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Alcuni giorni fa un articolo di retroscena firmato da Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera, attribuiva a Renzi l’intenzione di trasformare la polemica sui vaccini nella "Banca Etruria” del M5S, ovvero nella vicenda destinata - nell’immaginario collettivo - a togliere credibilità al partito di Beppe Grillo. Ed effettivamente sono state molte le circostanze in cui Renzi ha esplicitamente ricordato la necessità di vaccinare i bambini, negli ultimi mesi, e polemizzato apertamente con gli antivaccinisti che avevano trovato nel M5S una sponda politica per le loro teorie.

Un altro personaggio pubblico che ha dedicato tempo e spazio sui social a contrastare gli antivaxx è stato Enrico Mentana. E si può dire che proprio osservando il “fenomeno” dei suoi post su Facebook - come di quelli del virologo Roberto Burioni - si intuisce come mettersi a menare fendenti contro gli antivaxx e le loro teorie sia una cosa che fa guadagnare consensi e popolarità. Difficile che la cosa passasse inosservata agli occhi della politica.

Un bene o un male? Certo, è confortante rendersi conto che l’ostilità “militante” nei confronti dei vaccini sia un fenomeno socialmente marginale, benché rumoroso. Ma al tempo stesso fare dei vaccini la nuova “linea del Piave” attorno alla quale schierare i partiti e i movimenti politici potrebbe essere oltremodo pericoloso: da una parte si alimenta la confusione, attraverso le banalizzazioni estreme tipiche della polemica politica, dall’altra attribuire a un partito in odore di maggioranza relativa la patente di “partito antivaccini” rischia non tanto di far calare i consensi a quel partito, quanto di dare a quelle tesi una nuova dignità che invece non meritano.

Ne abbiamo parlato con Salvo Di Grazia, medico e divulgatore scientifico, curatore del blog MedBunker, sul quale si è dedicato per anni al debunking delle principali teorie antiscientifiche e pseudoscientifiche in ambito medico, e di una rubrica su Le Scienze, oltre che autore dei libri di successo “Salute e bugie” e “Medicine e bugie”.

 

Dottor Di Grazia, sembra che il tema dell’importanza di una estesa copertura vaccinale - e con esso il tema “sovrastante” delle bufale e della diffusione di teorie antiscientifiche - stia finalmente ricevendo l’attenzione che merita, e non passa giorno senza che i principali leader politici, Renzi in primis, tocchino la questione. Eppure lei non sembra contento. In un post su Facebook, alcuni giorni fa, ha manifestato una certa insofferenza per la cosa. Perché?

In realtà sono contento, finalmente l’opinione pubblica e la politica prendono in considerazione un tema che per anni è stato sottovalutato, quello della cattiva informazione scientifica e medica. Non sono invece per nulla contento del fatto che del tema se ne sia appropriata la politica. Con una scelta di tempo a dir poco sospetta, tutte le parti politiche, le stesse che non hanno mai fatto nulla per la cultura scientifica nel nostro paese, ora sembrano preoccupatissime di ciò che si dice e si fa sui vaccini. Ognuna delle parti si dissocia dal cosiddetto “antivaccinismo” e si dichiara “dalla parte dei vaccini”. Ora, oltre al fatto che non stiamo parlando di una partita di calcio che vede due fazioni contrapposte, mi suona molto strano che tutti si dichiarino a favore dei vaccini quando, fino a pochi mesi fa, nessuno parlava dell’argomento, nessuno dei politici intendo, perché al contrario, divulgatori, medici, scienziati, tutti volontariamente, ne parlavano, inascoltati. Inoltre alle manifestazioni e ai convegni contro i vaccini, accanto a ciarlatani e pseudoscienziati, hanno partecipato rappresentanti di tutti gli schieramenti politici. C’è qualcosa che stona, non trova?

 

Ma non si rischia, in questo modo, di assumere quell’atteggiamento un po’ snob in virtù del quale si perde attenzione per una questione importante nel momento in cui diventa una questione "popolare"?

