tusk cameron

Ieri Mario Monti ha ammonito il parlamento italiano di non considerare la pace come uno stato naturale e definitivo della storia europea, che si è invece trascinata per secoli in croniche guerre fratricide, fino a che al contagio nazionalista non è stato opposto il vaccino delle politiche e delle istituzioni comuni. E alla guerra e alla sua tragica normalità si rischierebbe di tornare se gli stati si riappropriassero della sovranità "perduta" e riprendessero a esercitarla con quel senso di frustrazione, che il nazionalismo naturalmente accende con la retorica dei diritti negati e dei soprusi subiti.

Di fronte a questo pericolo, che gli elettori italiani considerano peraltro in buona maggioranza una mera giustificazione della perdurante "dittatura" di Bruxelles, si sta facendo largo, non solo in Italia, l'idea di una disintegrazione parziale e negoziata dell'Ue, che investe non i dettagli, ma il cuore dei trattati e del mercato comune (Schengen e le quattro libertà di movimento fondamentali).

La proposta Tusk, formalizzata oggi per andare incontro alle richieste di Cameron in vista del referendum in Gran Bretagna, rientra evidentemente nella logica della "funzionalizzazione" di un'Europa politicamente rinazionalizzata, ma ancora formalmente unita da istituzioni e regole comuni. Dalla crisi dell'Ue, che è un effetto del risorgente nazionalismo negli stati membri, si pensa insomma di uscire con un'Unione depotenziata e variabile, che si piega, per non spezzarsi, fino a dissolversi per non dividersi di fronte alle minacce di secessione.

Qualunque cosa si pensi nel merito di questa disponibilità del Consiglio alla parziale de-europeizzazione dell'UE, è del tutto irrazionale ritenere che questa strategia negoziale possa chiudere le partite aperte - con gli est europei e i nordici su Shengen e con Londra sull'immigrazione comunitaria - e non invece aprirne innumerevoli altre in ogni angolo dell'Unione (per non parlare dell'eurozona), in chiunque fosse interessato a trarre dai vantaggi altrui il riconoscimento e la soddisfazione del proprio. Altro che realismo, siamo al cupio dissolviCome si può credere razionalmente che concedendo alla Gran Bretagna di contingentare l'immigrazione di sud ed est europei sarà possibile negare all'Italia di esigere e di ottenere un analogo contingentamento? E se è possibile ostacolare la concorrenza dei lavoratori stranieri verso quelli britannici per "ragioni superiori di interesse pubblico, come incoraggiare l'occupazione, ridurre la disoccupazione, proteggere i lavoratori vulnerabili" [Draft decision of the Heads of State or Government, meeting within the European Council, concerning a new settlement for the United Kingdom within the European Union, sezione D, lettera a)], come si potrà impedire che altri paesi pretendano di porsi al riparo della concorrenza di beni e servizi o della superiore attrattività finanziaria dei competitor Ue?

Nell'Europa à la carte, il menù delle concessioni diventerà chilometrico, fino a trasformare il sogno di tante "Europe" concentriche, che si muovono a diverse velocità nella stessa direzione, nell'incubo di un'Europa centrifuga, in cui tutti i paesi si muovono, alla stessa folle velocità, in direzioni diverse.

@carmelopalma