Comunque vada al ballottaggio, a Roma purtroppo vincerà l’Atac
Istituzioni ed economia
La rassegnazione con cui i romani hanno accolto la notizia dello sciopero dei lavoratori dell’Atac esattamente nelle ore in cui la nazionale di calcio giocava la partita d’esordio agli Europei di Francia contro il Belgio è un indizio sull’esito del ballottaggio di domenica 19 giugno, in cui uno tra Roberto Giachetti (centrosinistra) e Virginia Raggi (Movimento 5 Stelle) sarà eletto sindaco della Capitale.
Entrambi i candidati, a cominciare dalla campagna del primo turno, hanno affrontato tutti i temi possibili immaginabili - dalle periferie alle buche, dalla funivia alla legalizzazione della cannabis, dai campi rom alla proprietà di Acea, dalle Olimpiadi allo Stadio della Roma – tranne uno, probabilmente quello che più interessa i romani e quelli che per lavoro o diletto a Roma devono muoversi: il drammatico servizio di trasporto pubblico capitolino e, soprattutto, i suoi riottosi dipendenti.
Un esercito di macchinisti, autisti, bigliettai, controllori, dipendenti, funzionari e dirigenti di vario livello che ogni giorno, tra attese infinite alle fermate, scioperi, bus rotti e metro stracolme danno vita a un circo infernale che travolge milioni di persone: lavoratori, pendolari, studenti, pensionati, turisti.
Colpa del management storico, certo. Ma colpa anche di una lobby, quella dei dipendenti Atac, che, cosciente del suo potere e dei suoi numeri, li utilizza per spernacchiare la cittadinanza. E dunque: lo sciopero per la partita di calcio, lo sciopero per allungarsi il weekend, lo sciopero bianco per non timbrare il cartellino...
Sarà per i numeri imponenti dei dipendenti di questa azienda pubblica (12 mila a cui si aggiungono i familiari) corrispondenti a pacchetti di voti determinanti, che gli sfidanti al ballottaggio per il sindaco di Roma si tengono alla larga dal dichiarare misure drastiche per riportare i lavoratori Atac alla normalità.
E così, nel confronto faccia a faccia tra Raggi e Giachetti andato in onda nel corso di In Mezz’ora di Lucia Annunziata su Rai Tre è diventato più chiaro che mai che nessuno ha voglia di affrontare davvero il problema dei dipendenti del trasporto pubblico romano. La Raggi ha parlato genericamente di “riorganizzazione”, che “non vuol dire però licenziamenti”, Giachetti è tornato sui suoi passi rispetto all’idea di una privatizzazione, anche parziale, dell’azienda, difendendo l’operato dell’attuale management.
Per il resto della campagna elettorale, qualche idea su come aumentare i controlli, su come risanare l’azienda e renderla più forte. Andando a guardare i programmi, Giachetti e Raggi hanno presentato piani per la mobilità quasi identici: più corsie preferenziali, piste ciclabili, più autobus, più metropolitane, più controlli contro gli abusivi.
Ma tutti questi “più” riusciranno a far ottenere alla Città meno scioperi tattici, meno interdizione burocratica, meno ostruzionismo operativo, meno ricatti da parte di migliaia di dipendenti in grado di paralizzare una Città e mettere in ginocchio una amministrazione per le ragioni più futili, indifendibili, corporative, particolaristiche? Oppure non è vero il contrario, cioè che per tornare a funzionare normalmente l'Atac dovrà innanzitutto mettere in discussione l'intoccabilità dei suoi dipendenti?
Perché quello che emerge è una sorta di timore reverenziale dei due candidati verso un gruppo di lavoratori che invece non ha alcuna paura di scioperare durante una partita di calcio o di fare il ponte lungo, che non si cura del fatto che l'azienda sia considerata un cancro della città, che se ne infischia di non avere alcuna dignità agli occhi di chi prende ogni giorni bus e metro, e non fa nulla per averla. Lavoratori che non hanno alcun rispetto del bene pubblico e dell’immagine che di Roma danno al mondo. Hanno il posto fisso, è questo quello che (per loro) conta. Sì dirà: ma mica tutti i dipendenti dell'Atac sono così, ce ne sono di onesti, corretti e zelanti! Ma questo non conta letteralmente nulla, se il servizio che l'Atac rende alla Città è determinato dai primi, e non dai secondi.
Una bella questione: in una campagna elettorale dominata dalla retorica anti-sistema, questi dipendenti cosa sono? Il sistema o l'anti-sistema? Non sono anche una prova che il degrado politico di Roma non dipende solo dalla corruzione di consiglieri o assessori e dall'inefficienza dei partiti, ma dalle abitudini o dai comportamenti di lavoratori ed elettori romani, che, senza dubbio, intervistati uno per uno, agiterebbero anch'essi la questione morale, proporrebbero il patibolo per i colpevoli di Mafia Capitale e la galera e la gogna per i politici ladri?
L’impressione, al momento è che, comunque vada il ballottaggio, a vincere sarà di nuovo l’Atac, con i suoi dipendenti e i suoi disservizi.