logo editorialeIl disagio sociale è diffuso e il clima anti-sistema è inevitabile e persino benefico. Ma dal Vaffaday di Genova arrivano risposte sbagliate e fuorvianti, rispetto alle quali è opportuno reagire con fermezza. Con il rischio di apparire supponente, affermo che il vero "bug" della democrazia è la scarsa comprensione dei fenomeni sociali ed economici, della quale si nutrono il qualunquismo e il populismo. La razionalità e il buon senso hanno vita dura.

Da secoli, gli imbonitori del popolo ripetono schemi consolidati: usano la piazza come prova di forza, additano qualcuno (spesso una classe o una casta, a volte anche una razza) come responsabile di ogni male e offrono soluzioni semplici o apparentemente tali. Beppe Grillo non è diverso da Masaniello, da Mussolini o da Hitler: gli esiti della storia sono imprevedibili e non è molto probabile che l'ex comico abbia il "successo" dei suoi due precursori novecenteschi, ma lui ce la sta mettendo tutta. E la classe politica e dirigente (pubblica e privata) della agonizzante Seconda Repubblica lo sta aiutando, fornendo argomenti quotidiani alle sue invettive ma soprattutto eludendo i nodi strutturali della malattia italiana.

Siamo arrivati al paradosso di un avere un governo pessimo, ma le cui alternative possibili sarebbero oggi solo peggiori: se si torna presto al voto, si ripete il pareggio a tre. Occorre tempo, ma il tempo lo si sta sprecando in stupide operazioni di maquillage fiscale (vedi tassazione degli immobili et similia) e poco più. Servirebbe un cronoprogramma chiaro, un patto dettagliato tra i componenti della "nuova" maggioranza PD-NCD-SC che includa riforme economiche reali e riforme istituzionali, con priorità assoluta alla riduzione della pressione fiscale e un cambiamento della legge elettorale. Servirebbe, ma  si farà? Mala tempora currunt.

Il populismo di Grillo gode dell'incertezza della politica: meno questa è credibile, più Grillo non ha bisogno di altro che di sbraitare odio e blandire l'insoddisfazione degli italiani. La malapianta del grillismo sta crescendo nel terreno fertile di un'opinione pubblica che partecipa o assiste ad un dibattito indecente per un paese dell'Occidente democratico. Se l'etica e la deontologia professionale hanno un senso, anche alcuni mezzi d'informazione dovrebbero farsi un esame di coscienza: la Gabbia di Gianluigi Paragone è oggi il paradigma dello sciacallaggio mediatico a cui si sono dedicati alcuni protagonisti dei media nostrani.

E poi, pensiamo che le basse competenze alfabetiche e matematiche della media degli italiani, come rilevate recentemente dall'Ocse, non incidano nella formazione del consenso? E la scarsa educazione finanziaria degli studenti italiani? La coda del Sessantotto continua a produrre danni elevatissimi al Paese. E così, ecco una proposta provocatoria per i venticinque lettori di questo articolo: parliamo con amici e parenti attratti da Grillo, mostriamo loro dati e spiegazioni concrete, dedichiamo qualche minuto alla loro condivisibile incazzatura. Con molti non ne ricaveremo un ragno dal buco, ma nella mente di molti insinueremo un sano dubbio e a qualcuno offriremo le soluzione che stava cercando. Non corriamo il rischio di apparire "conniventi" con lo status quo dell'establishment, che è indifendibile quanto Grillo, ma lavoriamo nel nostro piccolo per diffondere consapevolezza e razionalità. Diventiamo missionari del buonsenso, contro Beppe La Qualunque.