sacchetti bio 611

31 Dicembre 1999. Ero un bambino delle elementari e avevo una paura mostruosa del Millennium Bug. Se non ve lo ricordate è quel meccanismo per il quale una volta scattato il 2000 tutti i computer sarebbero andati in tilt, convinti di essere tornati al 1900: aerei caduti, pc impazziti, robot assassini, insomma un’apocalisse. Volevo restare sveglio per affrontare questo dramma, ma ovviamente mi sono addormentato, per poi svegliarmi nel nuovo millennio. Per fortuna era tutto a posto: il Duemila poteva iniziare!

Questo passaggio di millennio è stato molto simile al cambio di guardia avvenuto tra il 2017 e il 2018, ma al contrario: prima la quiete assoluta, poi all’improvviso la tempesta. Ciò che è cambiato è l’inizio dell’applicazione della legge 123/2017, di conversione del D.L. 91/2017, che all’articolo 8 bis contiene la nuova normativa sulle borse di plastica. Essa recepisce la direttiva UE 2015/720 e abroga la precedente disciplina.

Sì, ho scritto “borse di plastica”, e sì, tutto questo si riferisce ai mitici sacchetti biodegradabili dell’ortofrutta. Fino al 31 Dicembre 2017 nessuno considerava minimamente l’argomento mentre, all’improvviso, il primo Gennaio 2018 tutti ne stavano parlando: quelli che gridavano allo scandalo e al complotto, assolutamente non intenzionati a pagare il sacchetto dell’ortofrutta, quelli che cercavano informazioni più precise su questo materiale misterioso. Il dato generale era un'enorme confusione sotto il cielo e mi è capitato di leggere di tutto.

Ho scritto quindi un pezzo in cui spiego la scienza delle bioplastiche, nella speranza di fornire una guida esaustiva. Per poi parlarne in occasione di GiovedìScienza e del Mantova Food & Science Festival, con l’intervento dal titolo “Con le mani nel sacchetto”. L'occasione è stata perfetta per affrontare, non solo i dettagli scientifici del tema, ma anche e soprattutto quelli divulgativi e sociali. Quello dei sacchetti biodegradabili è un esempio molto interessante per spiegare come la comunicazione e la divulgazione scientifica siano dei mezzi fondamentali per permettere ai frutti della ricerca scientifica e tecnologica di avere la ricaduta voluta nella società civile. Soprattutto perché sono stati fatti tantissimi errori, che riguardano tutti gli attori coinvolti nella vicenda.

Partiamo dal materiale stesso ovvero il sacchetto che come sapete è fatto di bioplastica. La definizione ufficiale, data da European Bioplastics, è una plastica che deriva da biomasse rinnovabili o è biodegradabile, o entrambe le cose. Viene data per scontata la definizione di “plastica”, “biomassa”, “rinnovabile”, “biodegradabile”. Grave errore, perché evidentemente non sono concetti per nulla scontati, in quanto non è possibile pensare che prendendo una persona a caso, questa possa conoscerli e soprattutto possa applicarli nella vita di tutti i giorni. Perché è di questo che stiamo parlando: un bene di consumo che va nelle mani dei cittadini, i quali sono fautori del destino dell’oggetto stesso.

Se le persone non sanno che il sacchetto che hanno in mano è biodegradabile e quindi va nell’umido, lo butteranno nella plastica, rendendo inutili tutti gli sforzi per migliorare la sostenibilità ambientale delle nostre azioni. Per questo motivo ritengo che l’errore più grosso sia stato quello di dare questa definizione in pasto al grande pubblico senza alcun tipo di preparazione. Anche per questa ragione, la reazione dei consumatori è stata esagerata rispetto alla realtà dei fatti, soprattutto quella legata al costo del sacchetto, che poi non era diverso da quello che già pagavamo per i sacchetti convenzionali di plastica petrolchimica. La differenza è che in quel caso non veniva reso esplicito e quindi non avevamo la sensazione di pagarli.

Era dunque necessario pensarci prima. E il tempo effettivamente c’era, perché la legge, entrata in vigore il 13 Agosto 2017, avrebbe permesso di programmare una campagna di sensibilizzazione e avvicinamento a questo cambiamento, evidentemente sottovalutato. Un cambiamento che avrebbe potuto essere meglio "governato" dalle forze politiche, almeno in parte, ma che soprattutto i supermercati avrebbero potuto "accompagnare" meglio rispetto ai propri clienti con una campagna di comunicazione efficace.

Cosa che non è stata fatta se non una volta scoppiata la polemica, con alcuni supermercati che si sono attrezzati con un addetto che al reparto ortofrutta distribuiva un opuscolo con tutti i dettagli della nuova legge, e un libretto con informazioni basilari riguardo le plastiche, le bioplastiche e l’economia circolare, a cura di AssoBioplastiche. Ricordiamo il motto di Giobbe Covatta “basta poco che ce vò?”, anche se qualcuno potrebbe invece invocare la canzone di JoJo del 2006 “too little, too late”, troppo poco, troppo tardi, la frittata era già stata fatta.

La maggior parte delle polemiche, poi, si è sgonfiata da sola e il tema è rientrato nell’anonimato, ma l'occasione è buona per parlare sia della scienza delle bioplastiche che dell’importanza della comunicazione. E parlando di comunicazione, l’altro attore fondamentale in questa vicenda sono le aziende aziende che vendono oggetti in bioplastica biodegradabile: le prime ad essere responsabili del mancato conferimento all’organico da parte di molti consumatori ignari. Eppure, sottolineare una tale caratteristica del prodotto potrebbe facilmente tradursi in un ritorno di immagine per l’azienda stessa, avvicinando così i sempre più numerosi consumatori, amici dell’ambiente.

Un altro elemento da sottolineare è che, fino al 31 Dicembre, abbiamo usato sacchetti di plastica petrolchimica che rapppresentavano solo un problema oggettivo mentre, per paradosso, dal primo gennaio tutti fanno le pulci alle bioplastiche, per trovarne i difetti e le mancanze. Domande assolutamente lecite, che meritano una risposta adeguata, ma perché non ce le siamo poste prima?

La sostenibilità è una partita importante che dobbiamo vincere tutti insieme, dalla politica ai consumatori, passando per gli scienziati e le aziende produttrici. Solo parlandoci chiaramente potremmo continuare verso questa strada: dicendoci a che punto siamo e come possiamo migliorare reciprocamente. I sacchetti biodegradabili sono solo un pretesto, non l’ago della bilancia, ma è un memento importante per ricordarci che la mela di Eris, dea della discordia, è un alimento indigesto che forse sarebbe meglio evitare.