Al contrario, l’attenzione deve essere quella giusta, non uno scontro politico. Si rischia altrimenti di banalizzare e politicizzare un argomento che non ha nulla di banale o di politico, e quando le elezioni saranno passate, dell’argomento non se ne parlerà più. Non c’è nessuno che deve vincere una battaglia, c’è l’interesse alla salute del singolo cittadino e della comunità, anche perché le decisioni sui temi medici non possono essere prese in risposta delle richieste della massa ma in base all’evidenza e quando c’è fanatismo o intransigenza, da una parte o dall’altra, si rischia di sbagliare.

 

Alla radice del problema dei vaccini c’è, mi sembra, un problema di comunicazione. La comunicazione della scienza - e quindi la sua credibilità - sarà il tema del prossimo numero monografico di Strade, in uscita tra pochissimi giorni. Se l’esitazione vaccinale è un prodotto della sfiducia, si può riconquistare la fiducia con i proclami? Non stiamo rischiando di spacciare la scienza per un dogma, invece che per un “metodo"?

Certo ed è proprio quello che voglio dire. La sfiducia nelle istituzioni c’è perché le istituzioni a volte trattano il cittadino da stupido. Comportamento identico a quello del ciarlatano che parla per dogmi perché sa che nessuno avrà nulla da ridire, che ci crederanno ad occhi chiusi. Oggi i genitori parlano tra loro, si informano (molto spesso male e da fonti sbagliate) e non servirà a nulla contrastarli con dei proclami incomprensibili. Se loro credono di aver capito tutto ma quel "tutto" è sbagliato, bisogna spiegare perché, comprendere i loro dubbi, offrire delle alternative. La sanità deve essere al servizio delle famiglie, anche di quelle che si fidano di meno.

E poi c’è un clima di egoismo generale che impedisce di far comprendere ai genitori l’importanza della comunità, della protezione di tutti, del gruppo che protegge il più debole che sta al centro. Queste forme di “asocialità” sono tipiche dei momenti di crisi, questo non aiuta ma non giustifica le imposizioni cieche e sorde. I genitori non devono vaccinare perché "è giusto così" ma perché "è giusto così per i seguenti motivi". Se poi qualcuno non vuole vaccinare deve essere libero di farlo risarcendo la comunità con la quale non vuole collaborare, un giusto risarcimento che può essere di diverso tipo. In alcune nazioni, ad esempio, hanno tolto i sussidi pubblici alle famiglie che hanno scelto di non vaccinare. Dall’altra parte però lo stato deve assicurare i servizi, non puoi chiedere alle persone di sentirsi parte di una comunità se la comunità non la crei. Ci sono centri vaccinali che hanno ancora registri di carta, ci sono regioni che non inviano nemmeno i report sugli eventi avversi, ci sono situazioni disastrose, improvvisate. Questo i politici lo sanno ma, chissà perché, non ne parlano.

 

Oltre alle dichiarazioni, ai post e ai tweet, i vaccini stanno diventando un terreno sdrucciolevole sul piano del diritto: oltre alla richiesta di estendere l’obbligatorietà per vaccinazioni oggi facoltative e la preclusione ai bimbi non vaccinati dell’accesso alle scuole in alcune regioni, recentemente c'è stata la radiazione di Roberto Gava dall’Ordine dei Medici per la sua propaganda contro i vaccini. Tutte iniziative accolte con entusiasmo da molti, ma che aprono interrogativi non banali sui limiti del potere pubblico nella gestione delle emergenze sanitarie (o nella prevenzione delle emergenze) e sui limiti della libertà individuale. Non si rischia anche qui di trattare la cosa con troppa leggerezza?

Più che di leggerezza parlerei di poca attinenza con la realtà. Io sono assolutamente d’accordo con la radiazione di un medico che dice falsità scientifiche, che propaganda false cure o che invita a fare cose che vanno contro la salute dei cittadini. Il dovere di uno stato civile è anche quello di proteggere i più fragili ed i pazienti sono soggetti fragili per definizione. Il problema è che per un Gava radiato - che comunque continuerà per anni a lavorare liberamente per problemi burocratici - esisteranno cento medici o falsi medici che non lavoreranno in scienza e coscienza. La radiazione, giusta per un medico che dice bugie sui vaccini, deve esserci anche per un medico che imbroglia i pazienti, che guadagna in maniera scorretta o corrotto. Insomma, se ci sono delle leggi vanno rispettate con un solo obiettivo: proteggere il cittadino. Gesti eclatanti che durano due giorni sulle prime pagine e poi scompaiono, non servono a nessuno.