Titoli di giornali e sondaggi di opinione parlano di una diffusa paura dell’Islam, ma la realtà sembra molto più complessa. Più che il razzismo, il problema del nostro Paese sembra essere l’ignoranza dell’opinione pubblica, alimentata dalla politica e dalla stampa.

DeLuca Salvini

Lo scorso 18 luglio, il pubblico del teatro Parenti di Milano aspettava trepidante che lo scrittore francese Michel Houellebecq, intervistato nel corso dell’ultima serata della Milanesiana, rispondesse a una domanda sull'Islam. Due giorni prima, l’ISIS aveva rivendicato la strage di Nizza, in cui un uomo al volante di un camion ha investito e ucciso 87 persone sul lungomare della città. La domanda, piuttosto timida, è arrivata dopo quasi un’ora di intervista. Houellebecq ha risposto senza entusiasmo, suscitando qualche mormorio soltanto quando ha sostenuto che le ragazze francesi si vestono in maniera meno appariscente delle italiane perché temono le attenzioni dei musulmani. Alla fine dell'incontro gli spettatori sono usciti delusi. Nemmeno il più scorretto e caustico tra gli scrittori europei è riuscito a scandalizzare il pubblico intellettuale di una delle più importanti manifestazioni culturali dell’estate milanese.

L’intervista a Houellebecq è un singolo episodio di una lunga serie che sembra mostrare uno spostamento verso destra dell’opinione pubblica italiana sul tema dell’Islam. È un timore condiviso da molti, che, tra dibattiti televisivi e post sui social network, vedono un dibattito pubblico sempre più colorato di tinte xenofobe. Poco tempo prima dell’intervista a Houellebecq, Massimo Gramellini, un autore che scrive su un quotidiano autorevole come la Stampa, aveva pubblicato una lettera a un immaginario amico musulmano in cui gli chiedeva di scusarsi per l’attentato di Nizza. Si tratta di un’idea che in molti paesi europei circola soltanto tra i settori della destra radicale. Non si ha notizia di un solo ministro, parlamentare o amministratore europeo di religione musulmana che abbia chiesto scusa per gli attacchi terroristici, né di alcun grande e autorevole quotidiano internazionale che abbia domandato loro di farlo. L’idea che una comunità debba rispondere per gli atti di un singolo, il concetto di colpa collettiva, è da secoli scomparsa dal nostro diritto, ma, nell’Italia di oggi, sembra essere riaffiorata, anche tra i settori più moderati dell’opinione pubblica.

Un mese dopo l’incontro, nel dibattito sul “burqini”, esponenti della sinistra progressista italiana hanno difeso la scelta di alcuni sindaci francesi di vietare gli indumenti tradizionali islamici sulle loro spiagge.

Le statistiche sembrano confermare questo smottamento verso destra. Secondo un sondaggio realizzato nel 2015 dal Pew Research Center, il 61 per cento degli italiani ha una visione negativa dei musulmani, la percentuale più alta tra gli stati in cui è stata realizzata l’indagine - in Francia sono il 24 per cento, nel Regno Unito appena il 18. Gli italiani sono anche tra i popoli europei più spaventati dal terrorismo di matrice islamica. In una serie di sondaggi realizzati nel corso del 2015, l’ISIS e il terrorismo islamico sono risultati sempre tra le prime preoccupazioni degli italiani, spesso più in alto nella classifica rispetto a disoccupazione e crisi economica. Stampa e partiti politici hanno spesso contribuito ad amplificare questo clima di incertezza. Quando, nel febbraio 2015, alcuni miliziani affiliati all’ISIS presero il controllo di una piccola città sulle coste della Libia, i giornali titolarono con grandi fotomontaggi della Basilica di San Pietro sormontata dalla bandiera nera dell’ISIS.

Ma l’Italia ha davvero un problema di islamofobia? Se sondaggi di opinione come quelli del PEW Center indicano gli italiani come i più xenofobi d’Europa, questionari complessi con domande specifiche, come lo European Value Survey, mostrano invece che sono tra gli europei più aperti in Europa al contatto con gli stranieri. Come ha raccontato la giornalista Heather Horn in un lungo articolo pubblicato lo scorso ottobre sull’Atlantic, non esiste un metodo unico e accettato per misurare la xenofobia, e gli studi in questo campo non sono stati numerosi. Anche altri indicatori sembrano suggerire una realtà più complessa, nel nostro paese. La forza politica in ascesa, il Movimento 5 Stelle, non ha un programma chiaro sull’immigrazione e non manifesta particolare ostilità nei confronti dei musulmani. D’altro canto, i consensi della Lega Nord, il partito italiano più radicalmente ostile nei confronti di stranieri e musulmani, dopo aver raggiunto un picco intorno al 14 per cento nel corso del 2015, sono rimasti stabili, e, secondo alcuni sondaggi, hanno mostrato un calo negli ultimi mesi. Per quanto gli italiani dicano di essere preoccupati soprattutto da immigrazione e terrorismo, i loro voti non sembrano andare nella stessa direzione.

Questa apparente contraddizione, a mio parere, ha due spiegazioni. La prima è che, almeno in Italia, il fronte liberale e progressista non è ancora riuscito a produrre una narrazione autonoma per interpretare l’Islam e i problemi che, oggettivamente, implica l’integrazione nei nostri paesi di centinaia di migliaia di musulmani. A corto d’idee, gli intellettuali italiani prendono a prestito concetti dalla destra, cercando a fatica di inserirli nei loro schemi concettuali. Nel suo editoriale, ad esempio, Gramellini propone al suo immaginario amico musulmano un patto che sarebbe impensabile per qualsiasi esponente della destra radicale: l’impegno degli italiani nell’impedire una vittoria elettorale dei “razzisti”, in cambio della denuncia della violenza terroristica da parte dei musulmani. Mescolando in maniera simile temi di destra e di sinistra, poche settimane dopo, Paolo Flores d’Arcais ha difeso su Repubblica il divieto del burqini, utilizzando argomentazioni di sinistra. Quello che a prima vista sembra uno spostamento verso destra, a un esame più approfondito appare come un altro aspetto della generale difficoltà della sinistra nel fornire un’interpretazione ai problemi sociali di oggi.

La seconda spiegazione è che quella italiana è un’opinione pubblica volubile, influenzata da una stampa e da una politica incostanti. L’ISIS, che un giorno appare pronto a sbarcare sulle nostre coste, una settimana dopo è stato dimenticato in favore dell’ultimo scandalo o della polemica più recente, che entro poco sarà dimenticata a sua volta. E sono amnesie, per quanto riguarda l’Islam, che l’opinione pubblica si può permettere perché l’Italia è in realtà un paese ancora poco toccato dalla questione: appena il 2 per cento della popolazione residente è di religione musulmana, non sono mai avvenuti attentati terroristici sul territorio nazionale e la presenza di estremisti organizzati è quasi invisibile. Gli italiani hanno timore di una cosa che non conoscono e, come tutte le paure dell’ignoto, anche questa fatica a resistere alle indagini più approfondite. Le inchieste più raffinate, tuttavia, sembrano mostrare che l’opinione pubblica italiana non ha particolari pregiudizi, una volta messa di fronte a domande concrete. Il problema del nostro paese, oggi, più che il razzismo sembra essere l’ignoranza.