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È in corso un’operazione di sostituzione etnica coordinata dall’Europa.

La sinistra, a livello mondiale, ha pianificato un’invasione, una sostituzione di popoli.

C'è un progetto per togliere la voglia di fare figli ai ragazzi italiani. Nessuno me lo toglie dalla testa.

È in corso un'invasione pianificata del nostro paese. Un tentativo di sostituzione etnica dei nostri lavoratori con dei disperati. E chiunque mi aiuti a bloccare questo tentativo di sostituzione etnica è benvenuto.

Dobbiamo capire che dietro questo grande tema dell'immigrazione incontrollata, non c'è il tentativo episodico di persone che sperano di sbarcare in Europa. C'è un movimento organizzato, c'è anche un disegno di destrutturazione della società.

Siamo la nazione che l’anno scorso ha fatto scappare centomila italiani all’estero e ha portato in Italia in tre anni 500mila immigrati richiedenti asilo. Penso che ci sia un disegno di sostituzione etnica in Italia.

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Queste frasi - le prime quattro di Matteo Salvini, le ultime due di Giorgia Meloni - descrivono un immaginario comune alle grandi maggioranze populiste italiane e alle sempre più minacciose metastasi terroriste del suprematismo “bianco”. Il piano Kalergi è il nuovo Protocollo dei Savi di Sion, cioè un tentativo di giustificazione in chiave “difensiva” di una campagna politica aggressivamente razzista.

Come il Protocollo dei Savi di Sion, anche la teoria della "Grande Sostituzione" via invasione, evocata negli stessi termini dal killer di El Paso e da tutti i politici sovranisti italiani e occidentali, è un prodotto propagandistico, una strategia di opinione, ma percolando coi suoi veleni nelle vene di una società spaesata e opportunamente impaurita diventa molto più che una semplice verità: un dispositivo politico universale, una chiave di interpretazione del mondo, una pietra filosofale politica, capace di risanare la corruzione e ristabilire la salute del corpo sociale.

Come tutti i prodotti ideologici totalitari quella della sostituzione etnica è una teoria che spiega tutto, che rimette tutte le cose nel giusto ordine morale, che ricostruisce la storia come delitto e che restituisce a ogni auto-proclamata vittima il diritto di avere e di odiare un colpevole e di identificarlo secondo la misura del pregiudizio più naturale e radicato nella storia evolutiva dell’uomo. Una politica che la deriva etno-nazionalista delle democrazie occidentali ha ancorato, nuovamente, al paradigma “razziale”, non può che scivolare nella difesa razzista dell’identità.

In Italia siamo stati finora fortunati che lo stellone abbia protetto Traini e le sue vittime designate dalle conseguenze di una carneficina simile a quella che costella con frequenza crescente la cronaca politica nera di molti paesi occidentali, a partire dagli Stati Uniti. Ma non c’è niente da stupirsi che un pensiero nutrito di odio e risentimento per un complotto che rende tutte le infelicità “private” partecipi di un unico destino e arruolate in una doverosa guerra di resistenza, finisca per produrre legioni di auto-radicalizzati, pronti a vendicare il proprio dolore e quello del mondo sparando all’impazzata e nel mucchio, senza neppure distinguere troppo le vittime, perché l’intero mondo e ciascuna singola persona è appunto colpevole della nequizia che l’ha generato.

Quello suprematista è un terrorismo ibrido e perfettamente simmetrico a quello jihadista. Ammazza per ammazzare, non per fare una rivoluzione, non per conquistare il potere, ma per imporre la rivoluzione e il potere della morte, nell’ordine fittizio del mondo dominato dal male.

Rossana Rossanda, in pieno sequestro Moro, ebbe il coraggio di ammettere che le Brigate rosse, cui il PCI per anni negò il riconoscimento di una comune matrice ideologica, appartenevano davvero all’album di famiglia della storia comunista. “In verità – scriveva la Rossanda - chiunque sia stato comunista negli anni cinquanta riconosce di colpo il nuovo linguaggio delle Br. Sembra di sfogliare l’album di famiglia: ci sono tutti gli ingredienti che ci vennero propinati nei corsi Stalin e Zdanov di felice memoria.”

Manca oggi nel fronte sovranista chi abbia il coraggio di ammettere che i suprematisti e gli anti-immigrazionisti che da tempo vanno sparando per vendicare l’oltraggio “dell’invasione”, appartengono all’album di famiglia e parlano lo stesso linguaggio del sovranismo vincente.