No Iussoli

Io ricordo di aver incrociato la prima discussione sullo ius soli temperato nel 2009. E non in un collettivo di sinistra, bensì in una riunione di quello che allora era il partito unico del centrodestra italiano. E anche se oggi nessuno di chi resta, a destra, di quel mondo ve lo dirà mai, è merito di quella parte politica, che anche su quel tema consumò al proprio interno una sanguinosa frattura, se lo ius soli temperato si è affermato a fatica, negli anni, come urgenza di policy, per poi venire instradato nella discussione parlamentare che dovrebbe concludersi a breve al Senato.

Dico che è merito del centrodestra, benché oggi un po’ questo se ne vergogni, non nonostante, ma proprio grazie a quella frattura politica profonda che lo segnò sul piano culturale.

Che poi nel centrodestra abbiano vinto gli altri, quelli della chiusura e della paura, e che il testimone di quella frattura culturale lo abbia raccolto il centrosinistra più impuro e accusato di collateralismo di sempre, è solo un meraviglioso esempio di eterogenesi dei fini, o di sindrome di Stoccolma al rovescio, con i vincitori che non si accorgono di essere tali e si fanno tenere ostaggio dai perdenti.

La legge sullo ius soli temperato, e insisto sul temperato, dal momento che non esiste alcun diritto di alcuno di nascere in Italia e automaticamente acquisirne la cittadinanza, è una buona legge perché dosa con equilibrio incentivi, doveri e riconoscimenti, svincolandoli dalla logica della cittadinanza ottriata dallo Stato.

Oggi i cittadini non europei possono diventare cittadini italiani dopo 10 anni di residenza legale nel Paese, se lo Stato, non lo stato di diritto, così decide; oppure se vi risiedono fino al diciottesimo anno di età, e poi fanno domanda entro un anno. Nel frattempo vivendo nell’incertezza e sotto la signoria dell’inefficienza della burocrazia, da cui dipendono i permessi di soggiorno temporanei e anche la celerità con cui viene processata l’istanza di cittadinanza, una volta effettuata. Ciò spesso determina una situazione in cui i richiedenti, a diritto maturato, attendono ancora altri anni prima di vederselo riconosciuto. Salvo farsi superare da quel calciatore sudamericano che non ha mai vissuto in Italia e che dell’Italia non sa assolutamente niente, solo perché si è scoperto che aveva un avo, poi emigrato, italiano.

Chi sceglie l’Italia, giorno dopo giorno, anno dopo anno, con impegno e sacrificio, oltre che con rispetto e talvolta con ammirazione, chi in Italia nasce, vive, lavora, ama, studia, paga le tasse e sbiascica dialetti, è una minaccia solo per l’identità degli imprenditori politici della paura, non per quella del Paese.

E questa è una legge che niente avrà a che fare con i fenomeni migratori degli ultimi anni, perché quelle persone non hanno permessi di soggiorno permanenti o di lunga durata, e quindi i loro figli non possono derivare alcun diritto per ius soli. Ragion per cui è estremamente disonesto, sul piano intellettuale, mescolare la discussione su questa legge con quella sulle risposte all’immigrazione. È ammuina politica facile svincolata dal merito della questione. Non una novità insomma, ma nemmeno una bella tradizione.

La legge sullo ius soli temperato sarebbe un bel finale per una legislatura nata brutta e proseguita peggio.