Le sfide dell'UE, primo round: le elezioni in Olanda
Istituzioni ed economia
Saranno le elezioni in Olanda, il 15 marzo prossimo, il primo banco di prova della tenuta dell'Unione Europea. Tra due settimane, dieci giorni prima del 60° anniversario della Firma del Trattato di Roma, gli olandesi saranno chiamati ad eleggere un nuovo Parlamento. Vedremo, dunque, se davvero, come va dicendo il suo leader Geert Wilders, “una volta fuori, il genio non rientrerà nella bottiglia” e il Partito per la Libertà olandese (PVV) sarà destinato a conquistare il governo di uno dei Paesi più civili e liberali d'Europa.
Geert Wilders, fondatore e leader del PVV, è ormai un'icona dell'estrema destra. Vuole mettere fine all'immigrazione dai Paesi musulmani (anche lui), tassare il velo islamico e proibire il Corano. È (parzialmente) di origine indonesiana e si tinge i capelli di un biondo sfavillante. È onnipresente sui social media ma vive nascosto e protetto dalla polizia (è in cima alla lista del terrorismo jihadista e anche in campagna elettorale si fa vedere raramente in giro: pare dorma ogni sera in un posto diverso). Ha strutturato il suo partito (anche lui) in modo da esserne l'unico “padrone” e tenerlo sotto controllo. E, anche lui, è un provocatore, un iconoclasta, che si diverte a punzecchiare l’establishment e si erge a “difensore del libero pensiero”
È uno dei politici più inconsueti in circolazione, specie se si considera che l'Olanda è uno dei Paesi europei più aperti, con una tradizione di promozione della tolleranza religiosa e dell'accoglienza degli immigrati lunga un secolo. Oltretutto, l'Olanda è un Paese economicamente solido: nel 2016 il Pil è cresciuto del 2,1% e il tasso di disoccupazione è del 6%, tra i più bassi d'Europa. Un Paese, insomma, che con la sua tolleranza religiosa e la sua relativa prosperità potrebbe sembrare il posto meno adatto per permettere all'estrema destra di mettere radici e prosperare. Ma, al solito, il successo del PVV sembra sia dovuto alla crescente disaffezione dei cittadini olandesi verso l’Ue e all'amplificazione (al solito, esagerata) della crisi migratoria. Tema che, si sa, di questi tempi risulta elettoralmente vincente. E il fatto che proprio in un Paese con uno stile di vita così aperto un numero crescente di olandesi si rivolga a Wilders per proteggere e tutelare i valori sociali liberali la dice lunghissima sul problema (oltre che sull'appeal di Wilders).
Va da sé che il risultato del suo partito nelle elezioni del 15 marzo prossimo potrebbe fare da apripista all'estrema destra nelle elezioni (decisive) che si terranno in Francia e in Germania (e forse in Italia) nel corso dell'anno e alla fine determinare il futuro dell'Unione europea. Wilders ha promesso, infatti, di chiedere un referendum sulla Nexit, per decidere se l'Olanda dovrà seguire l'esempio della Gran Bretagna e lasciare l'Unione.
L'Olanda è una specie di barometro e molte tendenze, in quel Paese, si manifestano con un certo anticipo. Non bisogna, dunque, escludere nulla. Va detto però che, se anche il PVV dovesse primeggiare rispetto al Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD) guidato dall’attuale premier Mark Rutte - le elezioni si presentano infatti come una sfida tra i due leader: il Partito Laburista (PvdA), per anni protagonista della scena politica, è ormai fuori dai giochi - , il partito di Geert Wilders comunque non arriverebbe ad occupare i seggi necessari per dar vita ad una maggioranza sufficiente a governare.
Senza contare che tutti i partiti in corsa hanno già detto di non essere disposti a formare un'alleanza di governo con il PVV. Ed è verosimile che, per contrastare l’ascesa di Wilders, si formi una “grande coalizione” tra i diversi partiti in grado di garantire la maggioranza nella Camera. Che l’Olanda riesca ad avere un governo stabile e coeso è però molto improbabile.
Per ora pare che il partito di Wilders sembra destinato a conquistare più seggi di chiunque altro, anche se in passato ha sempre ottenuto risultati migliori nei sondaggi prima del voto che nelle urne. Tuttavia, dopo che i sondaggi hanno sottostimato sia la Brexit che la vittoria di Trump, nessuno è disposto a fidarsi più di tanto.
Ma che il partito di Wilders conquisti o meno la maggioranza dei seggi importa poco. È già riuscito in uno dei suoi obiettivi più ambiziosi: spingere la politica olandese a destra e rendere possibile una discussione sulla chiusura agli immigrati e sulla demolizione dell'Unione europea che non molto tempo fa sarebbe stata impensabile.