cameron merkel

L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea non è una buona notizia, non foss’altro per il fatto che il primo incarna da decenni gli ideali che la seconda dovrebbe promuovere: pace, libertà, democrazia, cooperazione, e libero scambio.

Va inoltre ricordato che è stato il Regno Unito, insieme all'Irlanda e alla Svezia, ad aver per primo aperto il suo mercato del lavoro ai cittadini dei nuovi stati membri. Né si può dire che la Brexit sia un grande affare per lo stesso Regno Unito. Al di là dello scarto piuttosto stretto fra “Leave” e “Remain” il paese risulta profondamente diviso soprattutto sul piano demografico. Cosa ancora più preoccupante, le divisioni appaiono marcate anche lungo i confini nazionali, con la Scozia e l'Irlanda del Nord ad aver scelto "Remain" con ampio margine. Nel breve periodo c’è dunque da aspettarsi instabilità politica ed economica dato che Cameron ha annunciato le sue dimissioni e gli attori economici si trovano ad affrontare un futuro sostanzialmente incerto.

I funzionari dell’Unione hanno ragione a fare pressioni per una rapida uscita del Regno Unito. Ma l’UE non ha alcun interesse a peggiorare la situazione in cui si trova l’UK e viceversa. Orgoglio ed emozioni devono essere messi da parte se l'UE non vuol rischiare di gettare il bambino con l'acqua sporca. Un Regno Unito prospero sarà meglio capace di assorbire le esportazioni dell'UE, mentre una prolungata instabilità politica ed economica avrebbe effetti negativi sull'economia europea e indebolirebbe il continente anche sul piano della sicurezza. Viene inoltre da pensare che l'UE abbia ora un obbligo nei confronti di quasi metà della popolazione del Regno Unito che ha votato per non uscire, e in particolare verso scozzesi e nord irlandesi. È dunque assai preferibile lavorare a degli accordi che possano mitigare le conseguenze negative della Brexit ipotizzando persino la realizzazione di una special relationship tra Regno Unito e Unione Europea.

La Brexit avrà ovviamente delle ripercussioni sulla la stessa UE. Queste si possono facilmente riassumere osservando chi esce vincitore e chi vinto da questa storia. I principali sconfitti nel breve e lungo periodo sembrano essere gli stati membri dell'Europa orientale. Questi paesi hanno perso un importante alleato all'interno dell'UE indebolendo ulteriormente la loro posizione negoziale nei confronti dei membri storici. E i vincitori? Il più grande vincitore sembra essere l'attuale governo russo, che si sforza di ripristinare il suo status di potenza geopolitica utilizzando la provata strategia del divide et impera.

Il secondo gruppo di vincitori sono i movimenti populisti, di destra o di sinistra, di tutta Europa. Gli ultimi potenziali vincitori sono i "tecnocrati", il cui programma è quello di omogeneizzare e regolamentare qualsiasi bene o servizio circoli all'interno dell'UE, dalle lampadine alla curvatura delle banane, limitando la concorrenza e le opportunità commerciali, e rallentando ogni processo di distruzione creatrice. Il Regno Unito è stato una grande forza pro-mercato all'interno dell'UE e a partire da ora ci saranno più ostacoli alla attuazione di quest'agenda.

Václav Havel ha detto una volta che l'inevitabile svantaggio della democrazia è che lega le mani di coloro che la rispettano, a dà libero campo a coloro che non la prendono sul serio. Europei e britannici devono impegnarsi a evitare che forze politiche spregiudicate si approprino della Brexit. E la prima cosa da fare in questo senso è respingere la retorica per cui la Brexit sarebbe un disastro. Piuttosto che come un disastro, noi crediamo che la Brexit dovrebbe essere vista come un esperimento: un'opportunità per capire meglio quali compiti e competenze devono restare appannaggio di Bruxelles e cosa invece è preferibile decentrare.

Concretamente, ciò significa che è necessario aggiornare le istituzioni e le politiche dell’Unione Europea. Ma al tempo stesso è necessario che i politici dei singoli paesi la smettano di usare l’UE come un alibi. Troppo spesso infatti l'UE serve da scusa per attuare politiche impopolari. Troppo spesso vediamo politiche UE attuate male. Troppo spesso, politici usciti sconfitti da un voto legittimo e democratico a livello europeo presentano quella decisione ai loro elettori come "un diktat di Bruxelles." Questo è un atteggiamento ipocrita e irresponsabile.

L'Unione Europea dovrebbe concentrarsi su ciò che sa fare meglio: promuovere il commercio, la libera circolazione e la cooperazione. Le risorse dovrebbero essere riallocate dalla mera ridistribuzione alla promozione del sapere, dell'istruzione e del progresso scientifico. E, cosa più importante, l'UE dovrebbe recuperare uno dei suoi principi più importanti, il principio di sussidiarietà: quel principio regolatore secondo cui ogni compito dovrebbe essere svolto dalla più piccola e meno centralizzata autorità competente. Si tratta di un principio non meno importante del principio di "armonizzazione", anche se riceve nel discorso pubblico assai meno spazio. È necessario quindi ripensare con attenzione a quali siano i beni pubblici che è necessario gestire a livello europeo e quali questioni di intervento pubblico devono essere invece trattati su un piano locale.

Questo articolo appare contemporaneamente in francese su Les Echos e in inglese su CapX.