnico scientifico della Protezione civile ha formulato un parere per l’organizzazione delle elezioni regionali e amministrative, in cui si individua nella fine dell’estate il periodo più propizio dal punto di vista epidemiologico, peraltro imponendo una serie di prescrizioni – distanziamento, divieto di assembramento, sanificazione dei materiali utilizzati e “passati di mano”, percorsi di entrata e di uscita separati – che sarebbe già complicato assicurare nelle sezioni di voto, ma che è semplicemente impossibile ipotizzare nel periodo della campagna elettorale (in pieno agosto) e in quello ancora precedente, in cui le liste “nuove” dovrebbero raccogliere centinaia di migliaia di firme su moduli cartacei, senza potere peraltro fare alcuna iniziativa o manifestazione pubblica, in un sesto del tempo normalmente disponibile per legge (sei mesi).

Il Comitato tecnico ha ragionato come se l’indizione delle elezioni rilevasse solo in ragione dei rischi epidemiologici connessi e dunque fosse possibile traghettare la disciplina elettorale pre-Covid – ad esempio nell’accesso delle liste alla competizione –  alla situazione post-Covid. Un po' come se avesse detto che le scuole possono riaprire, ma le classi devono essere un terzo di quelle di prima e che per gli studenti sfortunatamente in esubero...niente.

Nella sua “analisi”, il Comitato tecnico non ha neppure considerato il sacrificio del diritto di elettorato passivo, la restrizione del diritto di partecipazione politica e tutte le gigantesche problematiche di ordine costituzionale di una scelta che introduce forme oggettive di discriminazione civile. Nè ha pensato a possibili alternative.

L’atteggiamento di Guerra e dei componenti del Comitato tecnico della protezione civile dimostra che l’appello “alla scienza” rischia in modo sempre più evidente di diventare l’alibi ideologico per quanti non vogliono assumere la responsabilità di decisioni controverse e potenzialmente lesive di interessi e diritti, che decisioni alternative potrebbero salvaguardare in modo più efficace, ma con “prezzi politici” che il decisore pubblico ritiene di non potere sostenere.

Meglio pagare le vacanze agli italiani, anche a spese dell’economia nazionale, perché gli italiani votano, e l’economia nazionale no. Meglio riservare le elezioni regionali a chi oggi è nelle istituzioni, anche a costo di sacrificare il diritto di nuovi competitor, piuttosto che rinviarle e organizzarle in modo che tutti gli elettori siano uguali in termini di poteri e possibilità. Per fare queste scelte, non c’è niente di meglio di un “timbro” scientifico che giustifichi l’ineluttabilità della decisione.

Il “metodo scientifico” di fronte a problemi complessi imporrebbe, in primo luogo, di evitare approcci riduzionistici, cioè in questo caso di affrontare esclusivamente sub specie medica pure i problemi di economia turistica e di diritto costituzionale. Invece in Italia è diventato paradossalmente “scientifico” il ricorso al principio di autoritàipse dixit – per non giustificare razionalmente il contenuto di una decisione.

Peraltro, come sempre avviene in politica, l’oblio della razionalità – anche se dissimulata nell’ossequio a un sapere disciplinare – diventa la via maestra di soluzioni autoritarie, in cui il sacrificio della libertà individuale e del pluralismo sociale diventa irrilevante, perchè necessario e quindi "benedetto". Insomma, la presunta indiscutibilità della scienza diventa lo schermo per la pretesa indiscutibilità del potere.

@carmelopalma