Aung San Suu Kyi resta in carcere e in Myanmar scoppia la rivolta
Istituzioni ed economia
Sono ormai trascorsi cinque mesi da quando esercito del Myanmar ha rovesciato il governo legittimamente eletto, dichiarando non validi i risultati delle elezioni generali del novembre 2020, istituendo lo stato di emergenza di un anno e arrestando Aung San Suu Kyi e altri alti funzionari del partito al governo, la National League for Democracy, con l’accusa di brogli nelle elezioni generali, vinte dalla NLD con un'ampia maggioranza.
La presa di potere militare, avvenuta poche ore prima della convocazione del parlamento appena eletto, è così riuscita a vanificare le speranze per l’avvio di un progresso democratico nel Paese guidato dal premio Nobel per la pace.
Le autorità militari hanno inizialmente accusato Aung San Suu Kyi di importazione illegale di dispositivi di comunicazione portandola a processo, senza rappresentanza legale, con accuse di sedizione giudicate “fasulle”dagli osservatori internazionali che parlano apertamente di un tentativo della giunta militare di eliminare la National League for Democracy,, cancellare le conquiste democratiche del Paese e consolidare il potere militare”.
Prima del colpo di stato, il Myanmar era governato da un accordo di condivisione del potere tra il governo civile e quello militare, ai sensi della costituzione del 2008. L'accordo aveva garantito che i militari non cadessero mai sotto il controllo civile, riservando il 25% dei seggi parlamentari, tre ministeri chiave (difesa, sicurezza interna e delle frontiere) e uno dei posti di vicepresidente per i graduati, e confidavano di mantenere il proprio predominio sulla politica anche dopo le elezioni del novembre 2020 che di fatto spostarono l’equilibrio in favore della National League for Democracy, portando l'Union Solidarity and Development Party di allineamento militare a lanciare per prima le accuse di brogli elettorali.
Così nelle settimane precedenti al colpo di stato, il capo dell'esercito ha espresso un sempre più crescente sostegno alle denunce di brogli elettorali lanciate dall’USDP, accuse smentite dalla commissione elettorale che ha dichiarato di non aver trovato prove a sostegno.
La conquista militare ha scatenato proteste che hanno visto centinaia di migliaia di persone scendere in piazza. Le manifestazioni pacifiche delle prime settimane si sono rapidamente trasformate in scontri letali quando i militari hanno avviato una brutale repressione, arrestando leader eletti, funzionari civili, leader della protesta e giornalisti e sparando proiettili veri contro manifestanti disarmati. A giugno si stima che circa 900 persone siano state uccise e più di 6.000.
La repressione militare ha scatenato la mobilitazione di un'ampia disobbedienza civile e una resistenza armata di tipo guerrigliero, mentre gli scontri tra i militari e i nuovi gruppi armati civili minacciano di inghiottire il paese in una nuova guerra civile.
Intanto l'escalation di violenza ha già portato centinaia di migliaia di profughi e le condizioni umanitarie e l'insicurezza alimentare stanno peggiorando; l'economia si sta deteriorando e l'accesso a Internet è quasi inesistente per via dell’interruzione delle comunicazioni di massa operata dai militari all’indomani del colpo di stato.
Nel frattempo la resistenza ha varato un governo di unità nazionale di opposizione, creato a metà aprile da ex membri del governo di Aung San Suu Kyi e rappresentanti di alcuni partiti di minoranze etniche per coordinare la controffensiva civile e creare un forte gruppo di pressione contro il riconoscimento internazionale della giunta militare.