Dalle elezioni in poi l'illusione fatale di molti esponenti di Scelta Civica - coltivata a suo modo dallo stesso Monti - è stata credere possibile la nascita di un partito attraverso la semplice "cristallizzazione" di una lista civica, composta peraltro senza troppa coerenza e trasparenza. I veri partiti non possono nascere così.

Oggi la confusa democrazia italiana vede la presenza di un solo vero partito - il Partito Democratico - cioè un'istituzione dotata di una visione culturale di base (aggiornabile nel tempo, ma chiara), regole di funzionamento e di selezione competitive, compenetrazione nella società. Le altre formazioni politiche sono (e lo sono state praticamente tutte quelle della Seconda Repubblica) semplici esperienze leaderistiche incapaci di sopravvivere al proprio capo.

Proprio l'allergia di Monti per il leaderismo avrebbe potuto e dovuto spingerlo, dopo l'esito deludente delle elezioni, a scegliere una via diversa: non fare di quel che aveva un partito, ma offrire quel che aveva ad un processo costituente nuovo e aperto all'esterno, partendo da alcune scelte preliminari. Anzitutto, quale visione politica di fondo, quale posizionamento rispetto alla dinamica bipolare (sgangherata ma ancora esistente), quale famiglia europea, quale rapporto rispetto al governo della Grande Coalizione. Non tutti i parlamentari avrebbero accettato la linea intrapresa, ma un partito aritmeticamente ininfluente in Parlamento può permettersi di perdere pezzi se l'obiettivo è la chiarezza. La storia ha poi dimostrato che i pezzi li perdi comunque, magari a partire dalla testa.

Cosa resta oggi? La stessa profonda mancanza - che si è avvertita drammaticamente nel 2012 - di un partito riformatore e liberale che offra agli italiani una piattaforma di meno tasse e meno spesa, più concorrenza e più innovazione, più inclusione sociale e meno intromissione dello Stato nella vita delle persone. Un partito del genere non potrebbe però pensare di essere "terzo" rispetto alle due maggiori formazioni politiche italiane, il PD e il PDL, ma dovrebbe ambire ad essere alternativo al primo e competitivo con il secondo, "aggredendone" l'elettorato di riferimento. È nell'elettorato alternativo alla sinistra che si gioca la partita, infatti, con linguaggi e argomenti capaci di parlare ad una platea ampia. Altre strategie - il collateralismo al PDL di Alfano o al PD di Renzi - possono aiutare i destini individuali di qualcuno, ma non lo sviluppo di una vera forza politica.

C'è spazio perché questo accada o è ormai troppo tardi? Difficile, soprattutto dopo lo sconquasso di SC, ma non per questo è meno auspicabile che qualcuno lavori nella giusta direzione.