biotech

Da specializzando neurologo mi sono trovato più volte di fronte a scelte da parte di pazienti che ritengo discutibili se non completamente irrazionali. Pazienti che preferiscono tornarsene a casa piuttosto che rimanere in ospedale, pazienti che rifiutano terapie per il timore di possibili effetti collaterali o ancora pazienti che non vogliono sottoporsi a esami perché per loro è meglio vivere nell’ignoranza che sapere di cosa si è ammalati.

A volte queste scelte le ingoi e basta, pur sapendo che una terapia al momento giusto può impedire una moltitudine di problemi futuri o che un esame fatto in tempo può evitare una diagnosi tardiva con tutti i guai che ne conseguono. La libertà del paziente è sacrosanta, e lo sarà sempre: questo ci è stato insegnato dai nostri professori prima ancora che dal diritto. E' un principio che approvo pienamente sia come medico che come possibile futuro paziente. Ognuno deve essere libero di poter scegliere quale strada percorrere, e affrontarne le conseguenze.

Ma l'Italia è piena di contraddizioni: in un paese in cui non possiamo scegliere di poter morire, viene lasciata a una ragazza di appena 17 anni  la libertà di lasciarsi morire di leucemia, una malattia con buone possibilità di cura (fino all’80% in determinate forme), per aver seguito le teorie, ampiamente sbugiardate anche dal solo buon senso, della cosiddetta Nuova Medicina Germanica e del (ex) dottor Hamer.

Per parlare di questa serie di teorie servirebbe ben più di queste poche righe, e per questo vi rimando all’ottimo Salvo Di Grazia e al Dossier Hamer. La scelta della ragazza (o della famiglia, difficile capirlo a posteriori) ha portato all’inevitabile, e in questi giorni si susseguono tanto nei social quanto negli spazi di discussione sui giornali online lunghi battibecchi tra chi condanna la scelta e chi invece alza la bandiera della libertà di cura.

Ma possiamo parlare di libertà di cura quando la scelta è sostanzialmente tra una terapia dall’efficacia ampiamente provata da studi e da osservazioni decennali, con possibili effetti collaterali che conosciamo e possiamo controllare o ridurre, e una pseudo-teoria che non possiede alcuna base biologica, chimica e neppure razionale? Se fossero stati noti i risultati che la medicina moderna offre con questa terribile malattia, la scelta sarebbe rimasta la stessa?

Una scelta, e quindi la libertà di poterla compiere, è veramente tale quando le opzioni vengono presentate in modo distorto? O in questo caso sarebbe meglio parlare di inganno? Cosa è stato raccontato alla ragazza della medicina, e cosa delle teorie che l'hanno uccisa? Una domanda simile me l'ero posta ai tempi di Stamina e in quell'occasione ho attribuito il successo della truffa di Vannoni alla situazione disperata che vivevano i genitori di bambini affetti da malattie incurabili, e al loro bisogno di aggrapparsi a qualsiasi possibile speranza. 

Ma in questo caso non trovo una risposta adeguata: la scelta della ragazza non è stata il frutto della disperazione, le teorie di Hamer non sono state sperimentate dopo aver tentato invano la chemioterapia. In questo caso è stata compiuta una scelta razionale - e letale - tra due opzioni, senza probabilmente disporre di adeguate e corrette informazioni in merito. Anzi, a leggere quel che scriveva il padre della ragazza sul suo blog, disponendo di informazioni false, scorrette e distorte. Trovo semplicemente assurdo che una ragazza di 17 anni, nel pieno della sua vita, si sia spenta a causa di tutto questo. Sia da medico che da persona. E forse il medico che è in me si incazza ancora di più, sapendo che una concreta possibilità di salvezza c’era.


Intanto una cosa posso farla: vi posso segnalare questo sito che racconta come sia aumentata sensibilmente la possibilità di guarigione nelle leucemie e nei linfomi grazie a chemioterapie più mirate e all’introduzione dei farmaci biologici, molecole studiate per colpire un determinato bersaglio.

Sperando che qualcuno, trovandosi in una situazione analoga, compia una scelta più sensata.