logo editorialeSpiegare ad un profano cosa sia la stratificazione normativa, in effetti, può sembrare ostico: pensate però ad una piccola fabbrica di birra artigianale, con i suoi pochi operai ed i suoi modesti ma sudati proventi, frutto di passione, lavoro, investimenti e tante tirate di cinghia. Ecco, pensate ancora ad un governo che, ritenendo pur in tutta coscienza di fare del bene, null'altro riesce ad immaginare di più geniale che a produrre norme come in una catena di montaggio di garbugli azzeccati male.

Il triste fenomeno dell'iperproduzione normativa porta con sé una serie di patologie dell'ordinamento giuridico, le quali non ritengo siano mero affare per puristi del sistema delle fonti, bensì debbano riguardare ogni cittadino, ed in particolare gli operatori economici e politici, in quanto esse emanano effetti deteriori sull'intero tessuto produttivo, colpendo con particolare durezza le PMI, spesso dotate di scarsi, se non nulli, mezzi per il monitoraggio dell'ipertrofica produzione normativa nazionale ed europea. Si pensi alla selva di leggi, decreti-legge, decreti legislativi, regolamenti indipendenti, integrativi, attuativi, DPCM, decreti interministeriali, sigle, numeri, anni, date, regole che si accavallano e spesso si contraddicono, rendendo folle la vita d'impresa.

Emerge un'immagine raccapricciante: la volatilità normativa e la stratificazione di norme e regole si sostanziano in tasse, balzelli e bolli che mutano nel tempo, roteando al roteare degli equilibrismi politici, pile di scartoffie che intasano la vita di commercialisti, avvocati, ragionieri, lobbisti, ma anche salumieri, droghieri e fruttivendoli, fino a colpire l'economia domestica della ben nota casalinga di Voghera. Un dato, che a mio modesto avviso, dovrebbe essere moltiplicato, pensando agli ulteriori problemi dovuti a: stratificazione normativa europea, giurisprudenza ballerina dei nostri solerti tribunali, applicazioni pedisseque - in capo a controllori ed amministratori illuminati per essere buoni a giorni alterni - di quelle stesse norme che, peraltro, non brillano di certo per chiarezza e pertanto si prestano alle interpretazioni più sfrenate, ecc.

Una questione complessa, dovuta a problematiche politiche, a procedure parlamentari che incoraggiano l'emendabilità fino allo stravolgimento di qualsiasi testo, all'insofferenza del legislatore nei confronti dei continui richiami della Corte (si pensi da ultimo alla sentenza n. 22/2012) in merito a omogeneità del contenuto e razionalizzazione, nell'ambito di un fenomeno crescente di legiferazione selvaggia in capo ad un legislatore-esecutivo onnipresente nella vita del singolo, lasciato sempre più solo di fronte ad un Leviatano ben lungi dal coma che troppi gli attribuiscono. Adesso, dopo circa 50 anni dall'uscita americana del magistrale lavoro di Bruno Leoni su "legge e libertà", siamo ancora in preda al panico legista, strozzati da norme sempre meno generali e sempre meno astratte. Il sistema politico ha l'obbligo di fermare se stesso per il bene del mercato, del suo sistema produttivo, del suo popolo.

Chiudo questo breve contributo con un monito, scritto più di mezzo secolo fa, proprio dal Leoni: "ogni qualvolta sorge un dubbio sulla raccomandabilitá del processo legislativo in paragone con altri processi diretti a determinare le regole del comportamento, l'adozione del processo legislativo dovrebbe essere l'esito di una valutazione molto accurata". Valutare con serietà l'opzione zero, da parte dei produttori di norme, sarebbe il primo passo per la costruzione di un nuovo orizzonte giuridico entro il quale permettere ad ali oggi deboli e ferite di spiccare il volo verso la felicità.